Dalla Torre del Saracino di Gennarino Esposito si vede la grande cucina italiana

Dalla Torre del Saracino di Gennarino Esposito si vede la grande cucina italiana

di Leonardo Romanelli

La macchina corre veloce sull’autostrada per arrivare in Campania, a Marina di Aequa, Seiano di Vico Equense: è la meta di un viaggio fatto con la testa e il palato predisposti ad assaggiare la cucina di Gennaro Esposito, chef e patron de La Torre del Saracino, non un semplice chef ma uomo capace di organizzare da 15 anni una manifestazione come Festa a Vico, dove raduna cuochi da ogni parte d’Italia per beneficenza. Una tre giorni di cene, assaggi, cibo in strada e non da strada, durante i quali è possibile trovare i giovani emergenti, gli chef affermati, gli artigiani del gusto, tutti uniti per una buona causa.

Ci riesce Gennaro grazie al suo carattere, alla sua voglia di essere inclusivo, alla sua capacità di educare e non di nascondere, di coinvolgere gli altri senza supponenza, tutta una serie di virtù che non è certo facile trovare oggi tra gli esponenti di un mondo, quello dell’alta ristorazione, che si sta sempre di più spersonalizzando, e dove i rapporti umani, anche tra colleghi, sono troppo spesso mediati.

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Il ristorante è un luogo dove conviene arrivare a pranzo, meglio ovviamente in una giornata di sole d’estate, e prendere l’aperitivo in terrazza. Ci vuole tempo, ma non perché il servizio è lento, tutt’altro: ci vuole tempo, per immergersi nell’atmosfera, e perdere un po’ di furia accumulata nel corso della vita frenetica normale, scaricare la tensione e predisporsi al pasto. Magari concedersi un pomeriggio meno trafelato, per lasciare posare le emozioni, che proseguiranno a lungo.

La sala a vetri è ampia, i tavoli sono distanziati e chi ti accoglie è il maitre Ciro De Gennaro, quello che si dice avere il physique du rôle gentile senza essere affettato, sorridente e accogliente con tutti, senza mettere a disagio anche chi varca per la prima volta la soglia. Ci sono tanti luoghi comuni sui partenopei, ma qui potremmo dire che il concetto di solarità ben si attanaglia a tutto lo staff.

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L’aperitivo è lo champagne Delamotte, poi gli assaggi sono piccole creazioni affatto scontate o banali: Bagel con salmone affumicato, pesto di prugne e salsa acidaBignè ripieno di baccalà mantecato all’anice stellato, Tartare di verdure di stagione con crema di latte di capra e meringhe di alghe, Panino cotto al vapore con coniglio all’Ischitana e scarola, acciughe su crostino.

Potrebbe bastare e continuare su questo ritmo, ma il concetto del tempo si allarga e quindi alzarsi per sedersi di nuovo a tavola è un gesto dovuto e atteso. La scelta è fra tre menu degustazione: 6 portate a 155 euro, 8 portate a 175 euro , ed 11 portate scelte dallo chef a 200 euro. Si parte con una versione affatto scontata del Vitello tonnato, da provare e non guardare, magari per giocare sui sapori. Intrigante nella sua capacità di sorprendere, la Zuppetta di olive Nocellara e mandorle con purea di finocchi e pesce bandiera “anni 80”, valorizzazione di un pesce dimenticato che ritrova smalto e spinta nell’assemblaggio.

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Che dire poi del gioco della seppia, con il nero usato nella cialda, la croccantezza del mollusco, le salse messe a completare in un caleidoscopio di colori e sapori? Ma anche la Minestra di tradizione, con pasta spezzata, pesce di scoglio, gamberi è un esempio di comfort food inteso alla moda campana.

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E’ già tempo di un risotto emozionante: sì, emozionante per il contrasto che crea equilibrio: risotto al limone con aglio novello e ricciola marinata.  E pensare che il limone negli anni Settanta evocava i taglierini con la panna, altra cosa da scordare di quell’epoca. Poi il pesce da lisca, mai facile da preparare in maniera accattivante: è il  Rombo con salsa di ostriche e crescione acquatico, dove si crea il giusto contrappunto con la parte fresca delle verdure e le carni non asciutte.

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Tripudio di dolci alla fine: Tiramisù, in versione pre dessert, Crumble di nocciola con sorbetto di barbabietola e lampone, omaggio alla tendenza attuale di sposare la verdura con elementi dolci nel dessert e il Cake di arancia e carote con mousse di yougurt e gelato all’olio extravergine d’oliva.

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In tutto il percorso i vini sono consigliati da Giovanni Piezzo, che si trova a gestire una carta non facile: da un ristorante come questo ci si aspetta la Francia, le etichette internazionali di pregio, i grandi classici italiani, ma come si fa a non occuparsi del territorio? Il sommelier riesce nell’intento di non scordarsi della tradizione ma di mettere in luce anche tutti i piccoli viticoltori operanti in pochi ettari e che magari conservano vitigni particolari.

Se poi il percorso è fatto al bicchiere invece che con una bottiglia, il divertimento è assicurato.

 

Via Torretta, 9, 80069 Marina d’Aequa,Vico Equense NA
Tel. +39 081.802 85 55
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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

3 Commenti

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Vincenzo busiello

circa 7 anni fa - Link

Per favore dica quali vini con quali piatti. Grazie

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Daniele

circa 7 anni fa - Link

Tra un po' cambieranno il nome in extravino...

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Marco

circa 7 anni fa - Link

Ci sono stato circa un po' più di un anno fa, quando celebrava l'anniversario dell'apertura ed il menu era un percorso molto particolare. Nulla da eccepire, ma alla fine, oltre a qualche mini sbavatura (mi ricordo un piatto troppo solato ed un altro arrivato con presentazione diversa tra il mio e quello di mia moglie) il rapporto qualità prezzo mi era sembrato inferiore rispetto ad altri bistellati (ed anche a qualche stellato). I vini in abbinamento me li ricordo interessanti ma - credo appositamente - poco impattati o complessi.

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