Dalla Gironda a Segonzac: note di viaggio dalla regione del Cognac #2

Dalla Gironda a Segonzac: note di viaggio dalla regione del Cognac #2

di Thomas Pennazzi

Ci siamo lasciati in riva alla Gironda, tra castelli e mostri acquatici. Ma anche tra qualche pineau e cognac. Eravamo però nei Fins Bois, il quarto cru della geografia del distillato francese ed anche il più eterogeneo, che circonda ad anello i tre premiers crus, nei quali l’acquavite nasce da suolo nobile.

La meta è il cuore dell’appellation, la Grande Champagne. Ma per arrivarci dobbiamo ancora attraversare la Petite Champagne, la terra di mezzo che separa il premier cru de Cognac da quelli minori.

Provenendo dall’estuario della Gironda la strada ci porta dapprima a Pons, una cittadina arroccata su uno sperone roccioso: la cinta murata medievale e qualche monumento insigne ne fanno un centro turistico non secondario.

La storia qui ci racconta di un potente signore che si destreggiava secondo le convenienze del momento tra il re d’Inghilterra e quello di Francia, ed una moglie devota solo all’Inglese, che, una volta uscito il marito in armi, per ripicca gli faceva chiudere le porte della città sul muso, impedendo così il ritorno al consorte fedifrago. Ma, litigi politici tra coniugi a parte, quei signori dovevano stare un gran bene, se ancor’oggi in tutta la regione si ricorda il distico: “Si roi de France ne puis être, le Sire de Pons voudrais être”. Il vino di certo non gli mancava: basta scendere il colle per trovarsi subito circondati dai vigneti: oggi tutto è Ugni Blanc da cognac.

pons

I villaggi circostanti cominciano a portare i segni della prosperità viticola: le insegne delle piccole Maison di cognac si incontrano più spesso, ed ogni tanto in mezzo alle vigne si vede una cascina con una selva di silos alti come torri, ora rugginosi, ora inossidabili: segno che lì opera una distilleria di cognac in grande. Anche qui i borghi si fregiano di armoniose chiesette in pietra locale, di un romanico assai puro, benché spoglie al loro interno: siamo sul Cammino di Santiago nel ramo Turonensis, tra Parigi e Bordeaux.

Da Pons verso l’interno la campagna si fa toscaneggiante, o per meglio dire, un singolare ibrido tra l’Oxfordshire e lo Hallertau: niente cipressi, né meadows, né luppolo, ovviamente, ma dolci declivi, macchiati a spaglio di frumento, granoturco, viti, e spruzzati qua e là di boschi. Nella Petite Champagne la quercia è protagonista, affiancata dal pioppo lombardo. Gli orizzonti si fanno vasti anche da piccole altezze, e le strade infilano di quando in quando una pittoresca alberata. Anche se siamo sul parallelo di Milano, la luce offre una trasparente dolcezza propria della Charente: una promessa di Midi, che non sarà però mai mantenuta appieno.

Mentre si scollina verso nord-est la vite si infittisce fino a prendere possesso di ogni pendio, ed il paesaggio cambia quasi in langhetto. Una discesa più lunga delle altre porta verso la Né, il fiumiciattolo al confine tra le due province della Charente, la Marittima e la semplice: il ponte ce lo annuncia con un maestoso cippo in pietra, ma l’appassionato ha in mente un’altra geografia, quella dei crus. Ora sa che il suo piede è entrato nella Grande Champagne, e tutto gli ricorda che in queste terre si fa il migliore dei cognac, con tanto di blasoni e genealogie di distillatori.

Non è più tempo che di vigne ormai, vigne alte un metro e spaziate di due metri e sessanta: largo, qui passa la macchina vendemmiatrice! La viticoltura si pone all’opposto di quella che avete in mente sull’altra sponda della Gironda: quando sarà una splendida annnata nel Médoc, nella Charente piangeranno. Spesso si vede un nuovo impianto: l’età delle viti è sempre modesta, ed i rari vigneti di trent’anni sono destinati prima o poi all’arrachage. Hanno già dato in gioventù; vino insulso, acido, poco alcolico, e soprattutto tanto. La cifra del vino da distillazione sta in queste quattro parole; neanche i produttori di lambrusco da bottiglione scendono così in basso di qualità. Ma questo sarà il segreto perché il vino si trasfiguri in elisir col fuoco e col tempo.

bouteville

Ad ogni crocicchio minuscole frecce danno la direzione per le numerose Maison, e lungo le strade trionfali cartelloni annunciano le proprietà dei vigneti, facendo palpitare il cuore a chi già pensa alla bottiglia. Marchi universalmente celebri, nomi che ogni buon enotecaro dovrebbe conoscere, e gioiellini noti solo agli amatori di mezzo mondo si inseguono passo dopo passo tra le sacre colline a sud di Segonzac, la piccola e compiaciuta capitale del premier cru, in una losanga di circa 12 km per lato. Ogni borgo ed ogni lieu-dit ci ricordano di cosa sono capaci grazie ai loro artigiani dell’alambicco ed alle loro creazioni, alla stessa maniera di chi vaga stupefatto per i villaggi borgognoni: la Voûte, Fontpinot, Juillac-le-Coq, Bouteville, Criteuil, St. Preuil, Éraville, ogni cascinale, e la stessa capitale Segonzac rimandano a qualche grande cognac, e ad uno o più produttori di vaglia.

Le distillerie grandi sono rare in questa zona: nella Grande Champagne quasi ogni vignaiolo infatti è anche bouilleur de cru, il che significa che è padrone della sua filiera, dalla pianta al bicchiere; ed anche quando sarà – e quasi sempre lo è – fornitore delle più celebri Case multinazionali, imbottiglierà col proprio nome il meglio dei suoi filari.

Non cercate quindi tra queste vigne quel pugno di marche a cui va reso il merito della celebrità dell’acquavite delle due Charentes, detta di Cognac: le loro migliori botti provengono dal lavoro di questi vignaioli artigiani.

Non vi sarà difficile riconoscere l’analogia tra il funzionamento del mercato dello champagne e quello del cognac: poche grandi Case di rinomanza universale, e centinaia di vigneron di minor gloria e di miglior acquavite. Ma senza di questi la fama delle prime non potrebbe esistere.

La campagna ora è punteggiata da cascine isolate, trincerate dietro alti e bianchi muri: il loro interno, dicono qua, ripete lo schema a corte chiusa della villa gallo-romana d’un tempo. Un doppio portale carraio e pedonale ad archi tondi è tutto ciò che comunica col mondo là fuori. Dentro, la dimora padronale si staglia sul lato corto del complesso, mentre l’alambicco è ospitato nel rustico di fronte. I lati lunghi servono come bottaie, e per il deposito degli attrezzi vinari. Un giardino fiorito, in genere ornato da un albero solitario ed imponente, abbellisce la corte.

Il cognac dorme nel silenzio: non si vede e non si sente fin quando non si penetra negli scuri magazzini, umidi e ragnatelosi, dove invisibili angeli si riempiono i polmoni della parte d’effluvi loro dovuta; del resto, il paradiso dista solo un cancello. Se sarete ritenuti degni, il locale san Pietro ve ne schiuderà l’accesso, concedendovi magari anche qualche assaggio dalle botti con la topette: ed allora coglierete il senso dell’espressione liquore degli dei.

Un grande, vecchio cognac, ancora in sonno nel suo letto di quercia dopo sei, sette, o magari otto decenni, trascende qualunque cosa possiate aver conosciuto in bottiglia, per cara che fosse; si fa maestoso ed etereo insieme, e benché non sia ancora ultraterreno, è capace di sciogliervi la lingua in un canto di lode al suo creatore, se non di donarvi l’illuminazione o addirittura l’estasi.

Dopo, non vorrete bere più null’altro al mondo. E tornerete riverenti in pellegrinaggio tra queste colline benedette.

perignac

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

2 Commenti

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Francesco Garzon

circa 5 anni fa - Link

Scorro velocemente i post di Intravino, come al solito ultimamente (ultimi 5 anni circa), ...ma siete troppo bravi! Poi certi post, come questo, nessun commento??!!!. No comment! Thomas Pennazzi se non ci fosse bisognerebbe inventarlo e sarebbe anche una cosa difficile! Quante volte ho studiato queste cose anni fa per conseguire la qualifica di sommelier e quanto volte NON li ho bevuti. Purtroppo! Che piacere ritrovarle.

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Renato Salvatici

circa 5 anni fa - Link

Tanti anni fa ho percorso quelle strade e la sua descrizione, da grande scrittore ( giuro che non ho bevuto), mi ha fatto ritornare nitidamente in mente quei luoghi che avevo perso nella nebbia del tempo. Grazie.

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