Chiamami Pineau des Charentes, sarò il tuo Porto

Chiamami Pineau des Charentes, sarò il tuo Porto

di Thomas Pennazzi

Si chiama Pineau, come il suo omòfono di Borgogna, e di cognome fa des Charentes; è tra i più misconosciuti ed ignorati vini di Francia, pur possedendo una propria AOC. E, no, voi wine-geeks so che pensate al Pineau d’Aunis, ma siete fuori strada.

Se lo cercate nelle nostre contrade, dovrete frugare negli angoli più polverosi e nascosti delle enoteche, quelli dove di solito finiscono a languire gli incauti acquisti del gestore. Eppure le ascendenze del Pineau des Charentes sono regali: è infatti figlio legittimo di Sua Maestà il cognac, mentre le madri sono molte, come si confà ad un re che esercita lo ius primae noctis: quasi sempre si tratta di un vitigno nobile francese. Eccoli: ugni blanc, colombard, sémillon, sauvignon, meslier saint-françois, montils, merlot noir o blanc, cabernet sauvignon e/o franc, jurançon blanc e folle blanche; per i rossi:  merlot noir, cabernet sauvignon e/o franc, e malbec.

Ma cos’è allora questo Pineau? È presto detto: un vin de liqueur, prodotto con dell’uva appena ammostata alla quale poche ore dopo si aggiunge una parte di cognac di almeno un anno, fino a farle raggiungere una gradazione compresa tra 16,5° e 22°, lasciando un residuo zuccherino di almeno 160 g/l. Poi la miscela riposa un anno (o molto di più) in una botte di quercia francese.

Più difficile descriverlo, il Pineau: ci sono tanti Pineaux quanti i produttori, e ancora di più considerando le tipologie. Blanc, Rosé, Rouge, Vieux Pineau, Très Vieux Pineau. Un mondo giusto un po’ meno complicato del cognac, in verità. E ben pochi artigiani rinunciano ad elaborare il proprio, poiché il Pineau è gloria dei piccoli, e delle rare cooperative: la produzione è vietata alle grandi Maison del cognac, che quindi ne fanno commercio del tutto marginale. Ecco spiegato perché nessuno lo conosce fuori dalla zona di produzione.

Girando per le due Charentes troverete più cartelli che offrono Pineau che cognac; quanto meno il cru è favorevole all’acquavite, tanto maggiore è la rivincita che il figlio si prende sul padre. E non c’è mai una correlazione certa tra i due: un buon produttore di cognac spesso fa del mediocre Pineau e viceversa. Mistero.

Siamo in presenza di un vino da dessert? Di un aperitivo, come dicono i locali? Di un liquore? Di uno Jerez? Di un Porto français? Di un mixer per cocktail? Il Pineau è tutto questo insieme, nella sua variabilità espressiva. Non ne troverete uno uguale all’altro. Comprensibile quindi anche la difficoltà di incasellarlo su di uno scaffale d’enoteca, e di proporlo al cliente nostrano.

Ogni produttore ne offre più qualità e col proprio stile: asciutto, dolce, leggero, corposo, con buona acidità, stucchevole, bouqueté, con note ossidative, fruttato, un poco tannico, complesso, e via discorrendo. Ma quando non scivola verso le banalità di molti dolciastri cugini al disotto della Dordogna, il Pineau si fa emozionante. E in special modo nelle sue espressioni più mature, di cui le migliori sono millesimate.

Quando invecchia, il Pineau lo fa esattamente come il cognac, quasi sempre nelle stesse botti e negli stessi magazzini: un Vieux Pineau può arrivare a cinque anni, ed un Très Vieux Pineau fino a dieci, ma eccezionalmente capita di berne di trentennali, che possono conservarsi in bottiglia per qualche altro decennio senza batter ciglio. Così maturo lo si trova totalmente trasfigurato dal lungo soggiorno nella culla di quercia, con un’evoluzione più simile al padre cognac, eppure trattenendo in sé il carattere del vino di base. Addirittura, uno dei produttori più raffinati per invecchiare i suoi Pineaux si fornisce delle botti esauste dai vicini châteaux d’Yquem e Margaux. Interessante, vero?

Il Pineau ha felici abbinamenti gastronomici locali. Le Charentes producono rinomati meloni, coi quali se ne gusta un calice, o lo si versa sopra: fa un po’ anni ’80, il melone al Porto, ma ça va. Un’altra gloria locale sono le cozze: quindi niente moules marinière da quelle parti, ma au Pineau Blanc. Et avec le fromage? Mais ouais! Infine l’onnipresente foie gras. Perché non berci su un Vieux Pineau?

Tutto si dice nascesse da un mosto versato in una botte creduta scolma da un incauto garzone, invece contenente una frazione di cognac, prima del 1600. Come che sia la leggenda, bevande simili punteggiano l’intera Francia da secoli: dal probabilmente più antico fratello Floc de Gascogne (a cui i cognacensi hanno scippato – registrandolo – pure il nome di Pineau), al bretoni Pommeau e Poirineau, fatti con mele o pere, al Macvin del Jura, ai vari Ratafia di Champagne o di Borgogna, al Cartagène di Linguadoca, ed al Sautel di Vaucluse. Tutti hanno in comune la stessa proporzione di spirito e mosto, uno a tre.

La fama di questo vino fatica a passare i confini dei due dipartimenti del cognac, con l’eccezione dei Paesi francofoni Belgio e Canada. Tre quarti degli 80.000 hl prodotti annualmente si vendono in Francia, ma l’Italia ne ha importato solo 13 hl nel 2016. Se ne ordinate a Parigi vi guarderanno di sbieco, perché viene considerato vino da provinciali anzianotti, ma non sanno cosa si perdono. La difficoltà più grande del Pineau è di trovare il produttore che più si confà al vostro gusto. E nelle espressioni più mature si tratta di un vino di estremo interesse, capace di mille sfumature, particolarissime e sconosciute al vostro palato.

Vi invito a scoprirlo, l’estate è la sua grande stagione.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

4 Commenti

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luis

circa 7 anni fa - Link

Bel prodotto, versatile grazie alle varie tipologie.
Purtroppo confermo che in Italia è quasi introvabile, ma anche in Francia fuori dalla regione di produzione spesso si trovano bottiglie di qualità modesta.
Insomma per bere bene bisogna andare in pellegrinaggio a Cognac, come ho fatto io!

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rampavia

circa 7 anni fa - Link

E' traditore. Ricordo una solenne sbornia di qualche anno fa. L'importatore dei vini presenti in quella cena-degustazione, importava in Italia anche questo Pineau (non ricordo il produttore) e descrisse il liquore come un Cognac più leggero e bevibilissimo. In conclusione: ne bevvi 3 o 4 dopo non pochi bicchieri di vini diversi. In due mi accompagnarono a casa. Da allora non l'ho più incontrato ma, confesso, neanche cercato. Grazie per avermelo ricordato.

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Mike

circa 4 anni fa - Link

Qui in Belgio invece non è sconosciuto, addiritturq se ne puo' trovare nei Lidl locali! Però il discorso che le grandi case di cognac non lo possono produrre non mi torna .... Bache Gabrielsen, ad esempio, (prestigiosissima maison di cognac) lo produce, l'ho visto con i miei occhi.

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Nevio Vattovani

circa 2 anni fa - Link

Certi amici hanno portato una bottiglia di pineau des charentes dicendo di essere dispiaciuti del sapore (marsalato) pensando fosse vino troppo vecchio. Assaggiando ho trovato che per me era molto buono avendo un leggero sentore di legno di rovere. Non conoscendolo sono rimasto positivamente sorpreso dal fatto che si trattasse di miscela di mosto e cognac dalla gradazione leggera (17%). Per me ottimo (se altri non sono daccordo, dei gusti non si può discutere.

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