Buona vendemmia a tutti!

Buona vendemmia a tutti!

di Tommaso Ciuffoletti

“Il vino era l’estate catturata e messa in bottiglia. E adesso che Douglas sapeva di essere veramente vivo e si muoveva fra le cose del mondo per vederle e toccarle tutte, pareva appropriato che un po’ di quella coscienza, di quel giorno di vendemmia così speciale, venisse conservato e tappato in cantina, per essere aperto magari in gennaio, durante una nevicata, quando il sole fosse dimenticato da settimane oppure mesi e il miracolo della coscienza avesse bisogno di una rinfrescata […] Tieni l’estate in una mano, versala in un bicchiere, cambia stagione nelle tue vene, portandoti un bicchiere alle labbra e mandando giù un sorso d’estate”.

Le parole più belle dedicate alla vendemmia sono quelle che Ray Bradbury ha scritto in un libro che in Italia è ormai perduto, “L’estate incantata”. In quelle pagine Bradbury parla, ad esser precisi, di “vino di dente di leone”, che poi sarebbe il vino di tarassaco (e da qualche parte ancora si trova chi lo fa), ma non importa, ciò che importa è la meraviglia di quel giorno in cui si raccoglie il sole dell’estate e lo si nasconde in cantina.
Uno stupore che va oltre ogni scienza, ogni lievito ed ogni solfito, che va oltre ogni distinzione tra vini naturali, contadini, artigianali o quello che vi potrà venire in mente. E va anche oltre ogni chiacchiera di novelli geologi – che oggi nel mondo del vino pare vi sia un esubero di laureati in geologia – che dimenticano che sì, la terra è importante, ma il vino è e resta “un composto di umore e luce”.

Questa frase viene di solito attribuita a Galileo Galilei (Pisa 1564 – Arcetri 1642) ed in effetti pare che sia stato lui a pronunciarla, ma a farla giungere fino a noi è stato un discepolo dei suoi insegnamenti, Lorenzo Magalotti (Roma, 13 dicembre 1637 – Firenze, 2 marzo 1712). Per la precisione il Magalotti riporta questa frase in una lettera in cui racconta in modo meraviglioso, ciò che s’immaginava ai suoi tempi del mistero della fermentazione. Per farvela veloce, a quell’epoca i raggi solari erano immaginati come un elemento fisico quasi tangibile, come delle rette di luce che dal sole giungevano fino alla terra e qui succedeva che il chicco d’uva agisse come una vera e propria trappola. Unica e inedita nel mondo vegetale.

“…anche il rovo delle more, il fico, il melograno, il melo, l’ulivo ed ogni tipo di pianta da frutto, espongono i propri frutti al sole, il quale permette la perfetta maturazione di ciascuno. Bisogna dunque chiarire che il chicco dell’uva ha una struttura così ingegnosa che il raggio di luce che penetra all’interno ne rimane catturato e non riesce più ad uscirne e così passa nel vino. Una simile cosa non avviene negli altri frutti, da cui i raggi del sole riescono a liberarsi e scivolare via”.
Il chicco d’uva, con la sua buccia sottile, dotata di una rara trasparenza, permette al raggio di sole di penetrarlo, ma poi i piccoli canali che lo attraversano per tutto il corpo, spezzettano i raggi del sole fino a polverizzarli, intrappolandoli al proprio interno. E quando, alla pigiatura, quella polvere di luce finalmente si libera tra gli umori del succo, essa riprende la vita che dà origine alla fermentazione.

Ecco come immaginava il mistero del vino una scienza che ancora era intrecciata alla filosofia e all’alchimia. La scoperta dei lieviti era di là da venire, eppure ancora oggi il fascino di quella magia che è e rimane la trasformazione dell’uva in vino, non può non sedurre.
Giacomo Tachis portava quella frase nella propria cantina privata e se ne lasciò guidare quando decise di andare a fare vini in Sardegna, in nome della luce: “La Sardegna è baciata da un clima straordinario e da una luminosità eccezionale […] I sardi hanno una luce e un sole benedetti da Dio. pensate al riflesso della luce sull’acqua del mare”.

Di recente poi le Edizioni Henry Beyle hanno ripubblicato un vecchio articolo di Leonardo Sciascia del numero di novembre 1986 di Civiltà del Bere. Il titolo è “Le luci dei vini” e nel testo, il grandissimo di Racalmuto, cita espressamente Magalotti. E parla “dei vini della campagna […] e del vino casalingo che appena premuto viene messo nelle botti poco prima solforate”.

E questo filo di luce che va da Bradbury a Tachis, da Sciascia a Galileo e Magalotti, racconta meglio di mille brochure aziendali cosa sia la magia della vendemmia. Che arriva proprio alla fine dell’estate e spesso quando si è già in autunno, con quel filo di malinconia che è difficile nascondere.

E tutto questo era solo un modo per augurare buona vendemmia a tutti, ma proprio a tutti.

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Tommaso Ciuffoletti

Ha fatto la sua prima vendemmia a 8 anni nella vigna di famiglia, ha scritto di mercato agricolo per un quotidiano economico nazionale, fatto l'editorialista per la spalla toscana del Corriere della Sera, curato per anni la comunicazione di un importante gruppo vinicolo, superato il terzo livello del Wset e scritto qualcos'altro qua e là. Oggi è content manager di una società che pianta alberi in giro per il mondo, scrive per alcune riviste, insegna alla Syracuse University e produce vino in una zona bellissima e sperduta della Toscana.

6 Commenti

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Enzo

circa 5 anni fa - Link

Si sentiva l'urgenza di un po' di poesia. Grazie di cuore

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Tommaso

circa 5 anni fa - Link

Grazie Enzo!

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Riccardo

circa 5 anni fa - Link

Sarebbe molto interessante andare ad approfondire le radici del rapporto culturale tra la luce ed il vino, che sicuramente è più ancestrale di Galileo. In particolare è interessante ricordare di come Dioniso abbia sempre avuto una forte connotazione legata al culto solare, tanto che nell'età imperiale avanzata la figura di Apollo e di Dioniso vennero pressoché a fondersi. Buona vendemmia comunque!

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vocativo

circa 4 anni fa - Link

Freddy Nietzsche ne sapeva qualcosa.

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josè pellegrini

circa 4 anni fa - Link

E' vero, autentica poesia. Che bello leggere testi così, emozionanti, perché il vino è tante cose, anche emozione pura.Grazie

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Tommaso

circa 4 anni fa - Link

Grazie di cuore!!!

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