“Chiantopoli”: sotto a chi tocca

di Mauro Mattei

chianti-1Non c’è pace fra gli ulivi. Anzi no, pardon, fra i filari. La Toscana da sempre è simbolo dell’eccellenza italiana per quel che riguarda il vino (e non solo). Sono decenni, infatti, che qui fioccano popò di riconoscimenti e premi  da ogni dove. Fattostà, da un breve periodo a questa parte, messa da parte la tendenza all’accumulare benemerenze, c’è un nuovo trend in questa blasonata regione: quello di trastullarsi – dimentichi dei fasti del passato e delle glorie del presente – nel collezionare batoste mediatiche.

Eppensare che ancora non avevamo digerito Brunellopoli, e invece eccoci tutti qua a ruminare su un nuovo scandalo belloefatto, pronto per l’uso.

C’è chi l’ha chiamato Chiantopoli e devo dire che mai definizione fu più oscena e paradossalmente calzante. Ma facciamo un po’ di cronaca e riassumiamo per gli assenti: tracce di additivi chimici e di vini scadenti dentro prodotti con la fascetta d.o.c.g., una quarantina di aziende implicate (una addirittura sigillata dalla finanza), alcuni ettari di vigna requisiti, un numero inquietante di ettolitri fra mosti e vini sequestrati (c’è chi parla di milioni di litri!). Vi sembra poco? A me sinceramente sembra troppo.

Come al solito, per l’occasione, si levano cori indignati, ora dal lato dei consumatori, ora dal lato delle istituzioni. Ma le voci più dure e critiche, giustamente, si alzano dal coro dei vignaioli (quelli seri). Loro, infatti, quotidianamente, si fanno un mazzo così per rimanere a galla in una denominazione che, pur essendo fra le più importanti a livello Italiano, non li tutela pienamente dal punto di vista qualitativo e viene tacciata come dispersiva e pressappochista (tra i vari problemi includerei anche le opinioni balenghe dell’attuale presidente del consorzio). E lo stato? Reprime invece di prevenire, sbattendo tutti in copertina. E i consumi flettono, i mercati si incrinano e gli scaffali dei supermercati si riempiono di ottimi prodotti a denominazione di origine controllata e garantita sotto i 5 euro che fanno la gioia del consumatore più smaliziato.

Come, cosa dite? E’ impossibile che prodotti al vertice della piramide qualitativa Italiana si collochino in una fascia di prezzo così bassa? Ma siamo certi che lo standard sia identico per tutte le aziende? Ma certo! D’altro canto, Chianti o no, c’è l’istituzione che ci tutela e  che si prende la briga di togliere le castagne dal fuoco. Se un prodotto è controllato e pure garantito, si può stare tranquilli, quella benedetta fascetta rosa è sinonimo di qualità, a prescindere dalla realtà oggettiva delle cose. E non credete alle sofisticazioni, agli aggiustamenti e alle collusioni, sono solo un’altra invenzione della stampa.

Mauro Mattei

Sommelier multitasking (quasi ciociaro, piemontese d'adozione, siculo acquisito), si muove in rete con lo stesso tasso alcolico della vita reale.

5 Commenti

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gianpaolo

circa 14 anni fa - Link

tutti i mali hanno un origine. In questo caso si chiama Chiantizzazione forzata. Come quasi tutti sanno il vero Chianti, geograficamente e storicamente, e' il Chianti Classico, piccola zona tra Siena e Firenze. Gli altri Chianti, quelli da un euro, quelli che puoi trovare ad Arezzo, Firenze e persino Pisa (che c'entra Pisa con il Chianti?) sono frutto dell'incontro tra il clientelismo piu' basso e l'ingordigia. Il voler chiamare Chianti qualcosa che Chianti non e', al solo scopo di sfruttare la fama di un vino e di un territorio, fa rientrare dalla finestra tutti i guai di mercato che si volevano far uscire dalla porta. Da qui gli sputtanamenti, i vini a prezzi incredibilmente bassi, l'immagine di vino da battaglia che ha il Chianti nel mondo. E per fare un vino, in Toscana, a quei prezzi, c'e' solo una strada, i mischioni con la robaccia del sud (dico robaccia, non perche' al sud non ci siano buoni vini, ma perche' per acquistare vino a quei prezzi e poi rivenderlo come Chiantti per forza robaccia deve essere). Lezioni da imparare? Tante, una per tutte e' che, se tiri la coperta da una parte, ti scopri dall'altra.

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peppe

circa 14 anni fa - Link

l'importante e' non fare di tutta lerba un fascio. ad ogni modo bevete vino siciliano.

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Leone

circa 14 anni fa - Link

Sarebbe forse il caso di distinguere ancora meglio tra il Chianti e il Chianti Classico, magari intoducendo l'indicazione della sottozona di produzione...Ma non andatelo a dire al Consorzio..

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Alberto G.

circa 14 anni fa - Link

A parte che ho assagiato "buoni" chianti al di fuori del classico, non penso sia solo un problema legato all'estensione della docg. E' che questi sono dei truffatori. Il punto e' puoi fare un buon vino ovunque la natura te lo consenta,ma questisi sa usano le scorciatoie. Fanno solo gli affaristi.Questo succede per il Chianti, per l'amarone, per i barolo. Ma anche per l'aglianico, il nero d'avola ecc.ecc.Lo sappiamo, o almeno credo. Quante volte mi chiedeo ma come e' possibile che vendano un vino a tal prezzo.Volete un esempio recente? Mi trovo di nuovo a Londra e sugli scaffali di un grande supermercato ho trovato un BAROLO A 9 ,dico nove Sterline .Cose mai viste prima. Che ci sara' nella bottiglia? Ve lo diro' tra qualche gg. Un Barolo a nove euro prezzo finale in Italia mai visto.Come fanno ad arrivare a questi prezzi?Certo magari e' peeggio quando quello stesso vino magari con etichetta diversa me lo vendono a () sterline al ristorante italiano del centro .ci danneggiamo sempre da soli. Speriamo nel nuovo anno. Auguri a tutti.

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