Assaggi sparsi dal Festival della Franciacorta a Bologna

Assaggi sparsi dal Festival della Franciacorta a Bologna

di Alberto Muscolino

Dopo la seleção di bollicine brasiliane (qui) e il viaggio tra i fasti della Belle Époque (qui) ritorniamo a nord del Po, per parlare della Franca Contea o Franciacorta, per i più sgamati. L’occasione si presenta all’evento bolognese, promosso dal consorzio di tutela, che ha messo insieme una quarantina di produttori, sotto il cappello del #FestivalFranciacorta.

Una panoramica abbastanza completa su una denominazione che accende gli animi e forma schieramenti contrapposti: detrattori vs. sostenitori, millantatori vs. diffamatori. Uno dei punti principali, venuti fuori al seminario di approfondimento, è stato l’onnipresente paragone con lo Champagne che sembrerebbe rappresentare, nella percezione del consumatore italiano, la scelta più logica e automatica, quando si va su certe cifre. È chiaramente una questione di immaginario collettivo, che i francesi hanno costruito nel corso di 300 anni: l’associazione “celebrazione/Champagne” è stata instillata nella nostra corteccia cerebrale a suon di letteratura, cinema, sport, televisione e non è facile rimpiazzare una formula tanto riuscita. Inutile, quindi, entrare nella bagarre in questa occasione, veniamo in pace e focalizziamoci sulla Franciacorta: DOCG dal 1995, 2.900 ettari vitati su 19 comuni a sud/sud-est del Lago di Iseo, circa 18 milioni di bottiglie prodotte all’anno, di cui solo l’11% esportate all’estero (addirittura circa la metà delle bottiglie non esce fuori dalla provincia di Brescia).

I suoli hanno origine morenica, generati dal ritiro del ghiacciaio delle Alpi Retiche, questo significa grande ricchezza di minerali che restituisce alle basi di pinot nero, chardonnay e pinot bianco buona complessità, struttura ed equilibrato apporto di acidità e sapidità. Non serve cercare i picchi organolettici della Champagne, fatti di sferzanti acidità e inesauribili mineralità gessose, qui si esaltano, per così dire, gli angoli smussati, le fresature, le finiture (con le dovute eccezioni, naturalmente). L’importante è stare sul pezzo e non cedere troppo alle lusinghe al ribasso del mercato, perché il consumatore diventa sempre più eno-stronzo, conosce di più e perdona di meno…

Con questi buoni propositi mi tuffo nella grande sala affrescata di Palazzo Re Enzo per dar fuoco alle polveri.

Schermata 2018-03-29 alle 19.32.53

Le Marchesine Franciacorta Rosé 2013
50% pinot nero, 50% chardonnay – 36 mesi sui lieviti – 21 g/l di residuo zuccherino
Delicato e ovattato al naso, con piccoli frutti rossi, fieno e una nota di dattero. In bocca è equilibrato, di facile beva, fin troppo garbato, se non fosse per la chiusura finale leggermente amarognola di ribes che stuzzica un po’ il palato.

Barone Pizzini Franciacorta Satèn Edizione 2014
100% chardonnay – 36 mesi sui lieviti – 6 g/l di residuo zuccherino
Mi aspettavo una bolla cremosa, avvolgente e accomodante e l’ho trovata invece tesa, piacevolmente scattante anche se delicata nell’effervescenza. Non sono un amante del genere, ma devo ammettere che la freschezza, unitamente al basso residuo zuccherino e agli eleganti sentori tostati e agrumati, creano un mix molto cool.

Lantieri de Paratico Franciacorta Riserva Dosaggio Zero Origines 2011
75% chardonnay, 25% pinot nero – 60 mesi sui lieviti – 1,5 g/l di residuo zuccherino
Al naso offre diversi spunti che vanno dal fieno al tostato, dall’agrumato alla frutta secca, dalle note ossidative al metallico. In bocca ha una bella nervatura acida, viva e decisa che punta su un affondo decisamente verticale. In chiusura si avverte un piacevole retrogusto di marmellata di arance amare.

Mosnel Extra Brut EBB 2013
100% chardonnay – 36 mesi sui lieviti – residuo zuccherino non dichiarato.
Al naso è complesso con note fruttate di pesca, agrumate di pompelmo, pasticceria, lieviti e leggera vaniglia. In bocca la bolla è elegante, ha spessore e rotondità che vanno a nozze con la progressione sapida e il ritorno finale agrumato.

Faccoli Franciacorta Extra Brut s.a.
60% chardonnay, 20% pinot bianco, 20% pinot nero – almeno 20 mesi sui lieviti – 1 g/l di residuo zuccherino
Ha un naso fresco, pungente, inaspettato di zeste di lime ed erba tagliata, poi viene fuori la crosta di pane e la mineralità di pietra bagnata. Bocca rigorosa, senza sbavature, dritta come una lama. È energico e finisce sapido e dissetante.

Ca’ del Bosco Franciacorta Anna Maria Clementi 2008
55% chardonnay, pinot bianco 25%, pinot nero 20% – 96 mesi sui lieviti – 6 g/l di residuo zuccherino.
Costruzione maniacale, tecnologia all’ultimo grido e grande charme per un’etichetta che aspira sempre a essere testa di serie. In effetti questa cuvée ha un bouquet complesso e sfaccettato: sentori tostati che virano sull’affumicatura lieve, pasticceria e agrumato, mineralità di pietra bagnata, miele e note ossidative. In bocca è altrettanto ricco, cremoso, di grande struttura e persistenza, con piacevole finale sapido. Esecuzione magistrale e tecnica perfetta, come si suol dire, ma manca ancora, in questa 2008, quel guizzo che squarci l’intelaiatura, spacchi la matrice e resti scolpito nella memoria.

avatar

Alberto Muscolino

Classe '86, di origini sicule dell’entroterra, dove il mare non c’è, le montagne sono alte più di mille metri e dio solo sa come sono fatte le strade. Emigrato a Bologna ho fatto tutto ciò che andava fatto (negli anni Ottanta però!): teatro, canto, semiotica, vino, un paio di corsi al DAMS, vino, incontrare Umberto Eco, vino, lavoro, vino. Dato il numero di occorrenze della parola “vino” alla fine ho deciso di diventare sommelier.

Nessun Commento

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.