Breve viaggio tra le cantine del Giura, l’altra Francia del vino
di Salvatore AgustaDopo l’India è il momento di tornare in Europa per scoprire una delle regioni meno conosciute della Francia, il département du Jura, geolocalizzato nella parte destra della mappa francese, all’altezza del confine franco-elvetico.
La regione si trova all’interno di quell’immaginario semicerchio ellittico che vede nella parte nord-est l’Alsazia, nella parte ovest la Borgogna e nella parte sud-est la Savoia. Il terreno è marnoso/calcareo, il clima è simile a quello della vicina Borgogna, ma gl’inverni sono più lunghi e freddi. A causa del freddo le viti hanno una maturazione fisiologica e zuccherina più lenta, il che comporta lo spostamento del periodo della vendemmia addirittura verso novembre.
I vini provenienti da questa regione sono abbastanza insoliti, decisamente diversi da qualsiasi altra area del vecchio mondo, sia per la natura delle uve utilizzate sia per i particolari processi di vinificazione.
In Giura si possono coltivare pinot noir, chardonnay che è anche la più comune, savagnin, trousseau e poulsard/ploussard. Di queste, le ultime tre sono varietà autoctone ed esprimono il carattere più autentico del terroir locale. Tra le varietà a bacca rossa, sono rimasto piacevolmente colpito dalla poulsard/ploussard (entrambi i nomi vanno bene). Si tratta di un’uva caratterizzata da un rivestimento esterno estremamente sottile e delicato tanto che i vini rossi prodotti assumono toni più simili a quelli di un rosé. Nella versione più scura, si presentano di color granato leggero e producono un piacevolissimo bouquet floreale al naso e una bella eleganza al palato. Eccovi, dunque, una interessante alternativa se amate i vini della Borgogna ma non condividete il loro prezzo.
Come potrete immaginare, la presenza di tannini è alquanto scarsa ed è ragionevole scegliere di affinare questi vini solo in grosse botti, senza esagerare con la micro-ossigenazione. Inoltre i vini vanno bevuti quasi sempre giovani, senza mai superare i due o tre anni di invecchiamento. Tra le varietà a bacca bianca, richiamiamo subito la chardonnay, la cui forte acidità richiede un lungo invecchiamento in rovere francese, ma il risultato finale non ha nulla a che invidiare ai più rinomati Chablis.
In ogni caso, la savagnin è certamente quella più peculiare tra le varietà autoctone. Genera un acino tra il verde ed il giallo, abbastanza piccolo che ha la capacità di mantenere una costante seppur lenta maturazione. I vini prodotti in purezza esprimono una piacevolissima freschezza e delle inconsuete ma delicate note speziate. Il termine chiave da ricordare quando si parla di savagnin è ouillé, ovvero il processo di rabbocco di una botte per rimpiazzare il liquido perso a causa dell’evaporazione. I vini del Giura che sono stati rabboccati riporteranno la dicitura ouillé sull’etichetta (o anche naturé nel caso dei vini provenienti dalla denominazione Arbois). Al contrario, se il vino dice semplicemente savagnin vuol dire che il vino non è stato rabboccato.
Si tratta del caso del Vin Jaune. Letteralmente potrebbe esser tradotto come “vino giallo” e rappresenta l’espressione più peculiare della produzione locale. Le uve predilette per questo genere di vino provengono dalle vendemmi tardive. Il vino ottenuto viene poi invecchiato in botti di rovere francese per almeno 6-7 anni. Nelle botti avviene una lenta evaporazione ed ossidazione sino a quando nella superficie del liquido si genera un sottile strato di lieviti (voile), che proteggono il vino dall’eccessiva ossidazione. Questo processo, detto anche ossidazione controllata, permette di ottenere un vino intenso e profumatissimo, capace di sprigionare nel palato una girandola di spezie. Alcuni avranno già notato che si tratta di un processo simile a quello dello Sherry fino, ma le condizioni di partenza, nonché quelle climatiche (umidità e temperatura), non sono le medesime, pertanto i due vini hanno profili abbastanza differenti. Simpatica anche la bottiglia che utilizzano, chiamata clavelin, di forma tozza e tarchiata.
La versione meno cara e pregiata di questo vino è detta Vin Typés; in questo caso il voile non si forma correttamente pertanto per evitare di perdere il vino, lo si imbottiglia prima del tempo, prevenendo una’ultra ossidazione. Il vino, che ha un tenore acidulo maggiore, sprigiona note di nocciola e a parer mio vanno benissimo con i piatti a base di pesce oceanico.
Altro prodotto caratteristico è il Macvin; ottenuto da mosto e vinacce appena fermentate, il risultato è un vino liquoroso che con le sue note fresche viene solitamente usato come aperitivo.
Altro metodo di vinificazione interessante da quelle parti è il Vin de Paille: le uve vengono lasciate ad appassire sulla paglia per almeno sei settimane al fine di ottenere maggior concentrazione per un vino estremamente dolce.
Prima di passare in rassegna i vini che ho assaggiato, vi illustro brevemente le principali denominazioni della zona; oltre ad Arbois (capitale del département), troviamo Château-Chalon, famosa per i suoi vin jaune, e l’Etoile dove la fa da padrone la chardonnay. Qui si produce il c.d. Chablis du Jura e i proverbiali Crémants du Jura.
Ciò detto, ecco i vini che suggerisco a chi voglia di andare oltre i soliti vini.
Domaine du Pélican, Arbois chardonnay blanc sec 2015.
Piacevolissima freschezza che determina una fine lunga e persistente. Deciso, pungente e capace di sprigionare una buona salinità. Il vino, se servito tra i 14 e 16 gradi, ha leggere note floreali, camomilla, fiori gialli, margherite di bosco. Questo progetto è seguito dalla medesima proprietà del domain borgognone Marquis d’Angerville a Volnay.
Domaine du Pélican, Arbois savagnin ouillé 2015
Anche questo deciso, fresco e diretto, con note di mela verde, mandorle fresche e buccia di agrumi. Dopo averlo decantato si possono scorgere anche sentori di lime.
Domaine de la Borde Arbois-Pupillin ‘Brumes des Chambines’ Poulsard 2015.
Si tratta di un vino biodinamico che proviene da vigne di trenta anni site su un terreno composto prevalentemente di marna rossa. Ha belle note di amarena e ciliegia con una distinta acidità. Leggerissim toni affumicati si combinano con le spezie fini.
Domaine Tissot, Arbois Pinot Noir “Sous la Tour” rouge 2015.
Una delle cantine più importanti con una gran predilezione per l’agricoltura biologica. Questo pinot noir riesce a sorprendere per i suoi tannini soffici e setsi, risultato della maturazione in botte, di cui il 30% nuove. Ha una buona struttura e le note fruttate bilanciano la poderosa salinità.
Se vi state chiedendo quale sarà la prossima tappa, ve lo preannuncio subito: Brasile. Sì, anche lì hanno la mania del vino e presto scopriremo di che pasta è fatto.
Alla prossima.
12 Commenti
daniele cernilli
circa 6 anni fa - LinkGran bel servizio. Complimenti.
RispondiSalvo
circa 6 anni fa - LinkGrazie mille, sono felice che si sia piaciuto
Rispondirampavia
circa 6 anni fa - LinkE' una zona sottovalutata. Circa dieci anni fa ho fatto un breve tour e oltre ad aver assaggiato e portato a casa parecchie bottiglie di Tissot: soprattutto degli ottimi chardonnay che non avevano niente da invidiare in finezza ai cugini borgognoni; ho avuto la fortuna di conoscere Jean Macle, ritenuto il miglior produttore di Chateau Chalon. Nella sua piccola cave questo ormai attempato produtture di una semplicità disarmante e di lontane origini piemontesi, di cui andava orgoglioso a tal punto da parlare un incerto italiano che con il mio altrattanto incerto francese formavano un dialogo davvero singolare, le botticelle invecchiavano il vino per 7 anni, 7 mesi e 7 giorni, per essere poi imbottigliate nelle clavelin di 62 centilitri (per compersare la perdita di volume del vino nella botticella). Un'esperienza davvero indimenticabile. Grazie per avermela fatta tornare alla mente.
RispondiSalvo
circa 6 anni fa - LinkGrazie mille! Lo apprezzo molto.
Rispondirampavia
circa 6 anni fa - LinkMi devo correggere: non 7 anni, 7 mesi e 7 giorni ma 6 anni, 6 mesi e 6 giorni.
RispondiCapex
circa 6 anni fa - LinkBellissimo articolo; ho notato che tutti vigneron elencati (anche dove non specificato) sono bio, Tissot addirittura Triple A. Cosa che a me personalmente piace, poi dopo i recenti post, più o meno seri, pro convenzionale...
RispondiAdriano Aiello
circa 6 anni fa - LinkBel contributo. Dissento sulla poca longevità però. Al di là degli autoctoni ho bevuto molti chardonnay con una decina di anni sulle spalle ed erano clamorosi per integrità e profondità. Trovato meno interessanti i pinot nero, sono quelli usciti peggio da una cieca di quasi 100 bottiglie fatta un paio di mesi fa per selezionarne alcuni
Rispondiendamb
circa 6 anni fa - LinkConfermo. Ho in cantina un 83 e un 88 bianchi di Camille Loye e nessuna fretta di aprirli. E bene ha fatto Vinogodi a menzionare il mitico Overnoy (ma oramai i vini li fa Houillon, Overnoy fa ... il pane) e il grande 'Fanfan' Ganevat. Sta facendo molto bene anche Julien Labet.
Rispondivinogodi
circa 6 anni fa - Link...mi accodo ai complimenti per il bellissimo articolo. Fra i nomi citati , non disdegnerei di evidenziare Ganevat (fra i grandi Chardonnay) e Overnoy , che io considero l"Egon Muller" di Jura ... ma davvero è zona da setacciare senza ritegno perché ci sono davvero chicche imperdibili , in un'area maggiormente da rimarcare non solo per la grande bravura tecnica di tanti produttori ma anche nello sviluppare il tema della biosostenibilità generalizzata e quindi sensibilità d'area e non solo individuale ...
Rispondiorazio
circa 6 anni fa - LinkCondivido, gran bel territorio le Jurà e notevoli vini molto espressivi. In tema di correzioni....... il Domaine du Pelican è un progetto del borgognone Marquis d'Angerville a Volnay.
RispondiSalvo
circa 6 anni fa - Linkgrazie per averlo fatto notare, refuso notturno.
RispondiAndrea Giagulli
circa 6 anni fa - LinkVisitata per quattro giorni la scorsa estate a fine agosto. Degni di nota sono anche produttori quali Domaine Labet e Philippe Bornard. I vini sono veramente comunicativi!
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