Come costruire una carta dei vini vincente, a Identità Golose 2019 il panel con i top sommelier italiani

Come costruire una carta dei vini vincente, a Identità Golose 2019 il panel con i top sommelier italiani

di Andrea Gori

In scena a Identità di Sala, la costola dedicata al servizio in sala del congresso milanese di alta cucina Identità Golose, è salito un panel d’eccezione di sommelier  e maestri di sala che ha raccontato cosa significa costruire una carta dei vini “vincente”, ovvero, che renda felici i clienti e al contempo non faccia fallire il ristorante che acquista quei vini.

Un compito fondamentale del sommelier che, come ricorda in un frangente Alessandro Tomberli di Enoteca Pinchiorri, “deve far felice per primo il cliente, poi il proprietario della cantina e solo per ultimo sé stessi”. Una successione spesso disattesa in locali, wine bar e ristoranti degli ultimi anni, caratterizzati dall’iperprotagonismo di sommelier dall’ego ipertrofico.

Gabriele Zanatta ha presentato il talk show lezione su come costruire una carta dei vini vincente per un locale oggi chiamando a partecipare Alberto Cristofori di Wine Tip (storica enoteca milanese specializzate nel servizio di bottiglie preziose e rare), Alberto Piras e Nicola Dell’Agnolo rispettivamente primo sommelier e maitre de il Luogo di Aimo e Nadia (due stelle Michelin a Milano), Matteo Lunelli, e Alessandro Tomberli, primo sommelier di Enoteca Pinchiorri.

In questo primo intervento Matteo Lunelli ci racconta il suo punto di vista usando l’esperienza di Locanda Margon dove non si servono solo vini Ferrari ma bollicine da tutta Europa e la carta dei vini offre molte alternative per esaltare la cucina di Alfio Ghezzi.

La prima questione è sempre intrigante e di attualità o, almeno lo era fino a qualche tempo fa, ovvero: quando si fa una carta dei vini si deve accontentare il cliente o le guide? Rispondono Nicola dell’Agnolo di Aimo e Nadia , Milano e Alberto Piras che raccontano come è difficile inserirsi in un locale dove spesso si eredita una carta dei vini di altri con idee e contributi collettivi. Di certo è importante dare la proprio impronta ma è fondamentale che la carta sia uno strumento di lavoro e non un monolite inaffrontabile che metta paura.

Altra questione non semplice quella dei percorsi di abbinamento, che spesso coinvolgono più di dieci vini per un percorso di vini che si protrae per ore. Come si fa in questi casi a non stancare e sovraccaricare il cliente di sensazioni? Alberto Piras nel video ce lo racconta e ci spiega che si può avere bella varietà e leggerezza anche usando solo vini nonostante il ricorso a birre, distillati, tisane e infusi sia sempre più comune.

A proposito di distillati, sono tornati o, comunque, vanno molto di moda le proposte di sake e il whisky come alternative al vino: ma quale è l’effettiva richiesta oggi di queste bevande nei ristoranti italiani? Secondo Alberto Piras è, tutto sommato, più di facciata che effettiva soprattutto nei ristoranti italiani dove la scoperta del cibo e dei sapori del nostro paese va di pari passo con quella dei nostri vini.

Interessante poi il ruolo delle enoteche e dei wine provider, nuovi servizi specializzati che affiancano i ristoranti nell’acquisto del vino. In effetti l’acquisto diretto presso le aziende o i rappresentanti non è economicamente molto vantaggioso e l’enoteca diventa partner fondamentale.
Alberto Cristofori di WineTip ci racconta come si risponde alle esigenze dei ristoranti, con Aimo e Nadia che è stato forse il loro primo cliente. Oggi Wine Tip ha una grande cantina in evoluzione, sempre alla ricerca di nuovi prodotti ma la svolta da enoteca classica a quello che è oggi accadde quando fu deciso l’acquisto di una cantina privata intera, aprendo nuove possibilità di business.

Ma, all’atto pratico, come si imposta il lavoro di un sommelier in un ristorante stellato? Alessandro Tomberli chiarisce le tre priorità di un sommelier, ovvero, far felice il cliente, poi il proprietario della cantina e solo per ultimo se stessi. Racconta della strategia delle assegnazioni (da bottiglie normali a “bombe” da migliaia di euro da suggerire) per ciascun dipendente, il posizionamento dei vini nelle pagine (meglio a destra o sinistra), il modo di capire cosa ordinerà il cliente e come aiutarlo da come sfoglia la carta stessa. Ancora: i meccanismi di premialità e il tempo da dedicare per convincere il cliente che ha fatto la scelta giusta perchè quando si spendono centinaia di euro per una bottiglia (o anche solo decine di euro) si deve essere confortati di aver fatto bene. Non sempre vogliono essere aiutati ma quando serve bisogna farsi trovare pronti e capirlo prima che arrivi la richiesta di aiuto vera e propria.

Oggi poi che vanno di moda i vini naturali, si rischia di perdere moltissimo tempo per spiegare il vino al cliente per giustificare sensazioni aromatiche particolari, il che si traduce in più tempo ad un tavolo a scapito del servizio complessivo di sala.

Proprio i vini naturali rappresentano la grande opportunità oggi nei ristoranti  ma anche la maggior criticità. Tuttavia il loro ruolo  in una carta dei vini di un ristorante oggi non può essere ignorata, ecco cosa ne pensa Alessandro Tomberli di Enoteca Pinchiorri a Identità Golose 2019: “Cosa succede quando gli americani ordinano una Ribolla di Gravner? Noi abbiamo una lista detta “alert wine” e il sommelier sa che deve mettere in guardia  e avvertire il cliente prima del servizio stesso. E’ il caso degli orange e del loro colore”

Ultima questione sui ricarichi e la loro progressività, fondamentale per far girare le bottiglie senza spaventare con i prezzi. Anche i ricarichi non possono essere considerati fissi ma dipendono moltissimo dai bicchieri e dal locale in cui ci si trova, come ad esempio la differenza di prezzo tra  Aimo e Nadia e il nuovo Bistrot, stessa proprietà e gestione, ma prezzi diversi per la stessa bottiglia.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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