Camillo Favaro, un libro, la cura e il Domaine de la Romanée-Conti
di Tommaso Ciuffoletti“Confesso di non avere certezze, o quasi. Tra le poche, mi sentirei di sbilanciarmi sulla sfericità del nostro pianeta, sul fatto che Usain Bolt sia stato il più grande atleta di tutti i tempi e che i Beatles siano i musicisti che hanno maggiormente influenzato la musica contemporanea”. [1]
Cos’è che fa la differenza nella realizzazione di un vino, di un libro, di un prodotto quale che esso sia? Molte cose, indubbiamente, ma tra queste ho la ragionevole certezza che vi sia la cura. Parola da usare inevitabilmente con cura, dato che può significare cose diverse: attenzione, rimedio, ma anche preoccupazione, affanno. Se si vuol essere un po’ lirici, tuttavia, cura promette una comunicazione, una complicità, un senso condiviso; non si esprime tanto in un’azione, quanto in un modo d’essere coinvolti, spesso tinto in affanno, preoccupazione: in ogni progetto curato c’è qualcosa che manca, di ancora incompiuto, di ancora indeciso, che può non andare — e il coinvolgimento autentico in una mancanza non lascia indifferenti [2].
Il libro che si apre con le parole riportate in apertura è un libro estremamente curato. Lo ha realizzato Camillo Favaro, che è designer, produttore di Erbaluce di Caluso in quel di Piverone, in provincia di Torino, ma anche scrittore ed editore. Insieme a lui hanno lavorato: Antonella Frate per il coordinamento editoriale ed il progetto grafico, Maurizio Gjivovich per le fotografie, Alessandro Capra nella realizzazione dell’illustrazione riportata anche qui, e Sandrine Jouvenon come traduttrice. Prefazione al testo di Favaro a firma di Fabio Rizzari. Un intero team per cesellare e rifinire questo prodotto.

da Camillo Favaro – Domaine de la Romanée-Conti – Foto di Maurizio Gjivovich
Un volume estremamente curato e di poche pagine. 77 per l’esattezza, che possono essere così suddivise:
1. una breve introduzione prima di Rizzari e poi di Favaro
2. cronistoria del Domaine de la Romanée-Conti
3. intervista a Aubert de Villaine (co-proprietario del Domaine de la Romanée-Conti)
4. introduzione al climat di Romanée-Saint-Vivant (denominazione Grand Cru della Côte de Nuits che si estende su più di 9 ettari sul comune di Romanée–Saint–Vivant, più della metà appartiene al Domaine de la Romanée-Conti)
5. degustazione verticale di 7 annate di Romanée-Saint-Vivant (in ordine dalla più vecchia alla più recente: 1980, 1999, 2004, 2005, 2017, 2019, 2020 quest’ultima assaggio da botte).
Le pagine sono di una bellissima e spessa carta naturale, con ottima stampa in bianco e nero delle foto di Gjivovich che, per il ruolo che rivestono, fanno di quest’ultimo un coautore del libro a tutti gli effetti.

Illustrazione di Alessandro Capra
Tutto qua? diranno coloro che pesano il valore con la bilancia. Tutto qua risponderà chi sa che non è solo il diavolo ad essere nei dettagli. Perché la cifra ed il valore di questo libro non sono nella quantità ma vanno trovati dove stanno, senza mostrarsi con troppi accenti. Nei dettagli. Non si fanno così anche i grandi vini? Curando i dettagli? E chi cura i dettagli ha poi bisogno di andare gridando? No, perché non ne ha bisogno. Come non ha bisogno di frasi ad effetto per dire cose che fanno riflettere.
Penso ci sia, da venti o trenta anni, un’idea che si è sviluppata nel mondo del vino e altrettanto nel mondo dei consumatori: considerare che i più grandi vini sono i cosiddetti vins de terroirs e che la differenza tra un buon vino e un grande vino sia quel supplemento portato dalla natura, quella sorta di mistero portato dall’intreccio tra le condizioni naturali e gli uomini che hanno saputo far tesoro di ciò che madre natura ha offerto loro.
(Aubert de Villaine)
Una frase come questa può essere letta senza troppo badarci e passando oltre velocemente. Oppure quel dettaglio “da venti o trenta anni” può essere una chiave di lettura del presente, per aprire porte a chi è curioso abbastanza (quand’è che abbiamo davvero iniziato a parlare di terroir? e perché? c’è una ragione che spiega questo cambio di prospettiva? La frase di de Villaine, secondo me, apre una strada intera con quella semplice notazione).
È solo un esempio per chiarire un punto molto semplice: un libro curato richiede lettori che condividano tale cura.

foto da: artevinostudio.it
Non è un libro per tutti, insomma. E non a tutti sono qui a consigliarlo, che sarebbe fare un pessimo servizio agli autori e ai potenziali lettori. Consigliereste a tutti una bottiglia di Romanée-Saint-Vivant?
In ogni progetto curato c’è qualcosa che manca, quel che manca spetta al lettore trovarlo. O forse quel che manca è proprio il giusto lettore. Se siete quel tipo di lettore, il libro potete acquistarlo qui: artevinostudio.
[1] da Camillo Favaro – Domaine de la Romanée-Conti, Fil Rouge scrl, 2022, Piverone (TO)
[2] Una parola al giorno
9 Commenti
vinogodi
circa 3 settimane fa - Link...dalla strettissima esperienza personale , assaggiato più volte Romanée Saint Vivant DRC vicino al Romanée Conti ( anche recentemente , c'era anche Daniel Barbagallo) e non sempre Roamnèe Conti ha prevalso ( in quell'occasione c'era anche il Romanée Saint Vivant di Madame , ma altro registro...) . Sono vini "sognanti" più che da "sogno" , vini che raccontano una storia, che toccano il profondo , che necessitano di grande introspezione per valutarli appieno e , meglio ancora , se ci si lascia abbandonare all'edonismo più sfrenato . Il libro lo compro senz'altro , sono certo di ricevere nuove chiavi di lettura interessantissime...
RispondiTommaso Ciuffoletti
circa 3 settimane fa - LinkCommento splendido, che arricchisce un pezzo in cui ho parlato del libro, ma ci sarebbe da parlare anche di un vino. Io però confesso, che mi è capitato di berlo solo rare volte e poi so che per queste cose c'è Daniel che non si batte. Quindi grazie per queste note e questo commento.
RispondiMattia Grazioli
circa 3 settimane fa - LinkEcco, ora mi viene voglia di aprire il poco di drc che ho in cantina…
RispondiTommaso Ciuffoletti
circa 2 settimane fa - LinkIn cantina? Non in cassaforte?
RispondiMattia Grazioli
circa 2 settimane fa - LinkPosso darli in pegno alla banca a garanzia del mutuo?
Rispondifranco
circa 2 settimane fa - LinkLa frase di de Villaine, secondo me, apre una "Grande Rue" con quella semplice notazione
RispondiTommaso Ciuffoletti
circa 2 settimane fa - LinkSottoscrivo in pieno caro Franco e ce ne sono altri di spunti più o meno nascosti. È lì la vera ricchezza di questo volume
RispondiGiuseppe
circa 2 settimane fa - LinkSulla prima certezza non ho dubbi E Carl Lewis dove lo mettiamo? anche la terza mi fa dubitare... A parte gli scherzi grande stima per l'autore che, fra l'altro, andro` a sentire a breve in una serata/degustazione proprio a tema Borgogna. Molto interessante anche "Vini e terre di Borgogna" dello stesso autore. Buona giornata a tutti
RispondiTommaso Ciuffoletti
circa 2 settimane fa - LinkIo rimango dell'idea che Ciccio Cozza sia troppo sottovalutato. Ma al netto di questo ... ora "Vini e terre di Borgogna" me lo vado ad ordinare! ;)
Rispondi