Dalla Rivoluzione Verde agli alberi in vigna con Stefano Lorenzi. Intervista e storia dell’agricoltura zippata

Dalla Rivoluzione Verde agli alberi in vigna con Stefano Lorenzi. Intervista e storia dell’agricoltura zippata

di Tommaso Ciuffoletti

A ricordarci che la natura è una cosa e l’ordine imposto dai filari della coltivazione un’altra ci pensa il Thoreau che in Walden si dedica inizialmente alla coltivazione di fagioli, ma poi ci ripensa.

Intanto i miei fagioli, i cui filari già piantati raggiungevano, messi in fila, la lunghezza di sette miglia, erano impazienti di essere zappati; i più vecchi erano notevolmente cresciuti ancora prima che gli ultimi fossero nel terreno: davvero, non era facile liberarsene. Cosa significasse questa regolare, orgogliosa, piccola fatica erculea, io non lo sapevo. Giunsi ad amare i miei filari, i miei fagioli, sebbene fossero molti di più di quanti me ne occorressero”.
[…]
Poi guadagnai un’altra esperienza. Mi dissi, non pianterò fagioli e grano con lo stesso impegno per un’altra estate, ma – se non li avrò perduti – semi quali la sincerità, la verità, la semplicità, la fede, l’innocenza e simili, per vedere se cresceranno in questo terreno, anche con meno fatica e concimazione, e mi sosterranno, perché di certo non si sono esauriti in questo campo. Ahimè! Io mi dissi così, ma è passata un’altra estate e poi un’altra e poi un’altra ancora, e sono obbligato a dirti, caro Lettore, che i semi che ho piantato, se poi erano i semi di quelle virtù, sono stati mangiati dai vermi o hanno perso vitalità, e non hanno germogliato.
(Walden: Vita nei boschi,  Henry David Thoreau)

Chi sono io per stabilire che lì debbano crescere fagioli e non altre piante? Perché estirpo quelle che io chiamo erbacce per fare spazio ai miei fagioli? Lascerò che crescano se il destino lo vorrà e non pianterò altri che semi di una fede in ciò che semplicemente sarà. Quel che fu è che i fagioli non crebbero.

Una cosa si può dire di Walden: è un testo radicale, ardito, di una scrittura non sempre scorrevole, ma incredibilmente onesto. E sì, la natura è una cosa e l’ordine imposto dai filari della coltivazione un’altra.
O almeno, un terreno dedicato ad una monocoltura, gestito in modo efficiente da un punto di vista produttivo, ha di che dare ragione al De Andrè – rivedendo Lee Masters – de Il Suonatore Jones: “Libertà l’ho vista dormire/Nei campi coltivati/Protetta da un filo spinato”.

L’agricoltura moderna …

Tuttavia, per la grandissima parte della storia dell’agricoltura, quell’ordine dato dall’uomo alla natura è stato nei limiti di una sfida che vedeva in realtà la seconda imporre le proprie regole. La scena de Il Gladiatore con Russel Crowe che accarezza le spighe di un grano che si allunga a perdita d’occhio per i campi della Val d’Orcia [1] sono ottime per il cinema, ma per quanto quella terra sia lì da sempre (almeno 4 milioni di anni) e per quanto le abilità di agricoltori dei romani siano ben note [2] molto probabilmente un grano del genere non è mai stato coltivato da alcuno che parlasse latino.

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Per sommissimi capi, uno dei grandi salti dell’agricoltura moderna è avvenuto negli Stati Uniti, che hanno iniziato a costruire la propria potenza nel corso del XIX secolo con fertilizzanti azotati prima, pesticidi e mezzi meccanici per lavorare grandi appezzamenti di terreno [3]. Un modello poi diffuso nel secondo dopoguerra insieme ad ulteriori nuove conoscenze in ambito chimico, meccanico e di selezione delle sementi, che hanno dato vita a quella fase di incremento nella disponibilità alimentare (uno dei fattori chiave dell’impennata demografica globale), nota come Rivoluzione Verde.

Il modello dell’organizzazione agricola in senso moderno, monocolturale, specializzato, ampiamente poggiante sulla chimica e la meccanizzazione, si è andato affermando in forza di una capacità produttiva che ribaltava i rapporti di forza con quella natura che fino ad allora era stata limite insormontabile e spesso crudele. Le carestie che erano così ricorrenti, divennero lentamente un’eccezione ed infine un ricordo (eccettuati quei paesi che s’affidavano a Grandi Balzi in avanti o a pianificazioni la cui inefficienza è stata ripetutamente confermata dall’esperienza e, per chi avesse ancora dubbi, la Corea del Nord è sovente in cerca di ministri dell’Agricoltura[4]).

… e i suoi critici

Come ogni opera dell’uomo, il modello vincente dell’agricoltura moderna ha iniziato a mostrare i propri limiti, anche in considerazione della velocità e della profondità dei cambiamenti apportati [5]. I limiti emersi sono ecologici, in primis, ma anche economici (concentrazioni con tendenze al monopolio in alcuni settori chiave) e sociali.

La crescita demografica in India dal 1960 al 2010 Di Valérie75 - Opera propria, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18060

La crescita demografica in India dal 1960 al 2010 Di Valérie75 – Opera propria, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18060

Alcuni esempi.

La diffusione “globale” di ibridi più produttivi fu rapidissima: “nel 1970 le nuove varietà occupavano circa il 10-15% della superficie coltivata a riso o frumento nel Terzo Mondo. Nel 1983 la percentuale era salita a oltre la metà e a 3/4 nel 1991. In Cina nel 1990, i ceppi a resa elevata cotituivano il 95% del riso e del frumento coltivati” [6] (nel considerare la perdita di biodiversità, si tenga presente tuttavia che contestualmente a quella diffusione di ibridi superproduttivi vi fu un aumento rapidissimo di superfici destinate all’agricoltura).

Oppure si pensi agli effetti del massiccio ricorso ai fertilizzanti azotati, che ebbe l’epicentro del proprio successo in quegli stati agricoli degli USA che stanno lungo il corso di fiumi come il Missouri e il Mississippi. Proprio in questi fiumi sono defluiti nel tempo i residui di quei concimi, andando a riversarsi infine nel Golfo del Messico e dando vita a quel che oggi è conosciuta come dead zone [7]. Si potrebbe andare avanti nell’elenco dei limiti e delle contraddizioni generate dal successo di quella Rivoluzione, tuttavia qua ci preme darne solo una rapida rappresentazione, avendo però cura di evitare semplificazioni da eccessi positivistici o, al contrario, da eccessi di reazione.

Alberi in vigna. Il ritorno a ciò che era …

Fino agli anni della Rivoluzione Verde, la regola dell’agricoltura globale era quella della promiscuità. Anche la più avanzata specializzazione applicata alla gestione dello spazio agricolo prevedeva la coesistenza di specie diverse in appezzamenti di terreno relativamente piccoli. E laddove la convivenza non fosse pianificata per scelta, questa era imposta dalla volontà di una natura che non era facilmente arginabile.

Per quel che riguarda gran parte dell’Europa e del Mediterraneo – lo ricordo sempre – parlare di storia dell’agricoltura significa parlare, per diversi secoli almeno, di mezzadria e la promiscuità era esattamente uno dei tratti tipici della mezzadria. Laddove vi era spazio per coltivare qualcosa, quel qualcosa veniva sistemato. Il grano sotto alla vite, la vite appoggiata ad alberi da frutto. Ed ecco che invece di una vigna in senso moderno abbiamo qualcosa che, per quanto opera di un ingegno agricolo, si rifà, in senso lato, ad un modello naturale.

Un albero da frutto in vigna

Un albero da frutto in una delle vigne che gestisco a San Giovanni delle Contee

Ancora ne sopravvivono in vigne sparse per la penisola (non solo ad Aversa, dove sono assurte a simbolo meraviglioso della vitivinicoltura locale). Ma sono solo il retaggio di un passato trascorso o forse un’ipotesi per il futuro della vitivinicoltura di qualità?

Sì perché se l’agricoltura globale, per pensare ad una propria riconversione dal modello attuale deve considerare una vasta serie di variabili estremamente rigide (a partire dalla necessità di sfamare una popolazione che continua ad aumentare a ritmi la cui sostenibilità pone sfide impressionanti), la vitivinicoltura di qualità può permettersi di pensare a modelli alternativi qui ed ora.

Questo perché, spero sia chiaro a tutti, la vitivinicoltura è quella nicchia dell’agricoltura che produce un bene non necessario e il cui valore è aggiunto dal marketing con moltiplicatori che quasi tutto il resto dell’agricoltura può solo sognare. In questo senso non può che essere intesa come avanguardia e con quest’occhio a ciò che sarà, proviamo a guardarla.

A colloquio con Stefano Lorenzi

Premetto per correttezza che lavoro per una società che realizza sistema agroforestali in 18 paesi del mondo (in Asia, Africa, Centro e Sud America). Per sistema agroforestale s’intende proprio un sistema che consocia su uno stesso terreno colture stagionali o annuali, con la presenza di alberi, arbusti e che contempla in questo ambiente anche la presenza di animali; il tutto cercando di costruire un sistema complesso, ma che per questo si tiene in un equilibrio capace di offrire una grande resilienza. Qualcuno potrà ritenere dunque che abbia un pregiudizio positivo rispetto a questo modello. Nelle settimane scorse, ho avuto uno scambio interessante con Stefano Lorenzi, arboricoltore e appassionato di vino che si sta dedicando da tempo allo studio delle interazioni tra alberi e paesaggio vitivinicolo.

L’idea, per farla semplice, è che reintrodurre elementi arborei all’interno di uno spazio dedicato alla monocoltura, come quello del vigneto specializzato, possa essere una scelta vincente da un punto di vista ambientale, della salute del vigneto, della bontà delle uve e – ma questo lo dico io – anche della promozione del proprio vino, forse sì, un po’ più “naturale”. E la prima cosa che, giustamente, Stefano premette alle sue riflessioni, è proprio l’osservazione di ciò che erano le vigne in Italia fino a poco tempo fa.

La consociazione della vite con altre colture non rispondeva a regole basate su conoscenze di microbiologia, ma pure dava effetti positivi. Come potevano sapere, anche solo 60 anni fa, che la corteccia dell’acero è dimora di un acaro che mangia gli acari fitofagi dell’uva? Però intuivano che l’acero si consociava benissimo con la vite. Altro esempio è la presenza di pioppi vicino alle viti in ambienti troppo ricchi d’acqua per la vite, perché il pioppo sottraeva grandi quantità d’acqua e la vite poteva così trovarsi in un terreno migliore.

Immagine esemplificativa di logica agroforestale da: https://forestrypedia.com/agroforestry-system-detailed-note/

Immagine esemplificativa di logica agroforestale da: https://forestrypedia.com/agroforestry-system-detailed-note/

Quindi, ciò che prima era dettato da necessità, oggi tornerebbe ad avere senso.

La monocoltura si è dimostrata troppo debole per i cambiamenti climatici in atto. Se è troppo secco va in sofferenza, se piove troppo va in sofferenza, se è troppo ventoso va in sofferenza. Insomma, un mix ragionato di colture mette al riparo la coltura principale e in più permette di avere opportunità produttive anche dalle altre. Ma soprattutto benefici, ad esempio: regimentazione delle acque piovane, ombra, mitigazione delle temperature, dei venti, interconnessioni radicali, aumento della sostanza organica, aumento della permeabilità del terreno e ancora e ancora.

Ma la monocoltura è particolarmente adatta alle lavorazioni meccaniche, pensa alla disposizione di un moderno vigneto specializzato. E la cosa è particolarmente rilevante se parliamo di appezzamenti molto ampi.

È chiaro che un sistema agroforestale funziona meglio dall’impianto. Insomma se progettato con criterio fin dall’inizio, assegnando anche un ruolo agli spazi di passaggio. Se lavoro dal principio secondo questo criterio posso trovare uno spazio per tutto: alberi, vigna, siepi miste che mi diano ambiente riproduttivo per uccelli che mangiano insetti o magari siepi spinose che facciano da recinzione naturale. Ma anche rispetto ad un vigneto esistente, progettato per essere il classico vigneto da monocoltura specializzata, io credo abbia più da avvantaggiarsi che da svantaggiarsi rispetto ad una ridefinizione degli spazi, perché oggi, forse, ancora la situazione regge, ma un vigneto ha una vita media che si calcola in decenni. Ecco se non pianto oggi qualche albero che mi ripara dagli eccessi di calore, dagli eccessi di pioggia o altro … beh, magari correre al riparo tra 15 anni potrebbe essere tardi.
A chi mi dice che la monocoltura è migliore da un punto di vista economico io rispondo: per ora”.

Mi dai qualche altro esempio di interazione positiva tra alberi e vigna?

Guarda, ti cito volentieri i risultati di uno studio dell’Università di Torino – al quale ho dato un mio piccolo contributo – durante il quale sono stati monitorati dei vigneti che sono circondati da boschi ed altri, invece, più isolati e distanti rispetto ai boschi. Oggetto dello studio sono stati gli stomaci di alcuni insetti tra cui calabroni e vespe, per valutare l’attività dei lieviti sulla pruina dell’uva. Hanno visto che – prelevando campioni per 3 anni – nelle vigne prossime ai boschi, sulla pruina si arrivava ad avere fino a 27 varietà di lieviti, di cui 3 o 4 non buone per le fermentazioni in cantina. Mentre nelle vigne isolate non si arrivava a più di 11 varietà di lieviti, di cui sempre 3 o 4 non buone per le fermentazioni in cantina.
Considera poi che durante le estati calde, di notte l’aria fresca esce dal bosco e va a ventilare la vigna, tirando a sé l’aria calda. Funziona come un respiro rinfrescante notturno.
Ma anche avere solo alcuni grandi alberi all’interno di una vigna, significa offrire ospitalità a animali e batteri utili ai lieviti. Oltre a tutte le interazioni positive rappresentate dall’avifauna, perché la gran parte degli uccelli sono insettivori. 

Mi pare che anche queste poche note possano dare il quadro di un tema di grande interesse.

————–

NOTE

[1] Per la precisione siamo sotto Pienza, nella strada che scende dalla Pieve di Corsignano.
[2] Grazie in particolare al lavoro di Poggio Bracciolini (1380-1459) , che riscoprì l’opera altrimenti dimentica di Columella (4-70 d.C.).
[3] Il ‘secolo americano’, quando gli Stati Uniti sono diventati una superpotenza – Mappa Mundi e Il dominio dell’agricoltura statunitense post 1945
[4] Di norma, infatti, dopo che qualche carestia si abbatte regolarmente sul paese, non potendo imputare la colpa ai piani quinquennali dell’infallibile leader, il ministro dell’Agricoltura di turno viene variamente accusato di collaborazionsimo con il nemico yankee e giustiziato in qualche pubblica piazza. Quindi attenzione perché è un lavoro che ha i suoi rischi.
[5] Chi volesse approfondire può senza dubbio dedicarsi ad una lettura imprescindibile: “Qualcosa di nuovo sotto il sole – Storia dell’ambiente nel XX secolo” di John R. McNeill, edito in Italia da Einaudi e di recente ristampato.
[6] McNeill – pag. 282
[7] Ogni anno, i nutrienti in eccesso provenienti da città, fattorie e altre fonti nei bacini idrografici arrivano nel Golfo del Messico e stimolano la crescita delle alghe durante la primavera e l’estate. Le alghe alla fine muoiono, affondano e si decompongono. Durante questo processo, i batteri che consumano ossigeno degradano le alghe. I bassi livelli di ossigeno risultanti vicino al fondo sono insufficienti per supportare la maggior parte della vita marina, rendendo l’habitat inutilizzabile e costringendo le specie a trasferirsi in altre aree per sopravvivere. greenreport.it
The largest cause of this ecological mayhem is the 120 million tons of synthetic nitrogen used globally in agriculture each year. That is twice the amount of nitrogen reaching fields from organic sources such as animal manure, crop waste, and leguminous plants that fix their own nitrogen. Yale.360

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

33 Commenti

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marcow

circa 1 anno fa - Link

La concimazione azotata va saputa fare. Come tutte le cose. Primus non eccedere. Abbinarla alla tecnica di fertirrigazione. Ma, signori, senza azoto, non si può fare agricoltura. Si fanno CONTROLLI SERI(CHE NESSUNO VUOLE) in azienda e se qualcuno non segue certi protocolli viene sanzionato duramente. __ L'articolo è interessante. Contiene al suo interno diversi punti che, però, possono essere interpretati in vari modi. Non nasconde il dato secondo me più importante. L'aumento della popolazione mondiale. E che bisogna sfamarla. Questo tipo agricoltura "romantica" non ha più alcun senso di fronte ai problemi grandi dell'alimentazione che l'umanità deve affrontare. Potrei ancora continuare.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

In realtà esistono ambiti in cui questo modello non è solo applicabile, ma preferibile ad altri, quali ad esempio il classico slash'n burn praticato ancora in molte aree del globo.

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Samalliot

circa 1 anno fa - Link

Molto interessante, sicuramente aumentare la biodiversità nel sistema monocoltura vigneto può avere effetti positivi, come la presenza di zone di compensazione o boschi nelle immediate vicinanze. Quello che però l'articolo non prende in considerazione sono gli effetti negativi della vicinanza al bosco. Per come sono gestite nella stragrande maggioranza dei casi le zone boschive in Italia, queste ultime portano ad avere grosse perdite di produzione alle attività agricole confinanti, ciò per via della presenza di fauna selvatica quasi sempre non in equilibrio con lo spazio forestale disponibile e che quindi sconfina sui terreni coltivati provocando ingenti danni sia diretti( cibandosi Delle colture) sia indiretti( per il passaggio, vedasi cinghiali...) Ciò è dovuto soprattutto ad una non corretta gestione della fauna ed il fatto che ormai da decenni la fauna per tutta una serie di fattori non teme più l'uomo ed entra sempre più frequentemente negli "habitat umani".

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Problema molto sentito. Lo avevo inquadrato in dettaglio qui: https://www.intravino.com/primo-piano/la-vendemmia-dei-cinghiali/

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Alvaro pavan

circa 1 anno fa - Link

Ma i termini del problema non li aveva enunciati già 300 anni fa Thomas Malthus? Vale a dire la popolazione aumenta in maniera esponenziale le risorse del pianeta no. Prefigurando, sostanzialmente, il nostro destino... estinguerci. Ottimo scritto comunque, chapeau.

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Caro Alvaro, in effetti Malthus torna periodicamente negli ultimi tempi. Il suo pensiero sta vivendo una seconda giovinezza. In effetti le sue intuizioni, per quanto molto approssimative, erano un monito che aveva colto un punto ineludibile. Va però aggiunto che la scienza e la tecnologia hanno dimostrato di aver saputo trovare risposte più volte a quesiti che sembravano senza risposta e la misura delle risorse va sempre aggiornata al passo con quello che la scienza permette di farne. L'era del petrolio era data per terminata 20 anni fa, poi abbiamo scoperto che esistevano modi per estrarre dove non si pensava di poter estrarre e di lavorare ciò che si pensava non si potesse lavorare. Questo è valso per il petrolio ... ma anche per i progressi in materia di tecnologie al servizio della sostenibilità. Io continuo ad essere fiducioso che, tra quegli 8 miliardi di vite là fuori, ci siano al lavoro i cervelli che ci permetteranno di cambiare il corso delle cose. Ottimismo ... indubbiamente, ma se guardo mio figlio non posso che esserlo! Grazie per questo tuo commento Alvaro!

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Chi vive nel... MONDO DEL VINO... ha una visione distorta della REALTÀ. Qui si parla di PREZZI DI VINO... SCANDALOSI... mentre ci sono ITALIANI ma, attenzione, anche Tedeschi(quella ricca Germania ha molti poveri, informatevi) che vanno alla Caritas, che hanno diminuito il consumo di alcuni alimenti che non si possono permettere più. Ma di cosa stiamo parlando? Chi vive nel mondo del vino... è lontano dalla Realtà. Milioni di uomini nel mondo sono già malnutriti e il Cambiamento inciderà ancor di più sull'alimentazione in vaste aree del mondo. Bisogna produrre. E produrre sempre di più. La Scienza e la Tecnica servono a questo. La Chimica va usata. Con maggior oculatezza ma non si può eliminarla. Le BIOTECNOLOGIE VANNO USATE. Con tutte le precauzioni possibili. Il Mondo del Vino, lo dice sottovoce anche l'articolo, è un mondo di PRIVILEGIATI. In certi ambiti è scandaloso e immorale: vedi vini degli OLIGARCHI. Questa paura del Chimico, degli OGM dell'Olio di Palma e tante altre sono alimentate da chi se ne fotte se milioni di esseri umani muoiono per fame o malnutrizione. Una grande responsabilità sulla circolazione di queste idee sull'agricoltura, di queste paure, l'ha avuta.... la mitica Slow Food. Che cos'è Slow Food oggi? Ve lo dico in un dibattito dedicato a S F

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Tommaso

circa 1 anno fa - Link

Che lo Slow Food ogni tanto la faccia fuori dal vaso ci sta. Anche lei ha avuto un impatto tale che non poteva non cadere in contraddizione su certi temi. Ma detto questo, tenendo presente anche tutto quanto di opportuno ha saputo portare Slow Food, ci tengo a dire che in effetti un po' freakkettone sono.

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Luca Francesconi

circa 1 anno fa - Link

Grazie per questo articolo

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Tommaso Ciuffoletti

circa 1 anno fa - Link

Grazie Luca!

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Da consumatore profano e non addetto ai lavori : ma, fatto salvo che sicuramente per sfamare miliardi di persone abbiamo bisogno anche dell'agricoltura intensiva, però se ritornassimo a cibarci prevalentemente di vegetali di stagione senza pretendere di avere qualunque tipo di frutto o ortaggi in quantità enormi per 12 mesi all'anno, non andrebbe a vantaggio della sostenibilità dei suoli, delle acque, eccetera ? Chiedo per un amico..... :)

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Elia

circa 1 anno fa - Link

Sarebbe bello se un giorno un giorno arrivassimo a concepire il terreno (la terra) come un bene comune, il terreno pubblico ma anche quello privato. L'idea della proprietà di un terreno, sebbene giusta da un punto di vista giuridico, andrebbe integrata, perché un pezzo di terra ci appartiene solo formalmente. Chi lo rovina non compie un atto di negligenza nei confronti di un bene proprio, danneggia tutta la comunità.

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Elia bellissimo spunto. In Francia per le foreste da legno come immagino saprai è già così. Diciamo che il terreno andrebbe visto non solo come substrato ma come parte di un tutto e quindi già lo sfruttarlo con una monocoltura è riduttivo già di per se.

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Giacomo

circa 1 anno fa - Link

Der bale. Qui in langa mettevano gli armognani, i prus e le brigne a r'ancò dei filari. Davano il tempo della pausa rifocillante e l'ombra, come scriverebbero quei mangiamelma slow. Poi, scoperto il petrolio, nebbioli al posto dei arbre, e i fuori bollini venduti sottobanco. E stanno meglio, molto meglio che i loro nonni con le piante in vigna.

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Starebbero bene lo stesso anche con le piante in vigna, adesso che vendono i loro vini a prezzi stellari (quello dei loro nonni non se lo ca***a quasi nessuno). E magari così non pianterebbero Nebbiolo da Barolo dove i loro nonni non mettevano neanche il Dolcetto.... Non l'ho detto io eh, lo ha detto Beppe Rinaldi...

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Ciao a tutti Mi permetto di dire la mia, ringraziando ancora Tommaso per l' articolo perchè dai commenti che leggo, purtroppo, vedo ancora troppa disinformazione, pregiudizi e diffidenza verso un argomento che in altri mondi e paesi è già più che avviato. Io ho presentato questo " lavoro " alla Conferenza Mondiale di Arboricoltura a Malmo e vi assicuro che in mondi oltre al vino queste pratiche sono più che usate ed efficaci. Chi l ' ha mai detto che non dobbiamo sfamare le persone?! Assolutamente d' accordo..ma la via non è produrre ..produrre...produrre a tutti i costi, la via non sono i concimi azotati. La via è cambiare la tendenza della popolazione mondiale di buttare il 40% del cibo che compra in eccesso e cambiare anche solo del 50% la tendenza del consumo della carne e dei suoi derivati. Attuando questi 2 processi c' è ci sarà cibo e terreno per tutti... Il bosco signori miei, quando è bosco curato e gestito secondo la moderna silvicoltura non ha NESSUNA controindicazione per qualsiasi coltura agricola. È scientificamente provato....certo se pretendiamo di piantare vigna fino a 40 cm del limitare del bosco i primi 3 filari qualche problema lo possono avere, ma in u quadro di visione generale porta solo benefici. Poi in ultimo, e vorrei che fosse chiaro una volta per tutte, la visione che abbiamo raccontato io e Tommaso non è una visione frikkettona o che non tiene conto delle produzioni congrue e sostenibili economicamente, non è un gioco, non è marketing e non è una moda. Semplicemente il mondo del vino è più indietro rispetto ad altri ambiti di studio. Vicino a Voghera ci sono aziende con centinaia di ha di riso che hanno aumentato la produzione in percentuali importanti piantando alberi e cespugli sugli argini dei canali e della risaia....risultato ? Acqua più fresca di 4 o 5 gradi...piì produzione..meno danni da patogeni ed infestanti. Fare agricoltura in un certo modo si può.. Credere di sfamare tutti...con questo stile di vita e alimentazione...semplicemente aumentando le produzioni....è follia.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Ma chi ha detto che per Sfamare miliardi di persone bisogna... INQUINARE, DISTRUGGERE FORESTE E BOSCHI ECC ... Lo estrapola Lei dal mio commento. 1 Ho soltanto contestato che si ritorni a quel modello "particolare" di agricoltura del passato con gli alberi nel campo di coltivazione. Sui confini vengono attualmente piantate piante che svolgono anche una funzione di difesa dal vento. Quel modello ...PROMISQUO... ho criticato perché mene effinciente. 2 Nel commento non si Nega il Problema di Sfamare una popolazione enorme e che crescerà. Ma nello stesso tempo si NEGA che il problema esiste... perché c'è uno Spreco di Cibo. Nel commento non si dice nulla delle aree con grandi difficoltà di alimentazione dovuta anche a fattori climati avversi(siccita desertificazione ecc ...) 3 Ribadisco senza AZOTO non si può fare agricoltura e sfamare miliardi di persone. Nel passato si usava il letame prodotto dagli animali dell'azienda( non c'erano le auto e si usavano anche i cavalli per spostarsi) Ma il letame poi degradandosi arriva alla mineralizzazione dell'azoto rendendolo assimilabile dalle radici. Questo chi ha animali può continuare a farlo. Ma tutte le colture hanno bisogno di azoto. Va usato correttamente e non in modo eccessivo... quello di sintesi chimica. Demonizzarlo è questa una follia.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Il discorso delle risaie non c'entra nulla con il modello PROMISCUO(non con la Q da correggere nel commento precedente) che ho contestato. Adesso non conosco bene la coltivazione del riso ma non sono ASSOLUTAMENTE contrario che si piantino arbusti sugli A R G I N I (è un po' simile al discorso dei filari arbirei frangivento che delimitano un frutteto ecc...) Attenzione, infine, non volevo nemmeno attaccare Ciuffoletti (frikkettone ecc...)come malignamente si dice nel commento. Ho attaccato Slow Food, ho attaccato chi se ne fotte di sfamare, ... e in modo adeguato... uguale per TUTTI.... senza il fenomeno della MALNUTRIZIONE che esiste anche nei paesi avanzati. Ho attaccato chi nega o sottovaluta che ci sia un problema alimentare e che si aggraverà per 1 aumento della popolazione 2 crisi climatica

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Marco W evidentemente mi sono spiegato male. Io primo non nego nè crisi climatica nè crisi alimentare. Ma se lei continua a parlarmi di azoto da apportare vuol dire che mancano proprio le basi concettuali per comprendere il cambiamento che andrà fatto in agricoltura...e badi bene non lo affermo io ...ma i fatti. L' esempio del riso era solo uno per far capire che non bisogna rinunciare alle grandi produzioni ...anzi si riuscirebbero a rendere più economiche e di qualità elevata. Lei riduce tutto a " un pò di alberi nei vigneti" le assicuro che il discorso e le soluzioni sono molto più ampie e complesse, ma non si potevano affrontare tutto in un articolo. Parlare di spreco alimentare non è negare o aggirare il problema...anzi è forse una delle poche soluzioni veramente percorribili nei prossimi anni. Lo spreco di cibo è CAUSA delle disuguaglianze alimentari da lei citate.... Per quanto riguarda gli alberi usati come frangivento è dall ' 81 che ci sono studi scientifici che ne provano la validità eppure sono letteramente spariti nel 60% delle campagne italiane? La verità è che in pochi credono all' efficacia di questi modelli ....ma nella realtà funzionano e han sempre funzionato anche per sistemi sociali complicati come quello attuale

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Come spesso accade la SINTESI di un articolo o di un commento può prestarsi a diverse "interpretazioni" e fraintendimenti. Questo vale per l'articolo di Ciuffoletti, i suoi commenti e i miei commenti. Aggiungo che il i problemi che stiamo discutendo sono enormi e complessi. Fanno tremare i polsi. Non sono un ESPERTO di problemi così complessi come non lo è lei o Ciuffoletti. Ma non sto parlando perché ho spulciato qualche articoletto sul Web. Parlo per esperienza diretta di famiglia di agricoltori. È sempre un'esperienza limitata rispetto alle problematiche che stiamo affrontando. Ma anche la sua è una compentenza limitata.Sarebbe interessante che intervenissero anche dei TECNICI e degli Agricoltori per sentire altre voci, altre opinioni Il dibattito se ha un senso è quello di Stimolare la Riflessione... non di avere ragione. I toni accesi possono servire a stimolare 1 AGRICOLTURA INTEGRATA Ho espresso un concetto generale: il modello convenzionale(mi riferisco in particolare a quello integrato) va migliorato(ed è stato migliorato negli ultimi decenni). Si parla di modello sostenibile: non è però esclusa la chimica ma si affina il suo utilizzo. 2 CHIMICA AZOTO L'Azoto era nell'articolo. Ed io volutamente ho calcato il discorso sulla concimazione azotata e ho detto delle cose ovvie, banali: senza azoto non si può fare agricoltura. Ma ora aggiungo che, poichè è facilmente, dilavabile, può inquinare le falde come altri elementi nutrizionali usati in agricoltura. Qual è la soluzione? Aboliamo i concimi chimici? Io dico no. Utilizziamoli meglio evitando eccessi e tecniche di somministrazione errate.(Agricoltura integrata o sostenibile) ____ 3 SPRECO ALIMENTARE Non lo nego. Ma dire che è l'unica causa delle disuguaglianze alimentari non lo condivido. __ 4 FILARI ARBOREI I filari arborei, verso i quali come ho detto sono favorevole, possono essere disciplinati da nuove norme: non sono contrario. Saluti

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Marco w ...odio fare il " lei non sa chi sono io" e ci mancherebbe non mi fraintenda, ma non mi va neanche che lei mi " bolli" come un non esperto del settore. Tanto per chiarire io mi occupo di alberi e interazioni radicali da 30 anni in tutti gli ambienti: urbano, forestale ed agricolo. Curo e seguo decine di alberi monumentali in Italia. Ho lavorato sugli alberi in USA, Svezia, New Zealand, Norvegia, Spagna e Germania. Sono istruttore di Arboricoltura e tecniche ad essa legata e mi occupo di sistemi di agriforestazione da circa 10 anni e partecipo a diverse ricerche universitarie. Quindi diciamo che il quadro di come possa funzionare un albero in un sistema agricolo e urbano l ho ben chiaro. Le dico subito che la sua visione è abbastanza arretrata, ma soprattutto settoriale. Ormai gli studi che facciamo si concentrano su integrazione tra parte urbana ed agricoltura. Non si possono più pensare come mondi separati è il grande errore fatto fino adesso. Quindi ....si...ha ragione la soluzione è complessa, ma le assicuro che ci stiamo lavorando io come altri colleghi e anche progettisti di aree urbane. L ' azoto se mi permette, è davvero una visione settoriale, si ragiona su sisteni integrati e filiere commerciali agricole tutte da riscrivere. Presto faremo un convegno focalizzato sul tema, la inviterò sicuramente.

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marcow

circa 1 anno fa - Link

In questo blog abbiamo discusso della CRISI CLIMATICA e del correlato fenomeno dello spostamento della Viticultura verso zone montane con temperature che diventano sempre più ottimali per questa coltivazione. È un fenomeno attivo anche all'estero. C'è stato un dibattito feroce sul blog su una foto che mostrava un lato di una montagna(non ricordo ora in quale regione) completamente riconvertito a vigneto. Come dicevo il dibattito si è spaccato tra chi era contro a questi scempi della montagna e chi invece li giustificava. Il problema comunque non tanto quel singolo fatto e chi avesse ragione. La domanda è: Stiamo a criticare l'Agricoltura Integrata(che fa uso di chimica), stiamo a difendere e a riproporre un modello di agricoltura del passato Promiscuo e sull'assalto alle montagne e al rischio che corrono i boschi per mettere vigne cosa abbiamo da dire?

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Marco w....che semplicemente non andrebbe fatto perchè il problema del Climate change non è solo il caldo e portare le vigne in alto è solo una non soluzione che aggrava. Risolve nel breve periodo ancora una volta con una soluzione iper settoriale

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Tommaso

circa 1 anno fa - Link

E aggiungo anche che a me l'idea che la prima urgenza della vitivinicoltura rispetto al problema del cambiamento climatico sia "mi sposto un po' più in là" è una cosa che mi manda ai matti.

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Marco w rispondo a questa cosa poi, giuro, non la stresso più. In un sistema equilibrato l ' azoto necessario lo produce l ' azienda e non necessariamente solo con gli animali. La sostanza organica che per anni abbiamo sottratto ed impoverito nelle nostre città e zone agricole DEVE tornare ed essere reintregata, ma non con il " nitrophosca"😉...dobbiamo capire che in un sistema agricolo equilibrato c ' è tutto. Sa qual è il vero freno a questo sviluppo culturale? La monosettorialità commerciale e distributiva delle nostre aziende agricole.

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Tommaso

circa 1 anno fa - Link

Aggiungo che ad assorbire l'azoto dall'atmosfera e fissarlo nel terreno attraverso l'azione di batteri che si trovano nelle estremità radicale sono anche molte specie vegetali. Le leguminose in particolare, che non solo i fagioli, ma anche grandi alberi capaci di fissare nel terreno grandi quantitativi di azoto in modo del tutto naturale, rendendolo così disponibile anche per altre piante.

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

Prassi vista più volte da me personalmente in alcune vigne in Sardegna e Friuli e che ha dato ottimi risultati.

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Si esatto Tommaso Acacia....Glicine...Mimosa...Gledischia...Sophora....etc etc.....

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marcow

circa 1 anno fa - Link

Stefano Lorenzi, non volevo sminuire le sue COMPETENZE che ci sono. Mi riferivo al grande problema di SFAMARE una popolazione in crescita dove occorrono competente trasversali e multisettoriali. Il dibattito a livello mondiale non è ancora ben chiaro. Lo sarà, forse, quando tra pochi anni il problema alimentare diventerà EMERGENZA. ___ Con questo chiudo. Chiedo scusa a Lei e a Tommaso se, inconsapevolmente, ho esagerato o offeso. Chiedo scusa alla Redazione se ho esagerato. Buona Domenica

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Marco w ma si figuri!!! Lei non ha offeso nessuno....ci mancherebbe! Anzi il confronto è positivo e vivace. Io non scherzavo quando dicevo che la vorrò invitare ad uno dei prossimi convegni che faremo sul tema. Io ho capito cosa intende dire lei, ma la vorrei rassicurare che sull' interdisciplinarità dei progetti e soluzioni ci stiamo lavorando da un pò e in tanti. La ringrazio io per il confronto.

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Lanegano

circa 1 anno fa - Link

A me i toni usati nel confronto su questa problematica sono apparsi giustamente appassionati ma consoni alla delicatezza dei temi e sicuramente adeguati. Credo che il concetto appena espresso di 'multisettoriale' e 'trasversale', sia la chiave. In agricoltura come nel resto dei problemi che affliggono il pianeta. Occorre un'approccio sicuramente supportato da studi approfonditi che unisca la tecnica, la sostenibilità e il caro vecchio buon senso (anche contadino). Ci hanno insegnato un pò per tutte le tematiche che esiste UN solo approccio alla materia quando, in un sistema complesso e con mille variabili, le soluzioni necessariamente debbono essere complesse. L'importante è non arroccarsi su posizioni manichee e confrontarsi con mente aperta. Purtroppo viviamo in una realtà dominata a tutti i livelli dalle grandi industrie e quindi da interessi enormi e dalla chiara volontà di eliminare la coscienza critica individuale. Penso a quante persone, benintenzionate e senzienti, ho visto scannarsi su temi come pandemia e guerra (per restare all'attualità) 'sposando' una corrente di pensiero in maniera fideistica e non riuscendo a comunicare pur avendo gli stessi valori di fondo. Almeno, nel nostro piccolo è possibile farlo su questo blog.

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Stefano Lorenzi

circa 1 anno fa - Link

Assolutamente si E sono molto d' accordo.

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Vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...a me la rissa piace...

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