Cos’è la Kombucha e perché dovremmo berne a litri

Cos’è la Kombucha e perché dovremmo berne a litri

di Angela Mion

Nome: Kombucha – non è una danza hawaiana, non è un’arte marziale, non è una pozione magica.

Che cos’è: una bevanda, fermentata.

Tre gli ingredienti base: tè, verde o nero, zucchero e una coltura probiotica per la loro fermentazione chiamata “Scoby” (symbiotic culture of bacteria and yeast), impropriamente chiamata fungo, letteralmente “colonia simbiotica di batteri e lieviti i quali formano una massa gelatinosa che galleggia ed assomiglia un fungo”.

L’alcol etilico prodotto durante la fermentazione del tè viene trasformato in aceto da colonie di batteri presenti nello Scoby e ne esce una bevanda probiotica frizzantina, acidula, con un basso residuo alcolico, spesso non dichiarato, che si usa aromatizzare con erbe, frutti, spezie e fantasia.

Questa è la versione direi “classica” con una sola fermentazione; a questa se ne può aggiungere una seconda per dare grado alcolico e trapassare dal confine del soft – drink – salutare a quello di bevanda – per – maggiorenni.

Origini: pare che il suo viaggio sia iniziato dalla Manciuria nel 200 a.c. per arrivare sulla rotta Russa, in Siberia, da dove ha poi raggiunto il Giappone che ne ha segnato il vero boom negli anni ’70. Da lì poi ha viaggiato verso la Corea per spopolare in America.

Benefici: se la bevono i giapponesi significa che fa bene, se la bevono gli americani significa che è light.

In Siberia dicevano allungasse la vita. In Giappone che curasse l’incurabile: il “tè miracolo”, “l’elisir di lunga vita”, curativo delle più disparate malattie, panacea di tutti i mali. È un probiotico, è vivo quindi di indubbia benevolenza intestinale. E’ un antiossidante e pare curi dall’insonnia all’eczema al colesterolo al nervosismo eccetera eccetera. Però ho fatto due conti: se io bevo il tè nero con la caffeina dopo le tre del pomeriggio sicuro non dormo fino alle tre del giorno dopo con attacchi di nervosismo e per compensare mangerei una vaschetta di gelato ringraziando il kombucha che mi abbassa il colesterolo!

Ok. Non siamo troppo diffidenti, ma un po’ di sano scetticismo non guasta.

Sequel: kombucha – sono quelle cose che qualcuno scopre e che poi non si sa come diventano virali. Così è stato per questa bevanda negli ultimi due decenni nel nuovo mondo. Ne parla in questi giorni Forbes, del giro d’affari che ha in America e della fetta di mercato che sta crescendo esponenzialmente.

Non è una tonica, non è una birra, qualcuno la definisce una birra punk e la curva delle vendite guarda all’insù. In America piace perché ha poche calorie con sfumature salutiste, perché se la possono permettere tutti, perché il target va dallo sportivo al naturopatico al santo bevitore.

In Europa gode di ancora poca notorietà, io ne ho avuto un timido approccio quando sono stata a cena da Ana Ros, grande utilizzatrice delle fermentazioni.

Ed eccola ricomparirmi di recente in terra straniera, in California, dove è popolare, bevuta, molto pubblicizzata e spinta, ora in particolare la versione “alcolica”.

Da gaudente bevitrice, sostenitrice del resveratrolo, attratta dal packaging accattivante – lattine e bottiglie colorate e ben fatte, dall’idea di bere un liquido sano, me la sono scolata nonostante difficilmente approcci con fervore a qualcosa di aromatizzato – tipo lime curcuma zenzero.

Oggettivamente e potenzialmente non la boccio. Soggettivamente i salti di gioia non li ho fatti.

La birra è una parente alla lontana, i 7 gradi non li ho sentiti perché te la servono talmente tanto fredda da ingannare anche un astemio, nemmeno l’acidità era marcata, molto smorzata da effluvi di lime, mandarino, curcuma, lamponi – anice, uva, coriandolo – melone, menta, chili – mi fermo qui..

Confesso: non l’ho finita, bevitrice poco zen, anche se forse, se avessi conosciuto prima tutte le proprietà miracolose che aveva sicuramente me ne sarei fatta almeno un paio.

Questa kombucha “Hard” è venduta in America come un’alternativa “organic raw – gluten free” di birra e vino, bandiera del bere sano.

E in Italia è arrivata? Ho un po’ indagato. Comincia a farsi conoscere anche qua, soprattutto la versione analcolica – c’è anche un bar a tema a Bolzano inaugurato da poco e diversi tutorial sul web per farsela a casa facendosi spedire lo Scoby – Kit per la fermentazione.

Ma la popolarità americana è ancora distante e così, me la immagino ancora in una zattera, a tirar remi in mezzo all’oceano, nella rotta di Cristoforo Colombo (al contrario).

 

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Angela Mion

Veneta, classe 1981, studi giuridici e azienda di famiglia. La svolta cubista arriva quando ormai maggiorenne incontra il vino: Sommelier, Master Alma-Ais ed altre cose in pentola. “Vin, avec toi on fait le tour du monde sans bouger de la table”. Bucolica e un po' fuori schema con la passione per la penna, il vino, il mondo e la corsa. L’attimo migliore? Quello sospeso fra la sobrietà e l’ebbrezza.

3 Commenti

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Franco

circa 5 anni fa - Link

sapore difficilotto per noi occys... maledetto coriandolo! Ma non credo che la colpa sia solo sua. La si beve ad ogni angolo anche in Nepal e pure in versione calda! Non per i deboli di cuore... Cheers

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Renato

circa 5 anni fa - Link

E dev'essere un troiaio di nulla! ( detto in fiorentino)

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Gianluca Zucco

circa 5 anni fa - Link

Spopolando (parola grossa...) anche in Brasile non solo fra i devoti delle fermentazioni così come anche in molti locali mainstream come bibita naturale e salutare; quasi sempre solo nella versione analcolica.

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