Ballottaggi 2016: le interviste impossibili di Intravino ai candidati sindaci

Ballottaggi 2016: le interviste impossibili di Intravino ai candidati sindaci

di Pietro Stara

Abbiamo posto alcune domande in chiave vinosa ai candidati sindaci delle principali città italiane. O, perlomeno, le abbiamo immaginate.

Quando sarà pronto il vostro programma sul vino? Ci può anticipare alcuni dei temi alcolici che sicuramente saranno in cima all’agenda vostro partito se dovesse essere scelto per la guida di TORINO?

Piero Fassino (PD): “Noi non abbiamo bisogno di inventare un vino. Il Barbaresco di domani che piace ai cittadini ha radici nel lavoro di questi cinque anni”. E prosegue: “Il Barbaresco non è un taxi su cui chiunque può salire. Se Gaja vuole fare vino fondi una cantina. Metta in piedi un’organizzazione, si presenti al Vinitaly e vediamo quanto vino vende.”

Chiara Appendino (M5s): “La stesura di un programma per bere bene in una città complessa come Torino è stato un impegnativo percorso iniziato a settembre di quest’anno. Abbiamo deciso di affidare a 17 gruppi di lavoro divisi per aree tematiche la compilazione di una scheda di degustazione nella quale si chiedeva di evidenziare in primo luogo i tannini da legno, poi le botti di più ampio respiro e poi i tappi a vite di buon governo. Non si tratta di un ‘tecnicismo’ ma di coinvolgere tutti. Infatti i gruppi erano aperti a tutti i cittadini che avessero delle buone pance, per ripensare la Torino alcolica del futuro.”

Ci può anticipare alcuni dei temi alcolici che sicuramente saranno in cima all’agenda vostro partito se dovesse essere scelto per la guida di ROMA?

Roberto Giachetti (PD): “Abbiamo pochi giorni per convincere i romani che sarò un alcolizzato all’altezza della sfida a cui è chiamato chi deve governare Roma. Da oggi non ci sono più le polemiche, le organizzazioni di Sommellerie, i numeri in centesimi. Adesso dobbiamo scegliere di consegnare il destino della nostre bevute a una persona, la più avvinazzata, la più etilista. Io metto a disposizione la mia storia, la mia dieta, il mio vino dei Castelli. Perché, per cambiare una città, non basta un brindisi: devi saperlo fare.”

Virginia Raggi (M5s): “I punti principali del programma ce li hanno suggeriti i romani. In cima metterei il Cesanese del Piglio, trasparenza e lotta ai tappi di silicone, gestione del sughero. Per quanto riguarda il primo, vogliamo andare verso una città che privilegi i vini a Km zero e a impatto zero con un sistema che, via via, scoraggi l’utilizzo dei vini piemontesi e toscani. Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo estendere in modo capillare i bag in box, soprattutto nelle periferie, puntare sui distributori automatici della malvasia puntinata. Vogliamo consolidare l’esistente rendendo Roma sempre più ganza e giovane.”

MILANO Il momento più difficile della campagna vinosa?

Giuseppe Sala detto Beppe (PD): “Beh, non è stato facile digerire continui chiaretti del Garda, sempre strumentali: non ero abituato a essere a capotavola, ma ho dovuto farlo in fretta.” Da dove si parte? “Dall’unità delle osterie e delle tavole calde per battere i ristoranti stellati. Dal punto di vista programmatico, invece, voglio impostare dei piani di bevibilità quartiere per quartiere da realizzare nei 5 anni di mandato. E pensare prioritariamente al Capriano del Colle Trebbiano frizzante e al Colli Morenici Mantovani del Garda rosso. O rosato. Meglio rosato. Lei che dice?”

Stefani Parisi (centrodestra): «Io credo che il vinaio nuovo, il vinaio del futuro, debba saper coniugare la dimensione del manager e la capacità di fare valutazioni di carattere sociale, perché le sue decisioni investono l’ambito della vita dei bevitori, e i soldi sono di mia cugina».

È un concetto cruciale per Parisi: «Io da vinaio-manager non voglio affatto rappresentare l’anti-vino. Quello che voglio realizzare è un nuovo venditore di e-commerce, che deve saper prendere decisioni. Per il vinaio che nasce vinaio non contano i risultati, conta soprattutto l’effetto di immagine, la propaganda immediata e le donne carine che passano nel tuo negozio.”

NAPOLI. Quali sono i punti vinosi della città da preservare e su cui puntare anche in futuro?

Luigi de Magistris (Liste civiche – Sinistra…): “Tra i punti di forza ci sono sicuramente le motivazioni dei napoletani. Abbiamo dato Vesuvio Lacryma Christi rosato ad un popolo che era depresso moralmente e culturalmente. Credo ora ci sia un’energia calorica che io da napoletano non avevo mai visto. E poi quella del Lungomare liberato è stata sicuramente una grande intuizione, perché il Lungomare ce lo ricordavamo come un luogo in cui si beveva solo croatina dell’Oltrepò Pavese, soprattutto quella di seconda mano. Oggi, invece, è attraversato da decine e decine di migliaia di bottiglie di Penisola Sorrentina rosso frizzante naturale al giorno. Chiaramente ci sono stati anche degli effetti collaterali negativi, dovuti soprattutto all’imprevedibile, dal punto di vista politico, crollo della Riviera di Chiaia: tutte quelle bolle contemporaneamente erano ingestibili.”

Cosa ci dice del programma vinoso per Napoli, lei che si è definito imprenditore scugnizzo?

Giovanni “Gianni” Lettieri (Forza Italia): “Da ragazzo, ero proprio uno scugnizzo. Poi mia moglie Maria e l’Asprinio di Aversa spumante mi hanno messo letteralmente a posto.”
Perché ha deciso di ricandidarsi a sindaco di Napoli?
“Guardi premetto subito che cinque anni fa, quando persi per una manciata di bottiglie di Per ‘e palummo, sono rimasto in consiglio comunale a bere solo quel vino, rifiutando altri vini o prosecchi col fondo. Gli altri pensano alle prossime elezioni; io penso ad amministrare Napoli e basta e, le dirò di più a costo zero perché darò il mio vino alle famiglie bisognose. Sarò il sommelier di ogni quartiere e risponderò ai bisogni di tutti. Pensi che a Napoli abbiamo seimila seicentosessantasei organizzazioni professionali di degustatori, un esercito di camerieri e di pizzaioli che ogni anno se ne vanno!”

avatar

Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

Nessun Commento

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.