Danì Maison: il cibo è una cosa seria, ma anche il suo contrario

Danì Maison: il cibo è una cosa seria, ma anche il suo contrario

di Graziano Nani

Il cibo è una cosa seria. E la faccenda si fa sempre più seria man mano che ci si immerge nei colori e negli angoli più veri del Mediterraneo. Quello che rimane del Sud dopo tre settimane passate fra le isole del golfo di Napoli è un senso di sacralità che va oltre il rituale della domenica tanto caro anche a noi polentoni. Parlo invece di qualcosa più radicato in ogni singolo minuto di tutte le giornate, una venerazione per la tavola senza soluzione di continuità. Con il cibo, da queste parti, non si scherza mai.

Come ogni culto anche Danì Maison ha il suo rito di iniziazione. Una passeggiata nello splendido giardino che sintetizza cosa vuol dire lasciarsi avvolgere dalla macchia mediterranea e dalla sua miriade di profumi. Un mondo incantato nato proprio dall’estro dello chef e padrone di casa Nino Di Costanzo. Pochi passi per percorrere milioni di chilometri e, come in uno specchio di Alice mascherato da un manto verde, catapultarsi nella solennità di un’esperienza gastronomica unica.

L’incontro con il dio olio: 20 regioni meno una.
È pranzo, ci siamo solo noi in sala e forse in tutta l’isola di Ischia, insieme a un silenzio sempre più fitto che sprofonda nella controra. Anche questa è sacra, chi è nato da queste parti lo sa bene. Una sola cosa nel Mediterraneo è ancora più sacra e assurge a oggetto di culto assoluto: l’olio d’oliva. Subito dopo l’eccellente amuse-bouche eccone una selezione che racchiude il meglio del meglio dall’Italia, con un rappresentante per regione. Manca solo la Val d’Aosta.

Celebriamo l’ingrediente fondante con un percorso accompagnato da pane cafone, prodotto come da tradizione in forno a legna nella frazione di Montevergine. Si parte dalle Marche con Risveglio di Massimo Mosconi. Limpido, preciso, complesso, le note vegetali si intrecciano finemente a sentori di erbe aromatiche. Sono curioso di provare l’olio dalla mia terra lombarda e resto folgorato da Casaliva di Comincioli. La bottiglia, più vicina alla boccetta di un profumo pregiato, fissa aspettative altissime che vengono ampiamente soddisfatte con un olio intenso, complesso, che gioca con note dure amaricanti e piccanti da mordere a colpi di pane croccante. Per la cronaca, si tratta di uno degli oli d’oliva migliori al mondo. Si può solo salire d’intensità e il bravissimo Luigi passa al Lazio e presenta lo strepitoso Amerigo Quattrociocchi, che dischiude una potenza esplosiva impossibile da dimenticare.

Dopo l’incontro con il dio olio siamo pronti a cominciare il nostro percorso pensato liberamente da Nino Di Costanzo, che abbiamo avuto la fortuna di avere tutto per noi. Era pranzo ed eravamo gli unici. Ecco alcuni dei passaggi più significativi.

I crudi di mare.
Gran Cru…do. Così si chiama la sontuosa proposta con cui Di Costanzo porta a tavola il meglio del Mediterraneo da gustare crudo. Il buono e il bello si fondono in un connubio dove ogni proposta è incorniciata da blocchi colorati di vetro di Murano capaci di innalzare ogni ingrediente verso un piano estetico che tende all’infinito. Gambero rosso al mandarino con cremoso di bufala e germogli di melissa. Scampo con mela verde, yogurt e lime. Gambero rosa con brunoise di verdure e zenzero. Tartare di mazzancolla alla puttanesca. Palamita in caesar salad. Calamaro all’arancia in tre declinazioni: pasta d’arancia, arancia candita e arancia abbrustolita.

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Com’è profondo il mare nelle sue declinazioni più incontaminate. Non saprei descrivere singolarmente ogni passaggio ma la sensazione complessiva è quella di una purezza che trascende ogni orpello per portare dritto al cuore dell’ingrediente, verso la sua essenza, dentro quasi fino a vederne le molecole.

Bajola bianco 2014.
Damiano, il giovane e talentuoso sommelier, scopre una gemma che diventa subito vino del cuore. La cantina è Bajola, piccola realtà dell’isola che non raggiunge l’ettaro e rappresenta una chicca assoluta nel panorama dei macerati. La famiglia Iacono produce questo vino con l’antica tecnica dei palmenti, modificando quelli storici già esistenti per ottenere vasche vetrificate e vinificare direttamente in vigna, come da antica tradizione. Le uve, appena diraspate, fermentano spontaneamente sotto terra. Senza chiarifica né filtrazione, nascono ogni anno tremila bottiglie di livello qualitativo assoluto. Vermentino, viognier, sauvignon blanc, malvasia delle Lipari, incrocio manzoni, e un progetto pensato per tirare fuori il meglio da ogni singolo vitigno.

Questa 2014 è un sogno di terziari con sentori da calzolaio, certi caldi come il cuoio, certi più eterei come il lucido da scarpe. Le fondamenta che tengono in piedi la struttura sono una base di agrumi canditi e una freschezza che regala un vino vibrante, vivo, più che presente nella sua vitalità. Campione di versatilità, quando è fresco soffia sugli antipasti e li fa volare e man mano che salgono i gradi accompagna alla grande sia i primi di mare che quelli di terra. Eccone uno incredibile.

Linguina di Gragnano con ricci di mare.
Orange wine chiama orange food. E se c’è una pasta che per potenza ed espressività si colloca in una dimensione altra – come fanno i macerati nel mondo del vino – questa è proprio quella con i ricci. E non solo perché sono arancioni. Qui l’effetto del mare è così possente da determinare una potenza e una persistenza superiore, sostenuta da una corolla di sentori preziosi come quelli dei pinoli e dei germogli di basilico.

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Un piatto assoluto, rigoroso come lo chef che l’ha ideato e che si presenta al tavolo per sincerarsi che il nostro viaggio stia procedendo al meglio. Il suo sguardo è severo, ma una dolcezza sfumata pervade l’intera sala quando parla del suo Sud, delle sante materie prime, dei pescatori di Procida che nascondono il pesce migliore in quell’angolo che solo lui conosce. Della loro vita, delle barche, del loro lavoro che sta scomparendo. C’è una parola che usa più di tutte, è “rispetto”. Lo ascoltiamo senza fiatare.

Il sacro e il suo contrario: il paradosso del circo.
La chiacchiera al tavolo con lo chef prosegue solenne tagliando il silenzio dell’isola mangiata dal sole. Luigi, senza battere ciglio, appoggia sul tavolo quella che sembra una piccola lampada. Accanto ne colloca altre quattro, hanno la forma di alcune lettere dell’alfabeto e sono fatte di tante lampadine.

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Poi veloce arriva tutto il resto: lo zucchero filato, il tirassegno, la scatola colorata con la molla che sputa fuori il clown, gli hot dog che non sono hot dog, le patatine con il ketchup che non sono altro che un altro dolce e una miriade di altre chicche compresa l’aranciata Danì Maison fatta in casa. Le lampadine accese illuminano la parola “circo” e ora il tavolo è tutta una festa di colori. Luigi ci consegna i biglietti d’ingresso per lo spettacolo e si diverte a raccontarci tutta l’esperienza.

Nino Di Costanzo è ancora al tavolo e sorride, ma sotto i baffi. Questo è l’ultimo passaggio. Quello più estremo, per un uomo così rigoroso, e quindi fondamentale per conoscere il suo lavoro. Per convincersi che il cibo è davvero una cosa così seria e che, come ogni culto, deve avere il suo carnevale. Quel giorno di festa in cui niente è come sembra, tutto può essere e ciascuno può diventare per un giorno qualcun altro.

 

Ristorante Daní Maison
Chef Nino Di Costanzo

Via Montetignuso, 4
I-80077 Ischia (NA)
tel. +39.081993190
info@danimaison.it

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

1 Commento

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Nic

circa 6 anni fa - Link

Ma che meraviglia questo tempio del gusto immerso nel golfo di Napoli! E che splendida descrizione! Ci è arrivato ogni profumo e ogni sfumatura. L’ho letta ad alta voce e anche Pietro è rimasto affascinato.

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