Chateau Latour 2005 e 1994

Chateau Latour 2005 e 1994

di Alessandro Morichetti

La mini digressione del giorno gira attorno a due bottiglie mitiche o meglio a due annate di uno dei miti eterni del vino mondiale. Quando si parla di Chateau Latour, ogni superlativo meno super non rende perfettamente l’idea. Qui siamo nel range dei pilastri della terra, i Padri Fondatori, gli evangelisti, quelle robe talmente iconiche che si corrono due rischi in uno: timore reverenziale sempre e, rovescio della medaglia, kill your idols fuck the system. Ho cercato di rifuggire entrambi in un duplice assaggio a poche settimane di distanza: due annate differenti, non alla cieca, due bevute in tutta pace e tranquillità con amici esperti e curiosi, né adoranti né scassaballe.

Due assaggi molto, molto significativi.

Chateau Latour 1994
Colore integro, non impenetrabile con qualche cenno granato e luminoso.
Profumo integro, bello, bordolese. All’inizio sul peperone non verde, poi c’è una bella densità di frutta scura, prugne disidratate e grafite. L’ossigeno porta poi a un’apertura netta sulla scatola di sigari, anzi ad essere sinceri è il profumo più vicino al tabacco che mi sia capitato di recente in un vino. Molto bello, e sotto a questo mix di cubani poco toscani, il naso più sensibile di noi ha intercettato anche una lieve pelle di salame, in quella quantità che non disturba. Vino che è stato bello annusare alle ore 20 e pure alle ore 23, con una evoluzione nel bicchiere e in bottiglia che lasciava esattamente intendere quanto sia relativo il concetto del tempo a Bordeaux in generale e con Latour in particolare. Sorso felpato e setoso, non infinito in termini di possenza e profondità in bocca ma con un fil rouge a legare integrità e compiutezza che in questi vini è la cifra distintiva. Bottiglia che ha raggiunto il suo apice espressivo, millesimo non indimenticabile ma soddisfazione alta e nessuna fretta di stappare. 12,5% di alcol.

2005

Chateau Latour 2005
Sfortunatamente nessun appunto scritto ma un chiodo piantato in testa per una bottiglia memorabile destinata a spiccare in qualsiasi lineup. Purtroppo non alla cieca e dico purtroppo perché l’impressione memorizzata è stata davvero forte e la cieca è sempre divertente in tal senso. Vino devastante in tutto ma immaginate anche il contesto: cena conviviale-stappo semicompulsivo-mostri a tre teste e avanti un altro come niente fosse. Latour 2005: il grand vin per antonomasia in una grandissima annata, una sorta di minimasterclass sui grandi vini della storia. Compatto, quasi impenetrabile ma non nero, sulla melanzana. Già al naso emerge una idea che poi tornerà prepotentemente anche al sorso, qualcosa che ha a che fare con densità, fittezza e consistenza. La massima ricchezza di profumi nella minima espressività possibile, un po’ come quelle versioni di Hotel California in cui ci sono talmente tante chitarre a suonare che alla fine sembrano una cosa sola. Naso che rimbomba al solo pensiero per un misto di tonicità, definizione e compressione che risulta davvero difficile immaginare in prospettiva se non in un range di decenni. Al sorso, stessa identica impressione. Non pesante, non asciugante, ecco qui il pensiero della grande annata di grande vino letteralmente tuona. Alcol nei ranghi e presidio della lingua che diventa totale. A sconvolgere non è tanto o solo l’insieme di sensazioni prodotto ma anche una certa connaturata sensazione di eternità che accompagna vini come questo Latour 2005, ben pochi nel mondo. Se Latour 1994 è alla sua vetta espressiva, qui la sensazione è di non trovarsi nemmeno all’inizio della parabola evolutiva, come se il timer dovesse ancora partire. Assaggio devastante e illuminante, vino memorabile. 13% di alcol.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

6 Commenti

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...CITO Moricchia : "... A sconvolgere non è tanto o solo l’insieme di sensazioni prodotto ma anche una certa connaturata sensazione di eternità che accompagna vini come questo Latour 2005, ben pochi nel mondo...." ANNUISCO : " non so le versioni dell'ultimo ventennio perchè poco incline ad acquistarle (visto la proiezione sempre vicina al secolo ) , ma le esperienze di Latour anche ultracentenarie confermano che è un vino eterno , se non il più longevo che esista...

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MELIS Enrico

circa 1 anno fa - Link

Confesso di essere un po' di parte. Chateau Latour è probabilmente il mio vino preferito da quando ho assaggiato il suo 2005 en primeur nell'aprile 2006. La sensazione di essere davanti ad un capolavoro fu immediata e indelebile. Fortunatamente ho avuto l'occasione di riberlo, insieme ad Alessandro, qualche settimana fa. Non aggiungo niente alla lettura dei due vini fatta da lui, è perfetta, senza concessioni alla fantasia o alla poesia. La 1994 è piccola, fredda, difficile. Questo traspare dalla descrizione. Sembra di avere il bicchiere davanti con le sue note verdi di peperone e tabacco, amare di grafite e solo un po' di frutta residua ormai essiccata. La 2005 è ricca e densa senza essere opulenta, tannica e setosa, equilibrata e fresca. Questo è più o meno il ricordo che ho anche del suo assaggio fatto nel 2006. Come già detto questo è un vino in fasce che potrà tranquillamente arrivare al secolo. Due considerazioni finali. Questi vini vanno bevuti con calma, consapevolezza e pazienza e, soprattutto, niente cieca, a meno che non si resista per ore alla tentazione di scoprire la bottiglia ... ma quanto si perderebbe nel mentre?

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Alvaro pavan

circa 1 anno fa - Link

Nel 1993 compravo Les forte de latour1990, gran vino tipicamente Pauollac, con 5 ore di lavoro. Adesso me ne vogliono 35...E, personalmente, lo apprezzavo più del fratello maggiore...

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

...chi non ha bevuto almeno una volta ( ma penso quasi tutti abbiano avuto questa fortuna) Chateau Latour 1900 o 1918 non può capire ...

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Francesco Annibali

circa 1 anno fa - Link

Alessandro, credo che tu abbia colto la caratteristica principale dei Bdx top (insieme alla nota di grafite, che a Bdx è piacevolmente polverosa) quando parli di "massima ricchezza di profumi nella minima espressività possibile". Credo anche che questa espressività trattenuta, che in degustazione è segno di |controllo tecnico| sia stata percepita negli anni di grillismo/qualunquismo come espressione di potere (il grillismo/qualnunquismo amava l'incontrollato - brett volatili feccino ecc...- proprio perché era segno di non sottostante alle logiche di potere). Ricordi che 10 anni fa i Bdx top erano letteralmente scomparsi dal mercato italiano? Ecco, credo anche che i tempi stiano cambiando, il qualunquismo ha partorito il sovranismo, il quale ha partorito il soralellismo fintoincazzato meloniano, che è una forma di potere che l'italiano medio non rigetta, e quindi si stia ricreando uno spazio commerciale per i Bdx top.

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vinogodi

circa 1 anno fa - Link

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