Autoctono (del mondo) Mon Amour

Autoctono (del mondo) Mon Amour

di Nicola Cereda

La vita è più interessante se puoi concederti vini buoni a piacimento senza mettere a repentaglio salute e finanze. Coltivare una passione commisurata alle proprie possibilità economiche potrebbe apparire castrante. In realtà alimenta sogni, desideri e infine progetti. La mia passione da sempre si chiama autoctono.

Dopo ottomila anni di fermentazioni non è così ovvio definire senza appello quali vitigni siano originari e univocamente rappresentativi di un determinato luogo. E’ ragionevole ritenere autoctono un vitigno la cui zona di origine coincide con quella di produzione. Sembra che l’Italia, forte dei suoi 545 vitigni autorizzati alla vinificazione (fonte di parte), sia il paese col maggior numero di varietà che rientrano in questa categoria.

Detto che l’uva più coltivata al mondo è da tavola, si trova in Cina e si chiama Kyoho, il patrimonio ampelografico globale è talmente ricco e variegato (circa 6 mila varietà d’uva da vino – fonte incerta) che potremmo farci parecchi giri del mondo virtuali assaggiando vini più o meno rari ottenuti da uve che per qualche motivo sono sopravvissute a sconvolgimenti politici e climatici rimanendo confinate entro aree geografiche specifiche. Insomma, l’Italia è al vertice della piramide ma fuori dai nostri confini non è solo un oceano di Cabernet Sauvignon, Merlot e Chardonnay come potremmo essere portati a pensare.

Durante la chiusura forzata, oltre a dare fondo alle scorte in cantina, ho colto l’opportunità di raggiungere con la fantasia luoghi e territori lontani, acquistando in rete bottiglie che non avrei potuto recuperare in altro modo, coniugando il desiderio di fuga, il fascino dell’esotico e la passione per l’autoctono. Ecco le soste più interessanti toccate lungo questo viaggio geoniricoetilista.       

GEORGIA, Kvareli Rosso 2013 (100% Saperavi) Koncho & Co
Dopo aver passato buona parte degli anni novanta alla ricerca infruttuosa della Georgia tra i  padiglioni del Vinitaly e appreso che da quelle parti non tutto il vino è fatto nei qvevri (le mitologiche anfore interrate), eccomi a tentare la sorte con l’e-commerce. Mi affido alla zona più rinomata (Kakheti), al vitigno più noto tra i 525 autoctoni registrati (il Saperavi) e alla soluzione meno dolorosa per il portafogli (no qvevri).

Il sito internet della Koncho & Co non è incoraggiante per chi è alla ricerca di vini artigianali ma mi lascio convincere dalla strategia aziendale: “trovare e coltivare varietà di viti autoctone georgiane estinte e in via di estinzione e produrre vini esclusivi da uve raccolte in tali vigneti”. Wikipedia avverte che Kakheti in italiano diventa Cachezia e che la municipalità di Kvareli (dove si trova la cantina) confina col Daghestan, repubblica della federazione russa abitata da popolazioni da nomi inquietanti quali Avari e Nogai. Elio e Le Storie Tese sogghignano dietro l’angolo. Il vino al contrario è serissimo, scuro, quasi nero, torbido e impenetrabile. A otto anni dalla vendemmia prevalgono gli aromi terziari: tabacco e cuoio, la nota affumicata che sovrasta il frutto maturo (prugna e mirtillo) nonché la fine speziatura dovuta (forse) al passaggio di 12 mesi in legno.

In bocca è secco, austero, strutturato, importante, con tannino levigato e un finale lungo di liquirizia. Manca giusto di quel pizzico di acidità che avrebbe fornito maggiore slancio in chiusura. Bottiglia pagata (in offerta) 16 euro; per la Georgia tradizionale, quella della vinificazione in qvevri, bisogna spendere almeno il doppio, ma se è vero che non è il contenitore a fare il vino…Ci abbinerei uno stinco allo spiedo e la “Cunesiùn del pulpacc” che per un non meneghino equivale a decifrare le scritte mkhedruli dell’etichetta.             

FRANCIA, Fronton AOP “Confidence” 2018 (100% Négrette) Domaine G.Sica
Una gustosa bottiglia di “Perle Noir” 2017 di Château Baudare mi ha aperto gli occhi sull’AOP (Appellation d’Origine Protégée) Fronton, piccola denominazione del sud-ovest della Francia alle porte di Tolosa che fa dell’uva Négrette la protagonista indiscussa. E’ così che sono arrivato a scoprire il sorprendente “Confidence”, rosso prodotto dal consorzio G.Sica (5 produttori consociati), che nell’annata 2018 ha conquistato 3 stelle e il fatidico Coup de Coeur della Guide Hachette.

Pare che quest’uva sia cugina della Grenache e nel bicchiere in effetti ne ricorda il frutto rotondo. L’aspetto più originale sta nello spettro aromatico che con la vinificazione si esprime in dolci rimandi floreali di violetta e geranio. Immaginate una via di mezzo tra un Ruchè e un Lacrima di Morro d’Alba, con more, mirtilli, un giro di pepe e un pizzico di liquirizia. Gioia on-line per soli 10 euro. Un Coloriage che macchia anima e denti e non li lascia più.    

FRANCIA, IGP Côtes de Gascogne Haut Marin N°6 “Les Fossiles” 2019 (Colombard, Sauvignon, Gros Manseng) Domaine Ménard & Haut Marin
I cosiddetti Cognac antichi, quelli distillati fino a settant’anni fa (così come gli Armagnac) erano prodotti partendo da uve Folle Blanche e Colombard. La coltivazione di quest’ultima credevo fosse ormai confinata a pochi ettari di Guascogna. E’ ciò che mi ha spinto a ordinare un cartone di “Les Fossiles”, assieme al suo prezzo irrisorio (6 euro) e le tre stelle più Coup de Coer della Guide Hachette.

Scoprire che il Colombard è oggi il secondo vitigno per estensione in Sudafrica (fonte OIV), mi ha fatto male. Come non bastasse, il guascone è emigrato con profitto anche in California ed Australia. Quindi autoctono solo nella mia profonda ignoranza. Ho comunque deciso di riferirne per due motivi: in primo luogo il Colombard è originario dell’attuale dipartimento di Gers (l’antica Contea d’Armagnac), dove è situato il Domaine Ménard, e poi per il semplice fatto che a questo prezzo credo sia impossibile trovare un bianco più piacevole.

Freschezza, fragranza aromatica di agrumi, pesche, salvia, foglia di pomodoro. Acidità equilibrata, tenore alcolico relativo (11,5 gradi), tanto sale e un bel finale citrino che chiede a gran voce frutti di mare, asparagi o se preferite formaggi freschi. E’ tornata l’estate! “Voilà l’été, j’aperçois le soleil, les nuages filent et le ciel s’éclaircit […] Les filles sont belles et les dieux sont ravis […] Voilà l’été, enfin l’été, toujours l’été, encore l’été”.   

ALBANIA, Shesh i Zi 2007 (Shesh i Zi 100%) Çobo Winery
Çobo Winery, una delle aziende più note in Albania, resta essenzialmente una realtà a conduzione famigliare. Muharrem Çobo (si pronuncia Ciobo) ha studiato giurisprudenza a Trento e fatto esperienza in Italia prima di rientrare a gestire l’azienda col fratello. Il padre Enis Ramadan Çobo, viticoltore da sempre, ai tempi della dittatura comunista subì l’espropriazione di casa e terre (in favore della cooperativa sociale) e il trasferimento a parecchi chilometri di distanza.

“Non immaginavo che avrei visto il giorno in cui il regime sarebbe caduto. Era un’idea impossibile. Ancora adesso quando torno nella terra della mia infanzia mi commuovo fino alle lacrime. Mi mancano le mie radici, il mio passato”. Oggi l’intera famiglia risiede nella campagna alle porte di Berat, la cosiddetta città delle mille finestre, dove sorge la moderna, pulitissima cantina edificata nel rispetto dei canoni estetici dell’architettura tradizionale locale.

La mia bottiglia, acquistata in loco per pochi euro e dimenticata undici anni in cantina, è una spremuta di “Shesh i Zi” vitigno a bacca rossa tipico del sud del paese (al nord invece prevale l’intrigante Kallmet), fermentato in acciaio e affinato brevemente in botte nuova. Un vino base che paga lo scotto di troppi anni sulle spalle e dell’annata caldissima ma che riesce ancora a regalarmi una bevuta sentimentale che si gonfia di ricordi che non sai. Andate da Çobo a metà settembre, durante la vendemmia e mi ringrazierete. Tre bicchieri e mi ritrovo di nuovo là in mezzo: le percussioni invitano alla danza, il clarino canta, incanta, ipnotizza. Che la festa abbia inizio! “Hape hape dasmen oh!         

FRANCIA, Marcillac AOP “Lo Sang Del Païs” 2018 (Fer Servadou 100%) Domaine du Cros
Il Domaine du Cros si trova a Goutrens, un paesino di 488 anime al limite nord dell’Occitania. E’ qui, poco sopra la cittadina di Rodez che si producono i vini rossi della piccola denominazione Marcillac, forte del suo vitigno bandiera, lo sconosciutissimo (almeno da noi) Fer Servadou altrimenti detto Mansois. I vigneti sono posti su terrazzamenti detti rougiers per via del colore rosso del terreno ricco di ossido di ferro.

Ottenuto da piante con età media di 25 anni, tocca solo acciaio fino all’imbottigliamento e la commercializzazione che avviene l’anno successivo alla vendemmia. Un vino da godere giovane, senza troppe cerimonie, magari servito un paio di gradi più fresco di quanto non si farebbe per un altro rosso qualsiasi. Faccio un distinguo: Lo Sang Del Païs 2018 è espressivo, gioviale e conquista fin dal primo sorso, il fratello dell’annata successiva è invece timido e introverso anche a distanza di ore dall’apertura. Occitano per occitano, stapperò la prossima bottiglia al ritmo di un disco dei Lou Dalfin per vedere l’effetto che fa. Prezzo sotto i 10 euro.

FRANCIA, Vin de France “Natürlich” 2020 (90% Folle Blanche, 10% Pinot Noir) Domaine Landron Chartier
Grazie all’amico Giuseppe Bertini della Vineria Eretica mi ritrovo nel bicchiere questo vino rosa frizzante della Loira, ahimè, non distribuito in Italia. Il Domaine Landron Chartier è una piccola azienda biologica a metà strada fra Nantes e Angers che produce un numero limitato di bottiglie a base di Melon de Bourgogne, Pinot Gris e Gamay.

Questo frizzante ancestrale (con tappo a corona) ottenuto da singola fermentazione spontanea terminata direttamente in bottiglia, è prodotto con Folle Blanche e quel tanto di Pinot Noir essenziale a determinarne la pallida colorazione rosa. La Folle Blanche, localmente chiamata anche Gros Plant, veniva dedicata principalmente alla produzione dell’Armagnac ma è oggi ovunque in via di abbandono.

Sorso scarno, affilato, dinamico. Acidità poderosa, bollicina fine, sale, fruttino irresistibile che mi spedisce dritto tra i ribes e i lamponi dell’orto di papà. Una bottiglia memorabile da 10,5 gradi alcolici che finisce troppo in fretta. Una scossa elettrica che ti porta via con la vecchia mamma di Reagan e la banda delle Femmine Violente.       

SPAGNA, Ancestral 2018 (Sumoll 100%) Can Sumoi di Pepe Raventós
Avevamo lasciato nel 2013 Pepe Raventós impegnato nel suo progetto “Raventós i Blanc” in ambiziosa contrapposizione alla DO Cava, con la produzione di bollicine a base di vitigni dimenticati e il passaggio alla biodinamica. Poi nel 2017 a Raw Wine coinvolto da capo a piedi nella piccola realtà di Mas del Serral. Ora lo ritroviamo alla guida di Can Sumoi, azienda di vini naturali che conta una produzione annua non proprio trascurabile (200 mila bottiglie).

Se non si tratta di omonimia, quest’uomo è un vulcano di idee.

Pepe ha il vino nel sangue, non servono le analisi di laboratorio, in quanto discendente (alla ventunesima generazione) di quel Josep Raventós Fatjó già documentato produttore di vino nel 1497. Can Sumoi è una fattoria biodinamica situata a 600 metri sul livello del mare, con varietà locali e terreni unici nel cuore della regione del Penedés, terrazza su Tarragona e Barcellona. 20 ettari di vigneto coltivato a Parellada e Sumoll e 380 ettari di bosco. Ho trovato in rete a poco più di 10 euro il suo ancestrale da Sumoll in purezza e non me lo sono lasciato sfuggire. Dell’uva Sumoll ci ho capito poco a parte il fatto che è a bacca rossa.

Qualche entusiasta l’ha definita il Pinot Nero del mediterraneo, ma i tannini lo avvicinerebbero più al Nebbiolo. Sembra dare ottimi risultati nella produzioni di vino dolce da appassimento ma la spiccata acidità lo rende adatto anche alla spumantizzazione. Il vitigno era quasi sparito, vent’anni fa ne rimanevano solo 250 ettari. Poi il recupero grazie a progetti specifici che hanno permesso di salvarlo dall’oblio. Com’è questo ancestrale? L’uva proviene da un vigneto vecchio 50 anni trattato in biodinamica. La macerazione, pur breve, regala un colore chiarissimo di buccia di cipolla.

La fermentazione termina direttamente in bottiglia, senza aggiunte di alcun tipo ma il vino subisce degorgement (con rabbocco con lo stesso liquido) per cui non c’è traccia di lieviti sul fondo. Naso da Blanc de Noirs e bocca altrettanto complessa in soli 10,5 gradi alcolici. Alla cieca avrei sentenziato che il dosaggio è importante, prendendo una clamorosa cantonata. La bolla è discreta, quasi evanescente. L’acidità, nonostante un ph molto basso, è ben integrata. La soddisfazione garantita con un piatto di linguine bottarga e zenzero. Il mondo può andarsene a rotoli. “Todo este sábado me lo voy a pasar / Privando en mi casa hasta reventar / Ya estoy harto no quiero salir más / Siempre lo mismo, mierda de ciudad”.     

SPAGNA, Tinc Set Ancestral 2019 (Xarel-lo, Parellada) Mas Candì di Ramon Jané
Ancora Spagna, Catalunya, Penedès. Si obietterà che Xarel-lo e Parellada sono gli ingredienti base (assieme al Macabeo) del diffusissimo Cava. E’ pur vero che questi due vitigni non sono mai usciti dal loro luogo di origine ed elezione. E poi il Tinc Set non è un Cava qualsiasi ma un ancestrale sopraffino. Da un’idea di Ramon Jané per il collettivo Mas Candì, 4 amici agronomi ed enologi che hanno deciso mettere a fattor comune le loro risorse per realizzare vini naturali dai rispettivi vigneti di famiglia (18 ettari in totale).

Il Tinc Set è un bianco frizzante da singola fermentazione spontanea, biologico certificato (e biodinamico non certificato), senza solfiti aggiunti, senza nessuna chiarifica o filtrazione. Lo zucchero residuo è minore di un grammo/litro. Sorso secco e appagante, carbonica cremosa, finissima ma ben presente, finale lungo preciso e calibrato. Ritmo, ritmo, ritmo. Bella sorpresa a poco più di 10 euro. Un biglietto in prima classe sul Daybreak Express.       

Veneto IGT Rosato “Rosavìa” 2019 (Corbinona 100%) Siemàn
Eccoci di nuovo a casa. Del Rosavìa dei fratelli Filippini avevo già scritto non troppo tempo fa, dopo l’incontro con una folgorante bottiglia, dono di un’amica galeotta. Nel frattempo ne ho consumata un’altra mezza dozzina con lo stesso entusiasmo della prima volta. Repetita iuvant.

L’azienda biologica Sieman credo sia l’unica in assoluto a vinificare in purezza la Corbinona, uva autoctona dei Colli Berici che non è parente della Corvina Veronese e nemmeno della Corbina (o Corbinella) pur originaria della stessa zona. La scelta della lavorazione in rosa è ulteriore motivo di stima e interesse. Fermentazione spontanea in legno, macerazione di circa quattro ore, affinamento di 6 mesi in damigiana. Imbottigliamento senza filtrazione né aggiunta di solfiti. Buono, raro e per questo un pochino caro. Attorno ai 20 euro la bottiglia. Metto un disco ugualmente rosa che sussurra confidenziale: “corriamo sopra un filo, una stagione, un’inquietudine sottile”…

Vai vai” perché mai fermarsi qui? Sono arrivato a nove bottiglie, me ne manca una per fare cifra tonda…o tre per riempire un cartone … “E voi cosa volete? Di che cosa vi fate? Dov’è la vostra pena, qual è il vostro problema?

Playlist

ELIO E LE STORIE TESE “La cunesiùn del pulpacc”

GALLIANO & MIRABASSI “Beritzwaltz”

LES NEGRESSES VERTES “Voilà l’été”

PERLAT PASHAJ “Gjemojne kenget vallet o”

LOU DALFIN “Aisou”

VIOLENT FEMMES “Old mother Reagan”

KORTATU “Mierda de ciudad”

DUKE ELLINGTON & HIS ORCHESTRA “Daybreak Express”

VINICIO CAPOSSELA “Non è l’amore che va via”

CCCP “Valium, Tavor, Serenase”

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Nicola Cereda

Brianzolo. Cantante e chitarrista dei Circo Fantasma col blues nell'anima, il jazz nel cervello, il rock'n'roll nel cuore, il folk nella memoria e il punk nelle mani. Co-fondatore di Ex-New Centro di arte contemporanea. Project Manager presso una multinazionale di telecomunicazioni. Runner per non morire. Bevo vino con la passione dell’autodidatta e senza un preciso scopo. Ne scrivo per non dimenticare e per liberarmi dai fantasmi delle bottiglie vuote.

12 Commenti

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Simone Di Vito

circa 2 anni fa - Link

Grande Nic e come sempre grande pezzo...

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Stefano

circa 2 anni fa - Link

Guarda, già sono arrabbiato perché pensavo che Hautes Marines n. 6 fosse una scoperta mia, poi vedo che oltre a te lo recensisce anche Doctor Wine! (il Sauvignon mi pare si senta però più del 20% dichiarato). Restiamo in Francia a prezzi umanissimi: conosci la Mondeuse della Savoia? e valgono i vitigni della valle del Rodano, Syrah escluso? perché avrei un rosé campione del mondo...

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Mondeuse? Ho bevuto un buon "Sous les cedres" del Domaine Château de la Violette. L'avrei messo in lista ma c'era già troppa Francia e poi l'aveva già segnalato Angelo Peretti sul suo blog. Della Savoia mi aspettano in cantina anche due bianchi 100% Altesse e Jacquére. Il rosa del rodano mi manca e m'intriga ...

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Stefano

circa 2 anni fa - Link

... mi sa che frequentiamo lo stesso sito di vendita online di vini francesi; forse anche con gli stessi filtri di ricerca! (Nel mio caso: prezzo crescente e ** Guide Hachette), Il rosato a cui alludevo l'ho però scoperto sur place: a Tavel e a Lirac. In particolare Tavel è l'unica AOC francese che preveda solo la tipologia rosé (mentre Lirac ha anche ottimi rossi e bianchi). Lo produce anche Guigal, ma il più buono che abbia mai assaggiato è del Domaine de la Mordorée, Cuvée la Dame rousse 2018: Grenache 60 % Cinsault 10% Syrah 10 % Mourvèdre 10% Clairette 5% Bourboulenc 5%. Il Domaine ha anche una storia particolare alle spalle, per cui gli faccio volentieri pubblicità; non è importato in Italia, ma si trova facilmente online tra i 17 e i 20 euro. Davvero da provare secondo me.

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Tavel Domaine de la Mordorée... mi sa che abbiamo lo stesso suggeritore :-) purtroppo mai trovato in giro. Grazie comunque, ora riprovo a googlare ;-)

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Trovato e tracannato il 2019: gran vino! Grazie :-)

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

I Kortatu....che nostalgia.... Vidi anche i Negu Gorriak a Milano nel 1993.... Ricordi da anziani. Stefano, il rosato campione del mondo ?!?

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Nic Marsél

circa 2 anni fa - Link

Non sapevo dei Negu Gorriak a Milano :-( Però ho visto Fermin Muguruza. A Irun (suo paese natale) ho seppellito una bottiglia di ... prima o poi ne scriverò ;-)

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Lanegano

circa 2 anni fa - Link

Visti al vecchio Leoncavallo in via Leoncavallo con Banda Bassotti gruppo spalla. Due ore di concerto letteralmente tellurico con Fermin che saltava come un canguro facendo arti marziali sul palco. Indimenticabile. Posso sbagliare l'anno, forse era '94...

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domenico

circa 2 anni fa - Link

Grandissimo articolo. uno dei migliori. Grazie Nicola. Confermo che gli ancestrali catalani sono una vera chicca.

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Giuseppe

circa 2 anni fa - Link

Articolo lungo e articolato ma sempre scorrevole e interessante, letto d'un fiato e mi sa che adesso me lo rileggo con calma e mi segno qualche spunto, grande Nic! Ciao a tutti

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Massimiliano

circa 2 anni fa - Link

Mi accodo con piacere agli estimatori di Domaine de la Mordorée, bevuto qualche settimana fa il loro "La reine des bois", rosato meraviglioso, intenso e di grande goduria!

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