Cosa bevo a Ferragosto? Acqua, bella frizzante

di Pietro Stara

Ci sono cose molto divertenti, per parafrasare David Foster Wallace, che non vorrei fare mai più: ad esempio scrivere dei vini o delle birre che berrò a Ferragosto con gli amici, o con i famigliari, oppure da solo, in un angolino della casa, tra gli ultimi raggi filtranti tra gli scuri in attesa del desio serale e mollemente adagiato sul sofà di piume starnazzanti di mia suocera che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Vorrei non farlo più anche perché in questo caso e in ogni caso in cui Ferragosto si dà, si dovrebbe presumere che questa aurea data nata per celebrare le Feriae Augusti, cioè le vacanze dell’imperatore, poi sapientemente assimilata nella cattolicissima Assunzione di Maria, sia da considerarsi, alla pari di altre feste comandate in cui si beve, per dovere sociale e per dovere mistico, cosa di cui dar ragione ad un vasto pubblico di lettori.

Per quanto mi riguarda, e sempre che possa interessare a qualcuno, il Ferragosto pagano si risolve spesso in un rocambolesco “cosa facciamo? che siamo in trenta bambini compresi!” – aperta e chiusa parentesi – a cui seguono una serie di risposte tanto imprecise da riporre nel giorno seguente una giornata di meritata decantazione sociale e di feria guadagnata. Qualsiasi sia la cosa organizzata, appunto, la questione del che cosa bere scivola se non all’ultimo al penultimo posto, appena subito prima dei piatti e delle posate di plastica.

Le ragioni sono diverse e tutte tra lo loro complementari, ma una e una soltanto si erge come pertinente: quasi nessuno della combriccola è interessato a cosa si beve perché, in linea generale, quasi nessuno di quelli con cui condivido il Ferragosto è interessato, sia nei giorni che lo precedono che nei giorni che lo seguono, al “cosa si beve”.

“Che ne dici di un goccio di St. Émilion Château Cheval Blanc 1er Grand Cru Classé del 2006?” – chiedo al mio amico di alternanza alla griglia – un paio di anni fa. “Magari dopo” – mi fa – “Adesso preferisco una Moretti che ho la gola secca!”
Altre volte pietà l’è morta quando mi si propone “al vino pensaci tu!” Altre volte ancora pietà l’è completamente andata quando ognuno porta un paio di bottiglie hard-discount appena rifermentate nel portabagagli: “un po’ di frigo e tutto passa”. Pure la sete.

Acqua. A Ferragosto bevo acqua.

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

3 Commenti

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Gigi

circa 6 anni fa - Link

In genere il consiglio è "mettile in freezer così si raffreddano prima". Sui rossi vale invece la benevolenza di un po' di semplice frigo. Però varrebbe la pena di lanciare il sondaggio su chi su una griglia a 200 gradi sotto il sole di Agosto sceglierebbe una Moretti fredda o un cheval blanc del 2006. Io sceglierei il cheval blanc solo per poter dire poi di averlo assaggiato almeno una volta...

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Federico

circa 6 anni fa - Link

Spiacente per te, ma non mi adeguo. Io non potendo tornate in aereo con il carico di vino preso in cantina, dovrò scolarmi varie bottiglie di Grillo Verde di Badalucco. 😋😂

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Carlo

circa 6 anni fa - Link

Molto divertente

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