Cronache dalla Nuvola: la premiazione delle 4 viti Ais

Cronache dalla Nuvola: la premiazione delle 4 viti Ais

di Redazione

Amedeo Itria ci riprova e questo è il suo secondo post. Questo diventa editor fisso, sentammè.

Va bene, lo ammetto: stravedo per gli eventi mondani che ruotano intorno al vino. Sono sempre in prima linea quando ci sono bottiglie in libera mescita, di qualsiasi estrazione filosofico-produttiva siano: convenzionale, naturale, biodinamica, finto-sostenibile, marchettara, rifermentata o legnosa, io assaggio qualsiasi cosa.

Ma proprio come per il gusto della scoperta, mi affascinano anche le svariate e improbabili figure sociali che bazzicano queste rassegne, più o meno abbottonate: alle Quattro Viti AIS del 26 ottobre scorso, infatti, lo spaccato sociale era ricco e variegato.

Giovani sommelier incravattati si alternano ad anziani spaesati, donne elegantissime e signori che, con fare supponente, assaggiano e sputano sentenze campate per aria. Dalla nuvola di Fuksas sbucano piccoli stormi di wine lovers in gita, assaggiatori baldanzosi ed eno-appassionati mal tirati insieme che hanno ben chiaro in mente i loro obiettivi – ad esempio un’etichetta che finisce con “aia” – sentendosi liberi di creare code e asserragliare i banchi delle bottiglie più famose, limitandone la mescita ai poveri mortali.

Ma perché sento questo bisogno di classificazioni? La risposta più convincente che sono riuscito a darmi è da identificare nella personale necessità di mimetizzarmi tra la folla, carpire il registro linguistico comune e utilizzarlo come idioma ufficiale della giornata, evitando così di dover mandare a cagare qualche incompetente gonfiato. Paranoie forse?

Non faccio in tempo a riempirmi gli occhi di cotanta varietà che mi passa davanti pure il Presidente del Consiglio: questo evento è più mondano di quel che pensavo, mi sussurro. D’altronde, la qualità delle etichette in degustazione discolpa un tale entusiasmo diffuso e, dal basso del mio ingiustificato odio classista, mi tappo le orecchie e mi lancio a capofitto sulle bottiglie da gustare.

Come ogni anno inizio col buon proposito di assaggiare tutto, e non dedicarmi interamente a etichette di regioni già affermate, ma il profumo dei grandi rossi langaroli a cui non si può dire di no mi inebria di soppiatto e perdo le staffe.

La categoria dei Barolo è un mondo bellissimo, dove Boglietti sorprende e Rinaldi vince il premio per il frutto più ipnotico con le sue Brunate. Ovviamente da paura tutti i celebri, dal  Bartolo a Giuseppe Mascarello che sfodera un Monprivato affilatissimo, passando da Burlotto al gusto di pesche fino ad arrivare a Conterno e il suo Monfortino, la stella tra le più brillanti del firmamento enoico italiano: denso, freschissimo, tannico, aromatico, salato e infinito.

Ho bisogno di togliermi un ultimo sfizio prima dell’esplorazione, e mi ritrovo a dover necessariamente passare da Radda in Chianti, dove assaggio queste due perle:

Chianti Classico Riserva Caparsino 2016 Caparsa: rubino scintillante, profuma di mirtilli, agrumi, violette, alloro e spezie. Sfoggia un sorso vibrante e setoso, rinfrescante e dalla tannicità raddese fino al midollo, per concludere su una scia di arance amare da far cappottare.

Trebbiano VD Monteraponi 2017: dorato (due giorni di macerazione) e lucente, esplode in un bouquet ampio e variegato, non invadente, dalle tracce agrumate e di susine mirabelle, poi miele, salvia e canditi. Chi ha detto che il trebbiano sa di poco?

Continuando, mi colpisce un altro bianco macerato (ligure stavolta) che non mi sarei aspettato di trovare in questa degustazione:

– “Altrove” di Walter de Battè è un vino artigianale di non sempre di semplice lettura, ma oggi non ha una virgola fuori posto. Anzi, è suadente. Un uvaggio di 5 o 6 varietà proveniente dalla provincia spezzina che esplode in note mediterranee, di fieno e cera d’api, pietre focaie e, ovviamente, agrumi freschi e canditi. In bocca è pieno e statuario, ricco, fresco e pieno di sale marino, impreziosito da una persistenza fuori dal comune.

Ed ecco qui un piccolo riassunto di altri assaggi emozionanti:

“Poiema” 2016 Eugenio Rosi: marzemino in purezza, subisce appassimento in cassetta ed esplode tra fragole, pepe e spunti balsamici. Però ha del nerbo fresco, succosità e pienezza di sorso. Qualche spigolo da smussare col tempo, ma sono sorpreso dalle potenzialità che quest’uva racchiude.

– Piedirosso “Colle Rotondella” 2018 Astroni: risulta un rosso bello succoso e defaticante, dai chiari tratti vulcanici e fumè. Fiori rossi e polvere da sparo, ciliegie, fragole e frutti rossi, prende posto tra i favoriti per il particolare allungo sapido che equilibra il sorso. Mi ha ricordato per un breve istante un piccolo pinot, forse per via della sua mineralità spiccata e per la tannicità morigerata.

Ograde 2017 Skerk: uvaggio carsolino che risplende di affascinanti tonalità oro rosa per colpa di un bel 25% di pinot grigio al suo interno, integrato da malvasia istriana, vitovska e sauvignon. I profumi sono intensi e dolci, delicati e al contempo netti, tra agrumi, caramello, fiori d’acacia, uva spina e il sorso è, a conti fatti, un succo di frutta integrato da sale puro. Un nettare delizioso, forse il mio campione di giornata (falso: è il Monfortino).

Rossese di Dolceacqua Posaù ris. Biamonti 2017 Maccario Dringenberg: un nettare composto per metà di rossese e per il restante di pepe e timo selvatico che sfocia in un sorso gentile, morbido, appagante, dal gusto terroso, fresco e salino.

Brunello di Montalcino 2014 Le Potazzine: mi ricordo che durante una degustazione un amico fidato lo scambiò per un grande nebbiolo, probabilmente per la sua stoica maestosità. Anche stavolta ci ha emozionato, con un turbine di foglie secche, humus, ciliegie mature, arance, tabacco e cioccolato.

Friulano 2017 Ronco Severo: gode di una complessità aromatica paurosa e di un sorso materico e arioso allo stesso tempo, dove la sapidità e la morbidezza danzano intorno alla vibrante acidità. Profuma di frutta tropicale, canditi e resina, rinfrescato da ondate salmastre. Bevibilità e scorrevolezza fuori controllo.

Ma c’è una morale alla fine dei conti? A parte assaggiare sempre, direi di no.

2 Commenti

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Paolo Cianferoni

circa 4 anni fa - Link

Ringrazio e incasso con gioia il commento sul Caparsino 2016 Chianti Classico Riserva. E con gioia guardo chi assaggia tutto con competenza e umiltà.

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Amedeo Itria

circa 4 anni fa - Link

Grazie Paolo, è stato un piacere assaggiarlo (di nuovo). Ci vediamo a Radda prestissimo!

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