Di quella volta che smisi di bere vino avendo scambiato mia moglie per un cappello
di Gianluca RossettiCerca che cerca (nel vino), scava che scava (nel vino) capita pure di caderci, dentro quel fosso. Sotto ogni cosa, sentimento, idea (incluso il vino e la sua narrazione), c’è una voragine in sosta: e le cose, i sentimenti, le idee lì sopra stanno, ingenue e sospese. Si credono puntellate nel granito con zanche d’acciaio: invece è un mondo di sabbia, tenuto insieme dalla risacca.
Quando ci si fa caso sconforto e accidia prendono il sopravvento, e si molla la presa.
Cercavo da tempo una, due bottiglie che riconciliassero l’umore mio col vino, accordando ombre permanenti effettive a una qualche via di fuga dal finale hollywoodiano. Senza esito.
A un amico, avvezzo al vino quanto alla penna, chiesi tempo fa “Che fai quando di vino non hai voglia, soprattutto di dirne?” – “Semplice, non ne dico”. Mi offesi. Che ce li ho a fare gli amici se non mi levano dagli impicci? Maledetti! E il vino? Maledetto pure lui!
Ma il mondo gira così e l’amico mio aveva ragione. Allora ho continuato a cercarle, quelle bottiglie. Con fatica. Colori e profumi, anche bellissimi, messi all’angolo tra un già visto e un ampiamente sentito: trovale tu parole nuove per dire che passa tra un 89 e un 91.
Il gusto poi… Inflazione di descrittori direttamente proporzionale al numero di assaggi: roccia del pleistocene e ghiandole di marsupiale inevitabile evoluzione di piccoli frutti rossi ed erbe officinali.
Quindi? Non ti muovere per un po’, guardati attorno, leggi di altro che non sia vino. Pensa alla terra su cui posi le zanche.
Fermo immagine: Italia. Sardegna. Sabbia pure qui.
Seruci 2018 – Enrico Esu
Carignano del Sulcis Riserva
15% Carignano 100% da vigneto a piede franco del 1958. Località Medau Desogus, Carbonia.
Scuro, denso, caldo, un inno ai balsami e alla macchia mediterranea. Persistenza che si misura in minuti. Empireumatico (carbone che brucia) è termine pensato qui, mi dico. E l’etichetta in qualche modo conferma: “Immaginate l’interno di una miniera con le sue profonde e scure gallerie…”.
Le vedo, perfino a occhi chiusi.
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