Barbaresco 1970 di Angelo Gaja: Houston, abbiamo un problema!

Barbaresco 1970 di Angelo Gaja: Houston, abbiamo un problema!

di Daniel Barbagallo

Nel 1970 dalla navicella Apollo 13 partì la più famosa richiesta di aiuto: “Houston, abbiamo un problema!”

Fortunatamente da Cape Canaveral riuscirono in qualche modo a portare a casa gli astronauti e farli ammarare con un’operazione che tenne con il fiato sospeso tutto il mondo. In quello stesso anno in Piemonte si gettavano le basi per una ottima annata; il vino, tranne rarissime eccezioni, era qualcosa di cui ancora non si parlava e tanto meno si scriveva, ma già esistevano pionieri illuminati che avevano ben chiaro il concetto di qualità assoluta in grado di regalarci bottiglie capaci di arrivare in condizioni perfette fino ai giorni nostri.

Oggi mi trovo di fronte ad uno di questi: il Barbaresco 1970 di Angelo Gaja. Le cure e la gentilezza che le ho riservato per l’estrazione del tappo erano simili a quelle che si hanno nell’aiutare un’anziana signora ad attraversare la strada.

Si presenta nello Zalto di colore mattonato molto luminoso. Paprika, cumino e fogliame bagnato mi hanno raggiunto subito mentre ancora lo versavo.

Da piccolo anch’io come molti ho sognato di fare l’astronauta, poi la vita mi ha spinto a rimanere con i piedi ben ancorati a terra. Oggi un po’ mi sento come se fossi anche io in orbita in una galassia sconosciuta.

”Houston, abbiamo un problema!” questo vino dimostra un terzo dei suoi anni.

Naso esplosivo, rosa canina, tabacco da pipa e marasca sotto spirito, una sensazione terrosa di pellame e carruba danno ampiezza al quadro olfattivo in cui ora svetta prepotente del pepe bianco.

“Houston, abbiamo un problema!”. Il liquido a contatto con l’ossigeno non smette di mutare. Una danza di profumi che acquista ritmo in un crescendo che sembra non aver fine. La parte tannica risulta quasi prepotente in un contesto così raffinato. Cinquantuno anni portati con disinvoltura. La materia è perfettamente intatta e in equilibrio con la freschezza. Un vino magistralmente giocato fra finezza e importanza, solido e confortevole, difficile da dimenticare.

A quattro ore dall’apertura il colore si è fatto più carico, quasi rubino, ma a dire il vero è tutto il barbaresco che sta ringiovanendo. Il frutto ora sgomita per un ruolo da protagonista mentre una parte ferrosa ed ematica si fonde con una bellissima nota affumicata. Anche il sorso si fa più compatto e pieno.

Sono senza parole.

La sensazione di tabacco è l’ultima a lasciare la bocca molto lentamente lasciandomi estasiato.

“Houston, abbiamo un problema!”. La bottiglia sta finendo, ne rimangono due bicchieri e decido di aspettare ancora un po’. Voglio vedere che succede a dargli ancora tempo ed apro un bianco di Borgogna giovane. Al cospetto di questa meraviglia risulta incredibilmente affaticante e senza beva; siamo al paradosso totale: un vino di cinquantuno anni più piacevole e con più beva di uno Chardonnay di tre anni.

L’ultimo bicchiere a sei ore dell’apertura fa finire questa giornata in silenzio: nessuno trova parole adeguate per concludere questo pranzo tra amici. L’unico aggettivo che mi viene in mente è monumentale. Sembra venga veramente da un’altro pianeta .
Di vini con tanti anni sulle spalle ne ho bevuti molti ma si contano sulle dita di una mano le volte in cui ho riscontrato questa freschezza e questa golosità ,il tempo sembra averlo attraversato senza segnarlo .

Il viaggio è finito. Sapete che vi dico? Che di problemi così a Houston vorrei comunicarne uno alla settimana.
Atterrato alla Base Spaziale di Modena il Maggiore Daniel Barbagallo si congeda, per prepararsi alla prossima missione.

avatar

Daniel Barbagallo

Classe 1972, di Modena, imprenditore nel tessile. Padre siciliano, madre modenese, nato in Svizzera. Adoro la Borgogna, venero Bordeaux e il mio cane si chiama Barolo. Non potrei mai vivere senza Lambrusco. Prima di dire cosa penso di un vino, mi chiedo cosa pensi lui di me. Ho sempre sete di bellezza.

28 Commenti

avatar

Paolo

circa 3 anni fa - Link

Barbaresco 70 di Gaia è uno dei totem dell'enologia italiana. Esprimo un parere che so essere in assoluta controtendenza: preferivo la Langa dei Barolo e dei Barbaresco, ossia la Langa in cui la mania dei Crus, scimmiottando la Borgogna, non era ancora nata. E mi piacerebbe tanto che a quello si tornasse, ma so chiaramente quanto sia impossibile. L'aumento di appeal, e in conseguenza del prezzo, passa in buona parte dalla narrazione delle immani differenze fra le parcelle (che ritengo in buona parte fuffa, ripeto...unpopular opinioni)

Rispondi
avatar

Daniel Barbagallo

circa 3 anni fa - Link

Ciao Paolo, mi trovi molto allineato in questo tuo commento

Rispondi
avatar

Blablawine

circa 3 anni fa - Link

Ok abbiamo capito che l'autore può permettersi certe bevute. Ma non se ne sentiva la mancanza, basta e avanza vinogodi quando commenta

Rispondi
avatar

Stefano

circa 3 anni fa - Link

Meno male che c'è ancora Mascarello a fare "semplice" Barolo. Non ho idea di quanto costi ora però. Comunque a me piace leggere anche post con vini non umani, che non berrò mai. Bello sognare un po', no? Vorrei avere notizie anche sulla storia di questa bottiglia: da dove arriva? Chi e come l'ha religiosamente conservata?

Rispondi
avatar

Daniel Barbagallo

circa 3 anni fa - Link

Buongiorno Stefano. Queste bottiglie le ha trovate un amico nella cantina del padre erano quattro e immobili da anni ,ed una l’ha condivisa con me, con buona pace di chi ne fa una questione di soldi .

Rispondi
avatar

Paolo

circa 3 anni fa - Link

Due veloci riflessioni: 1. dubito che Barolo e Barbaresco odierni fra 50 anni saranno così in forma (ma non ci sarò più per la controprova) 2. che bella la Langa prima dell'ossessione per il terroir, i crus, i sottocrus (unpopular opinion). E sì lo so che Gaja è stato uno dei primi produttori a spingere in quella direzione. E comunque ancor oggi, io spesso preferisco il su Barbaresco "base" agli altri tre.

Rispondi
avatar

Daniel Barbagallo

circa 3 anni fa - Link

D’accordo con te , Paolo

Rispondi
avatar

vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...io no , sulle riflessioni finali, ma mi complimento per la bevuta e la descrizione , assolutamente fedele con la mia esperienza personale...

Rispondi
avatar

Daniel Barbagallo

circa 3 anni fa - Link

Guarda Marco, questo senza alcun dubbio decisamente un livello sopra i Cru anzianotti da me bevuti. Magari era una bottiglia particolarmente felice. Comunque grazie

Rispondi
avatar

Lanegano

circa 3 anni fa - Link

Gran bella boccia, ti invidio sanamente. Domanda : un amico ha recuperato da bere tra un paio di settimane con una ciccia speciale un Rufina Selvapiana 1970 conservato fino a due mesi fa nella cantina dell'azienda di provenienza fin dalla sua nascita: che probabilità ci sono che possa essere ancora 'in forma'....?!?

Rispondi
avatar

Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Ciao Lanegano, Solo per dirti che l'ho bevuto recentemente. il loro Chianti rufina Riserva 1980. Ha un olfazione con tratti ancora giovanili ma molto sfaccettata. In bocca leggermente diluito e dal finale agrumato. Vino doppio. Almeno a me così è sembrato. Fai sapere.

Rispondi
avatar

Lanegano

circa 3 anni fa - Link

Pardon....1980......

Rispondi
avatar

Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...Daniel, proprio perché nel 1970 è nato Sori Tildin, più volte è stato aperto ed assaggiato proprio con il Barbaresco base della stessa annata per valutarne le differenze o le peculiarità . Tenuto conto che , secondo me, è stata l' annata di ST prima ed inarrivata, la sensazione di forza e carattere è sempre stata appannaggio del Cru. Ciò non toglie che su bottiglie così datate, influenza di conservazione o stato del tappo possa influenzare la qualità dell' assaggiato. Daniel, siamo a due passi uno dall' altro , vediamoci ogni tanto che ci divertiamo, qualche bottiglia dei succitati l' ho ancora in cantinetta...

Rispondi
avatar

Matteo

circa 3 anni fa - Link

E con sommo gaudio e giubilo posso esclamare che: " quel giorno c'ero anch'io" Gaja 1970 fece da apripista a Biondi Santi Riserva 1955... ricordi indelebili e a Huston non fu segnalato problema alcuno :-))

Rispondi
avatar

Vinogodi

circa 3 anni fa - Link

...obbella..nick?

Rispondi
avatar

Mattia Grazioli

circa 3 anni fa - Link

Ne ho sei bottiglie e qualche magnum; se mi vieni a trovare in Oltrepo, qualcosa lo apriamo... Dopo lo sponsored post, creo il voto di scambio post🤣🤣🤣

Rispondi
avatar

Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Guarda vengo io. Pure con la bici di mia figlia

Rispondi
avatar

Daniel Barbagallo

circa 3 anni fa - Link

Passa a caricarmi per favore

Rispondi
avatar

Mattia Grazioli

circa 3 anni fa - Link

Loc. Poggiolo 163 Montù Beccaria. I vini non sono come quelli dello zio Angelo, ma ci si prova...

Rispondi
avatar

Lanegano

circa 3 anni fa - Link

Grazie dell'info sul Rufina.... :)

Rispondi
avatar

Sancho P

circa 3 anni fa - Link

Andata.

Rispondi
avatar

Mattia Grazioli

circa 3 anni fa - Link

Fatemi un fischio e la cantina è a disposizione

Rispondi
avatar

Sergio

circa 3 anni fa - Link

Fate un gruppo whatsapp e continuate a parlarne lì

Rispondi
avatar

Gurit

circa 3 anni fa - Link

Illuminatemi: sento sempre dire che in Langa è cambiato il modo di fare vino rispetto al passato, ma non sento mai dire che sia cambiato il modo di fare l'uva. Eppure è scritto pure sui muri che "il buon vino si fa in vigna". Davvero, non riesco a comprendere, eruditemi.

Rispondi
avatar

Littlewood

circa 3 anni fa - Link

E' cambiato il clima quindi l' uva....quei vini avevano un' acidita' all' uscita da renderli quasi imbevibili...il tempo li ha modellati ma erano pensati anche x una clientela d' elite molto ristretta e pensati x durare nel tempo...ora si cercano vini piu' pronti siamo nell' epoca del qui e subito...

Rispondi
avatar

Gianpietro vaglini

circa 3 anni fa - Link

Dopo l'articolo del cementificatore di Langa egocentrico è già il secondo articolo di stima, è girato il vento

Rispondi
avatar

Marco Crisciotti

circa 2 anni fa - Link

Mio padre se n'è andato esattamente due anni fa. Aveva una cantina incredibile, che in gran parte gli è sopravvissuta. Ieri abbiamo brindato in suo onore con lo stesso vino: Barbaresco Gaja del 1970, bottiglia n. tremitrecento e rotti, per l'enoteca Trimani. Mi sono ritrovato perfettamente con la descrizione del vino, mi manca la parte delle sei ore dall'apertura, perché è finito molto prima. :D Grazie per il bellissimo articolo.

Rispondi
avatar

Marco Crisciotti

circa 2 anni fa - Link

Specifico meglio: trattavasi di un Sorì Tildin.

Rispondi

Commenta

Rispondi a Littlewood or Cancella Risposta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.