“Conosci? Io mai sentito”: Arillo in Terrabianca, il Chianti Classico non smette mai di stupire

“Conosci? Io mai sentito”: Arillo in Terrabianca, il Chianti Classico non smette mai di stupire

di Simone Di Vito

In occasione della Chianti Classico Collection svoltasi a Roma pochi giorni fa ho avuto la riprova che nel vino salta sempre fuori qualche sorpresa di cui ignoravi l’esistenza. Specialmente in territori vasti e articolati come quelli del Gallo Nero toscano. In questo caso la scoperta arriva da Radda, sottozona ormai nota per vini di pregevole eleganza. E proprio quando pensi che in un areale del genere tutto sia già stato scoperto e mappato, ecco la scintilla dell’imprevedibilità.

CCC

Nella masterclass condotta da Paolo Lauciani della Fondazione Italiana Sommelier in combo con Alessandro Masnaghetti (da remoto causa covid), oltre alla presenza del presidente del consorzio Giovanni Manetti (Fontodi) c’erano ben undici Chianti Classico Gran Selezione, ognuno in rappresentanza della propria UGA di appartenenza.

Sbirciando rapidamente la lista vini in assaggio lì per lì non c’era nulla di così sorprendente: il Don Tommaso 2019 di Villa le Corti per San Casciano, in cui l’alta percentuale di merlot (20%) si faceva sentire ma nel complesso non era affatto male; Tenuta di Nozzole col suo Giovanni Folonari 2016 per Greve sembrava già maturo ma comunque bello ed estremamente godibile; per Montefioralle c’era Castello di Verrazzano, unico 2017, caldo, concentrato e tannico, forse il più rimaneggiato per via dell’annata; il Vigna Grospoli 2018 di Lamole di Lamole conferma di essere ben fatto come sempre, ma a mio avviso non cosi affidabile come testimone della piccola enclave di Lamole.

Per Panzano il Vigna del Sorbo 2019 di Fontodi, un gustoso chiodo di frutta scura dritto sulla lingua e carico di prospettiva; Capannelle 2016 per Gaiole, liquido e decisamente fruttato ma poco incisivo. Il Castello di Fonterutoli 2019 per Castellina, che a dispetto di un alcol ancora non perfettamente integrato non mancava di attrattiva e margini di miglioramento; per Vagliagli il Vigna di Sessina 2018 di Dievole conferma il già ottimo assaggio fatto alla Collection di marzo alla Leopolda, dimostrandosi con pochi mesi in più sulle spalle ancora più realizzato e completo; per San Donato in Poggio il Castello di Monsanto col suo Poggio 2018 è sempre una garanzia; mentre il Colonia 2018 di Felsina rappresentava Castelnuovo Berardenga, vino che ha sempre il suo stile ma che non smette mai di ricordarmi quanto sia lontano dalla mia idea di Chianti Classico. Infine Radda, per cui ci servono questo vino di Arillo in Terrebianca 2019, di cui nelle prime file si vociferava: “Conosci? Mai sentito, tu? Nemmeno io…“.

Tanta frutta fresca, tra arancia sanguinella, ciliegie e amarene, fine e slanciato, pulito e verticale, non riempe la bocca ma la accarezza con eleganza e un tannino misuratissimo: una sorpresa bella quanto inaspettata. A masterclass finita il Terrabianca oltre che in bocca mi era rimasto in testa così ho deciso di scendere al piano inferiore per approfondire il discorso ai banchi d’assaggio.

IMG_20221028_090137

Oltre al sorprendente Terrabianca, in degustazione c’erano anche il Chianti Classico Sacello 2020 e la Riserva 2019 Poggio Croce, due vini a conferma di grazia e pulizia già riscontrate nel Gran Selezione. Nel primo, più leggerezza, brio e facilità di beva condite da toni floreali e fruttati, mentre nel secondo spezie orientali e profondità di bocca mettono l’accento su un sorso più carnoso, fatto di forma e sostanza ma in cui non manca classe.

Nei giorni seguenti ho provato a documentarmi un po’ sull’azienda Arillo in Terrabianca: nata nel 1988 con Roberto e Maya Guldener, dal 2019 viene acquisita da Urs e Adriana Burkard (quest’ultima presente al banco d’assaggio), famiglia di origini italo-svizzere che oltre a quella di Radda ha anche una tenuta in Maremma e una in Val d’Orcia. La brutta notizia è che di questi vini non si trovano bottiglie in vendita online, perciò non mi rimane che farci un salto appena posso, un motivo in più per tornare in un territorio che anche stavolta mi ha acceso gli occhi come un abbagliante e dove sono sempre felice di sorprendermi.

avatar

Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

5 Commenti

avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

"il Chianti Classico non smette mai di stupire" ? ---- Non dovrebbe mai smettere di stupire. Anche se la DEGUSTAZIONE è alla CIECA. ---- Purtroppo, per i Consumatori-Clienti-Bevitori-ecc..., le degustazioni non seguono la metodica del Blind Tasting. Quindi, per me, hanno un valore relativo, ridimensionato rispetto a una degustazione alla cieca.(Sisto ha spiegato in diversi dibattiti le ragioni) A sostegno della mia tesi aggiungo che altri eventi simili di presentazione di vini in Italia avvengono con la modalità alla cieca. E poi, signori, ci sono le mitiche UGA che dovrebbero stimolare, secondo me, l'adozione del Blind Tasting. (Su questo punto ho trovato nel Web un articolo molto interessante)

Rispondi
avatar

Giorgio

circa 1 anno fa - Link

Alle giornate del Pinot Nero ad Egna, le degustazioni vengono svolte alla cieca. Mi sono sempre chiesto anch'io il perché questo metodo non venisse applicato in altre degustazioni ufficiali. Sono sempre più convinto che uno dei motivi possa essere il seguente, le bottiglie di Pinot Nero in degustazione hanno un prezzo a scaffale da 15 a massimo 50 euro, quelle tre o quattro bottiglie da 100 e passa non sono in degustazione (chissà perché...). Questa fascia di prezzo mette al sicuro sia I produttori, sia i giudici da eventuali "scivoloni", in poche parole la classifica finale non farà male a nessuno. In altre degustazioni, specialmente nelle denominazioni con etichette blasonate, gli scivoloni ci sarebbero eccome.

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

Questo è un brano estratto da un articolo sul Web che, secondo me, esprime OPINIONI INTERESSANTI sugli eventi di presentazione dei vini italiani, sulle UGA, sulla degustazione alla cieca di 1- Professionisti e 2- Appassionati. ___ Dal Web: "Qui mi concedo una considerazione personale. Ho vissuto molto in questo territorio e ho lavorato per una decina d’anni per una cantina di Panzano. I vini di Panzano quindi ho potuto assaggiarli “in batteria” per diversi anni di seguito, soprattutto in occasione dell’evento annuale Vino al Vino. Ma i vini di San Donato in Poggio li assaggio per la prima volta senza interferenze con altre zone, se così si può dire. La cosa che mi ha sorpreso maggiormente è che nonostante la normale differenza stilistica tra le aziende, ho trovato un filo conduttore nell’impronta territoriale di questi vini. Sono certa che la mia memoria sensoriale ha già catalogato le differenze tra alcune zone, soprattutto assaggiando spesso i vini provenienti da Panzano e da Radda, ma sarei davvero curiosa di organizzare qualche degustazione alla cieca per verificare la profondità e correttezza di questa mia affermazione. Sicuramente lo farò e vi terrò aggiornati. E qui sorge un’altra riflessione. Vedo spesso gli eventi del tipo Barolo vs Brunello etc… e tutte le volte mi chiedo che senso abbiano? Forse “vendono” bene ma ci trovo nessun criterio logico. Sicuramente avrebbe molto più senso Barolo vs Barbaresco e così via. E, visto che siamo nei tempi delle UGA, perché non fare serate tipo San Donato in Poggio vs Panzano? Questo per me avrebbe un gran senso, soprattutto in questo momento di transizione. Anche perché se abbiamo fatto, o meglio, stiamo per classificare in modo nuovo la zonazione, perché non cercare di ritrovarne le ragioni proprio nel calice? Soprattutto per un professionista che opera nel territorio o un appassionato che è convinto di conoscere il Chianti Classico" (Brano estratto da un articolo sul Web)

Rispondi
avatar

marcow

circa 1 anno fa - Link

PS Non conosco l'autore/trice del brano perché non c'era sull'articolo. E non conoscevo neanche il blog. Ma il Contenuto è più importante. È probabile, invece, che molti di voi conoscano chi ha scritto quelle parole.

Rispondi
avatar

Giuseppe

circa 1 anno fa - Link

Se può interessarti il primo dicembre ci sarà una degustazione dei vini di questa azienda, sarà a banchi di scuola, eccoti il link per chi vuole prenotarsi. https://www.bibenda.it/attivita_singola.php?id=3299

Rispondi

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.