Cartoline dal Sud Africa/4: il futuro del vino sudafricano

Cartoline dal Sud Africa/4: il futuro del vino sudafricano

di Redazione

Quarta e ultima parte del viaggio di Clizia Zuin in Sud Africa, questa volta incentrata sul futuro di alcune denominazioni.

Siamo abituati a pensare che il sud Africa sia la terra del pinotage e che le aree vitivinicole siano le stesse da anni, cristallizzate nei confini e nelle tradizioni. Niente di più sbagliato. Oggi in Sud Africa c’è fermento e una straordinaria apertura mentale. Le grandi aziende consolidate guardano con curiosità ai nuovi e giovani enologi che, partiti dal nulla, si stanno creando una reputazione internazionale in nuove aree, ad esempio Swartland e Tulbag, che per secoli sono state sfruttate solo per la produzione di Brandy. Premetto che in Sud Africa non ci sono né regole (basta possedere la terra e si può piantare un po’ di tutto), ma neanche finanziamenti o aiuti statali. Per quanto riguarda il pinotage, i testi delle scuole di sommelier ci hanno convinto che questa sia un po’ l’uva simbolo sudafricana, ma non lo è! Se c’è un’uva che NON ha trovato una sua identità, l’uva “mai una gioia”, è proprio il pinotage: a parte un paio di felici espressioni, il pinotage viene dogato (leggi: aggiunte doghe nelle vasche in post fermentazione per aumentare le note speziate, fumé e di cioccolato), viene amaronizzato, ripassato, torcolato, vinificato in bianco e chissà che altro. Insomma, il povero pinotage che avrebbe dovuto salvare il mondo con l’eleganza del pinot nero e la resistenza e la morbidezza del cinsault, in 90 anni non ha ancora trovato una sua strada se non in alcuni rarissimi casi e si esprime meglio in quello che viene definito the Cape Blend, dove compare arbitrariamente con percentuali che vanno dal 30 al 70%. Provate invece il vero fenomeno di questa terra: lo chenin blanc, non avrete delusioni.

david e nadia

David & Nadia (Swartland): dalla Francia con furore! Una giovane coppia che sta letteralmente rivoluzionando il Sud Africa con le loro idee da indipendentisti e una cultura di ferro sull’agricoltura biologica e biodinamica. Abbiamo assaggiato i loro vini all’interno del wine-collective Bill&Co di Malmesbury, nel bel mezzo del nulla, un locale open con mercato rionale all’interno e cantante country di sottofondo, con qualche problema di elettricità, ma attrezzato con Coravin e Zalto e dotato del rugbista-cameriere-barbuto più simpatico e preparato della storia, Johannes. Topography Pinotage 2018, da piante ad alberello trentennali. Al terzultimo giorno di viaggio abbiamo finalmente trovato un ottimo pinotage: ventaglio aromatico molto ampio e particolare: dal balsamico di menta alla spezia scura come il pepe nero e la china passando per i lamponi freschi. In bocca è pulito ed elegante, si lascia bere con facilità e gioia del cuore. 91 punti. Distribuito da Vinimark.

el bandito

Testalonga (Swartland): El Bandito Cortez 2018, chenin blanc, anche questo bevuto all’interno della collettiva Bill&Co. Non c’è sito internet per questa azienda, non si possono visitare perché non sono attrezzati per le visite, poche annate prodotte, etichette struggenti, poco interventismo in cantina e vini rigogliosi. Mettere il naso in questo chenin è un’esperienza mistica: lattementa, fiori bianchi e gialli e tanta frutta matura, in bocca è come il Generale Lee di Hazzard, sembra che vada da tutte la parti, ma alla fine riesce a saltare e a superare il canyon e a rimettersi in carreggiata verso la strada della qualità. Un vino fuori dai ranghi ma dotato di straordinaria pulizia e personalità. 90 punti.

babylon's peak smg

Babylon’s Peak (Swartland): l’azienda si trova ia piedi di un enorme monolite di granito che rifornisce il suolo di minerali. Solo vigne ad alberello, tanta motivazione e buona volontà perché qui siamo a 600 m s.l.m. nel mezzo del nulla e per arrivarci bisogna fare 10 km di sterrato. S.M.G. sta per syrah, mourvedre e grenache che vengono ripassati sulle vinacce di viogner. La vendemmia è la 2017 e il vino presenta profumi molto nitidi e avvolgenti di frutta nera e corteccia di cipresso, con una nota di pepe dolce della Jamaica, in bocca convince con un bel tannino maturo e la imperterrita eleganza dei vini di questa regione. 89 punti

neederburg
Neederburg (Paarl): il merito di questa cantina e del suo enologo è quello di sperimentare, di averci provato. Ingenuity, Italiano Blend 2015. Un blend composto per l’80% da sangiovese, 12% barbera e 8% nebbiolo. Al naso è un mix di umami e pepe nero, il tannino della botte non è perfettamente integrato al vino e asciuga un po’ troppo la lingua. Mi piace perché ha voluto tentare e l’ha fatto con quelle che sono le uve più prestigiose d’Italia. 84 punti
doolhof
 Doolhof (Wellington): una delle poche cantine davvero meritevoli di questa regione vitivinicola, anche qui per arrivarci bisogna percorrere 10 km di sterrato su una terra rossa come quella di Coonnawarra e ricchissima di ferro, Bloedklip significa roccia di sangue ed è la loro etichetta più esclusiva. 100% malbec, singola vigna e aromi molto intensi e varietali di cortecce, uno sbuffo balsamico di eucalipto e un sapore fresco che lascia una lunga scia sgrumata al palato. 89 punti.
mullineux

Mullineux (Swartland): il bello dello Swartland è il passaparola, tutti si conoscono, tutti si aiutano e si incontrano spesso per assaggiare vini da tutto il mondo che magari ha riportato Nicola (è una signora), responsabile commerciale, dalle sue recenti visite in Italia e Francia. Mullineux è la realtà forse più organizzata di questa regione, ma è anche quella che incoraggia di più gli altri pionieri di quest’area. Granite Syrah 2017 è un vino sontuoso, floreale, elegante sia al naso che in bocca. Le note erbacee al naso ricordano i fynbos, le piante aromatiche locali, mentre in bocca il sorso è reso ancora più intenso e persistente da una nota ferrosa e dinamica. È un vino che comunica energia. 94 punti. Distribuito da Vinimark.

kunjani

Kunjani (Stellenbosch): azienda non visitata, i vini sono stati degustati alla festa di fine estate degli studenti di enologia dell’Università di Stellembosch, un’iniziativa aperta a tutti in un clima di festa straordinario in cui le aziende di Stellembosch facevano a gara per conoscere le nuove promesse dell’enologia del Paese mentre gli studenti pensavano più che altro.…a fare gli studenti. Qui abbiamo incontrato questa azienda, attratti più che altro dal nome di uno dei loro vini: The Stolen Chicken, la gallina rubata. A casa ho poi scoperto che in questa winery lavora la prima donna enologa di colore del paese, la pluripremiata Carmen Stevens, laureata nel 1995. The Stolen Chicken 2018 è un rosato da syrah, o meglio, shiraz quando il vino è ispirato allo stile australiano, e presenta decise note di lime e fiori bianchi. Sorso vivace e gradevole, acidità ben calcolata, sicuramente uno dei migliori rosati dell’intero viaggio. 87 punti.

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