Che Dio abbia in gloria chi lo fa diverso. Il Cannonau di Sardegna Sa Scala 2014 di Pusole
di Gianluca RossettiSe n’è già detto e scritto anche qui: azienda che perfino delle declinazioni base non intende fare figli di un dio minore. Provatelo il Pusole rosso e poi se ne discute. Ma oggi è del cru Sa Scala che parliamo. Classico di cannonau. Classico perché nato e cresciuto in una zona tradizionalmente vocata, riconosciuta da sempre come tra le più idonee a tenere in asse l’esuberanza espressiva di un cepage a tratti ingovernabile. Altrove. Pertanto di diritto titolato a dire la sua.
Partiamo con ordine. La policy aziendale è: no sovramaturazioni; no alcol ed estratto sovradimensionati; no omologazione. Perfino se per omologazione si intende far vino come si è sempre fatto per uso domestico e qui noto come “vino di proprietà”. Uscire quindi dalle strettoie del prodotto per autoconsumo – che chi vive in Sardegna ben conosce – e da quelle, ancora più insidiose, del vino che ammicca a piazze di spaccio che richiedono la green card.
Un vino questo che, come il rosso base, è incontestabile espressione di un luogo oltre che di un’idea. Siamo sul versante orientale della Sardegna, macroarea di levante che, generata dalla linea di costa, si spinge fino ad avere in vista i Tacchi ogliastrini. Enorme variabilità pedoclimatica e, di conseguenza, frutti che, ciascuno per la propria indole, tendono a cadere non lontano dall’albero. Purché non si forzi la mano al Padreterno in nulla.
Siamo non distanti dal mare. E questo si sente nei rossi come nei bianchi di Pusole. Bianchi che, pur originando dall’ubiquitario vermentino (fatta eccezione per il cannonau bianco), paiono nati da roccia e sale più che dagli immancabili fiori bianchi. Ma il cannonau, invece? Per quel che ne ho capito sale, roccia e frutta rossa appena matura sono il segno che trovo. Se il rosso “base” fa dell’agilità, della freschezza, degli spunti fruttati aciduli quasi un mantra, il rosso proveniente dal cru di Sa Scala, dalle viti più antiche, dalle rese minori, dalle densità più fitte, è nel millesimo 2014 un solista di rango. Che canta come un ciocco d’acero esattamente nel verso che vuoi. Risicato l’apporto della sosta in legno, alcol che in nessun caso intralcia olfatto o palato, sentori mediterranei che ovunque in Sardegna sono matrice: fiori di mirto, rami spezzati, lentisco, carrube. Ma qui coniugati a un’impronta minerale, ferrosa, rocciosa, perfino dominante.
Che Dio abbia in gloria chi lo fa diverso. Perché, così mi pare, in quella diversità trovo più sostanza e attaccamento al suolo di mille coccole al flavor transalpino. O, peggio, transoceanico.
1 Commento
Simone
circa 7 anni fa - LinkI miei complimenti a Roberto e famiglia....da provare gli affettati!!!! We love Ogliastra
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