Contraste di Matias Perdomo e il concetto di cucina sartoriale

Contraste di Matias Perdomo e il concetto di cucina sartoriale

di Leonardo Romanelli

Lo sguardo è leggermente ombroso, velato da quella malinconia che sembra accomunare tutti coloro che sono dovuti partire da casa per avere fortuna e successo: Matias Perdomo, cuoco uruguagio (o uruguaiano, scegliete voi), titolare del ristorante Contraste di Milano, appare così a prima vista. Se poi lo si vede fotografato in bianco e nero, magari in pose non volute ma alquanto serie, diventa anche un sex symbol, tale da avere un posto di riguardo in un possibile calendario di cuochi.

Poi lo senti parlare e vedi che si apre un sorriso vero, gli occhi perdono la parte triste e diventano quasi luminosi. Una storia romantica, la sua: la voglia di fare il cuoco nell’albergo più importante del suo Paese, poi l’arrivo in Italia per raggiungere un amico a Milano, il lungo rapporto con Maida Mercuri all’osteria del Pont de Ferr sui Navigli, quindi il passo finale, quello di mettersi in proprio insieme agli amici, il maitre Thomas Piras e il fido scudiero Simon Press, argentino nomade come lui.

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Malgrado le apparenze, Matias rimane un timido poco avvezzo ai riflettori e alla ribalta anche se, giocoforza, con il tipo di cucina proposta, un po’ di chiacchiera deve nascere quasi spontanea. L’idea iniziale del Contraste è stata quella dello specchio, ovvero “guardati e decidi cosa mangiare, io lo cucinerò per te”. Poi, dovendo rispettare un po’ i tempi del servizio, un menu guida è stato introdotto, ma è pur vero che si vuole ricalcare un po’ il concetto di osteria del passato, quindi proporre anche i piatti del giorno e accontentare i desideri del cliente facendo al momento quanto richiesto.

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Come faccia a trovarsi al primo posto della classifica milanese di Trip Advisor un ristorante di queste caratteristiche – quando di solito trionfano paninerie e pizzerie – è un vero “caso”. L’arrivo è da ristorante di lusso: citofono, passaggio in cortile, quindi ingresso in una grande sala, perennemente piena, da prenotazione fatta con largo anticipo. Sono belli i lampadari all’interno, il camino (spento, ovviamente), il muoversi rapido e sciolto del personale di sala, i tavoli nudi apparecchiati in corso d’opera.

La caratteristica di avere un menu fatto su misura, come trovarsi insomma in una sorta di atelier della gastronomia, viene raccontato da Thomas, in maniera ispirata; ti senti coccolato, unico, a parte vedere poi, nel corso della serata, molti dei tuoi piatti serviti anche agli altri, il che ti fa perdere il senso di esclusività, ma questo fa parte del gioco di una cucina che non potrebbe servire 40 piatti diversi in contemporanea. C’è il menu degustazione a 90 euro e quello a 130, cambia il numero di portate e nel menu “S “Sorpresa ci si affida totalmente a Matias.

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I panini morbidi, iniziali, già ispirano a rilassarsi, ci pensa la murrina di ricciola nera ad eccitare gli animi, tra gusto e consistenza. Poi il sashimi di filetto, foie gras ed umeboshi (condimento a base di prugne salate), dove l’alternanza di sapori, tra avvolgenza e pulizia, rende il mangiarlo perennemente appetitoso. C’è spazio per una sensazione iodata di cozza, quella di un rognone sodo e carnoso e poi, una provocazione milanese, potente e ricca di sapore, come i ravioli di risotto alla milanese.

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Spazio alla parte golosa che c’è in ognuno di noi, con il donut alla bolognese, con la sensazione grassa e velata della besciamella e del ricordo della salsa bolognese: qui chiudere gli occhi e godere è un tutt’uno. L’animella di vitello panna e cannella è un bocconcino goloso da amatori, la pluma di maiale iberico con burrata e ricci di mare è un piatto di fini contrasti (poteva essere altrimenti qui?), che vi coinvolge attraverso il gioco del maialino che dovete fare: non sto a spiegare niente, è più divertente farlo al momento.

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Chiudere con il dolce non è così importante, si può provare con il dessert ai sapori di Sicilia, ma l’esperienza variegata e stimolante può terminare prima. E i vini? Tanti naturali, biodinamici, biologici, alternativi, ma non si chiude la porta al resto del mondo: unici ma non classisti, non è il nome che deve fare la differenza al contrario, ma il contenuto. E non è facile il lavoro del sommelier che deve seguire, capire i bisogni del cliente e il rispetto di quanto fa lo chef.

Il servizio, quello sì, è “ad personam”, sorridente, partecipe, accogliente, lascia il sorriso al momento del conto.

 

Contraste
Via Meda 2, Milano
T. 02 49536597
M. info@contrastemilano.it

Aperti a cena dalle 19.00 alle 23.00 (domenica esclusa)
Aperti per pranzo la domenica dalle 12.30 alle 15.00

Giorno di chiusura: martedì

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

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