Arrogant Sour Festival 2017 | Tanti assaggi pescati tra il meglio delle birre acide mondiali

Arrogant Sour Festival 2017 | Tanti assaggi pescati tra il meglio delle birre acide mondiali

di Thomas Pennazzi

Domenica di ponte, e forse per questo meno gente di altri anni all’Arrogant Sour Festival nel Chiostro della Ghiara di Reggio Emilia; anche la musica era meno invadente, come il caldo, per fortuna. Clima perfetto per apprezzare il mondo acido delle birre in questa importante rassegna, un unicum in Italia.

Creatività alle stelle come sempre: il birrozzo biondo da spiaggia qui è distante una galassia, se avete in mente quello sputerete queste birre al primo sorso. Tanti i Paesi rappresentati, ed il mostruoso ed affollato banco da 60 spine a rotazione a fare da protagonista.

Mai come nelle birre acide si ha la sensazione che ogni contaminazione è permessa: siamo al confine tra birra e vino, la fermentazione spontanea e/o la rifermentazione in bottiglia fanno da trait d’union tra i due mondi, così come l’impiego frequente di mosti di vino e di frutti per le co-fermentazioni. Il bianco ed il nero si dissolvono, ed arriva un momento in cui potreste non capire cosa state bevendo.

Il mondo affascinante dei lambic è stato sintetizzato mirabilmente dal più grande scrittore contemporaneo di birra, il cui pensiero vi riporto. Non è difficile traslare le sue parole in campo enoico, e domandarsi se il successo dei vini cosiddetti naturali non abbia le stesse motivazioni: non stento a crederlo, ma lascio a voi lettori lambiccarvi il cervello.

Wild microflora create much more vivid aromas than cultured yeasts; it is this untamed quality that makes lambics the most challenging and exciting of beers. They are the most Belgian of beers, and the world’s most unusual; and the most uninhibitedly natural. They are neither strong nor aggressive, but they have a lean, firm wineyness that can shock at first sip, and seduce to the point of obsession anyone who truly loves sensory exploration. Wildness is by definition exciting. Wild beer is live music vs. recorded sound. Spontaneous fermentation erupts, bubbles and blows like an improvised solo; a Django Reinhardt riff, a taste of Toots Thielemans; and much much more. It’s bebop vs. baroque.

[Michael Jackson]

Giusto il tempo di sedermi con i miei amici birrofili all’ombra delle piante del chiostro, una Framboise tra le dita, ovviamente, ed ecco arrivare Jean van Roy (Brasserie Cantillon) con il figlio Florian, che si ferma al nostro tavolo per un saluto e due chiacchiere. Lo seguiremo presto al bancone per farci consigliare un assaggio. Tornati, passa da noi anche il Signore delle Birre italiano, Kuaska (aka Lorenzo Dabove) per due parole. Un benvenuto di buon auspicio.

Chiostro

Centosessantasei le birre a listino, più qualche fusto extra che compare come last minute, portato a sorpresa dai birrai. Ce n’è da farsi venire la cirrosi. Ma a bere questi calici non vi stancherete mai, perché le birre acide puliscono presto la bocca, e la voglia di bere rimane.

Ne ho provate un discreto numero, di ogni razza, provenienza e colore; sarà stato il sole, la compagnia, o il DNA tedesco, non so: ma non è stato difficile, né mi sono ubriacato.

  • The Lost Abbey (USA): Framboise de Amorosa – 7°

Questi californiani sanno il fatto loro. Birra stagionale, posta ad invecchiare un anno in barili di vino rosso appena vuotati, con tre aggiunte successive di lamponi freschi. Colore bruno torbido, naso che grida il frutto; al palato c’è un po’ di spunto acetico ma la beva è fresca, lunga e pulita con cenni di tannino. Un’ottima spremuta di lamponi.

  • Wild Creatures (CZE): Tears of Saint Laurent – 6,2°

Da Mikulov in Moravia un “birrificio tra i vigneti” che si dedica alla difficile arte della fermentazione spontanea. Insoddisfatti dell’aggiunta di frutta alle classiche birre boeme, la moglie birraia ed il marito biochimico e vignaiolo producono con fermenti locali solo birre lambic-style passate lungamente in botte.

L’uva Sankt Laurent, comune in Boemia ed Austria, dona il colore rosato a questa birra dal naso maltato, poco comune nel mondo acido. Il frutto è ben presente, sotto una base amara e finemente luppolata; ma ti aspetti maggiori sfumature da una birra di due anni in legno. Finale acidulo con gentilezza. Consigliata da Jean Van Roy.

  • Birrificio Sancolodi (ITA): Sour La Fic – 5,5°

Microbirrificio vicentino con ristorante, tradizione dal 1999; birra a fermentazione spontanea indotta dall’aggiunta di fichi: accattivante colore rosso amarena, frutto che si ritrova al naso. Il gusto è fortemente acidulo, quasi una limonata; buona birra estiva che pulisce bene la bocca, e può ricordare una kriek belga.

  • Antica Contea (ITA): Fragolik – 6°

Microbirrificio goriziano recente (2013), e una prova eccellente. Una delle rare birre della rassegna spillate direttamente dalla      botte, con il 35% di fragole di bosco aggiunte a macerare. Colore aranciato; dal naso fruttato esce netta la fragolina; l’acidità è    fulminante, la birra complessa. Il fruttato segue a ruota, infine arriva il retrogusto vanigliato. Un’evoluzione diabolika. Bravi!

  • Freigeist (GER): Salzspeicher – 6°

I nomi sono tutto un programma: “Spirito libero” e “Magazzino del     sale” indicano già con chi abbiamo a che fare. Sebastian Sauer è un   giovanissimo eretico della scena brassicola del Nord-Reno Vestfalia, che ripropone gli antichi stili tedeschi dimenticati, reinterpretati in chiave moderna, contro la tirannia del Reinheitsgebot bavarese eretto a legge omologante. È già una star negli USA.

La sua Salzspeicher è una porter bruna con lamponi e sale, quasi una stout all’aspetto, dal naso con tocchi tostati e col frutto in evidenza. Al palato il lampone è sovrastato dalle complesse note del malto arrostito. Finale acido, stemperato da liquirizia, caffè e lampone che ritorna chiaro. Il sale? Non pervenuto. Birra complessa, ma con meno carattere di quel che si potrebbe immaginare.

  • Little Bichos (ESP): Mosca – 7°

Birrificio artigianale di Logroño nella Rioja; si tratta di una sour IPA invecchiata 9 mesi in barili di sherry Pedro Ximenez; colore rossastro, il naso spara luppoli, che tornano aggressivi al palato coprendo ogni altro sentore, mentre dell’acidità non c’è traccia, come pure delle note della botte, in teoria caratterizzante quanto altre mai. Una delusione totale.

  • Ca’ del Brado (ITA): Piè Veloce Brux Cascade – 7,4°

Un team di giovani birrai bolognesi dal programmatico nome di “cantina brassicola” usa fermentazioni indotte e selvagge con l’aiuto di maturazioni esclusivamente in legni, dalla barrique ai tonneaux da 10 hl. La cifra: tradizione e sperimentazione.

La birra presentata è una variante della loro brett ale, su base frumento e segale fermentata da solo brettanomyces Bruxellensis, in circa due mesi. Di colore biondo chiaro, ofre un naso aromatico brillante e fresco, per il dry hopping con il luppolo Cascade. In bocca l’attacco accenna al dolce, col luppolo in evidenza sopra un corpo ben maltato. Finisce astringente, e piacerà agli amanti delle IPA. Beverina non priva di complessità.

  • Jester King (USA): Surf Wax – 5°

Agriturismo di Austin (Texas), con birrificio basato su materie prime locali e fermentazioni spontanee. Ben 70 birre a catalogo, ognuna pazza quanto basta a soddisfare il più strambo dei bevitori.

Questa ricetta, con guava, cocco, banana, camomilla e fragole, dal colore biondo torbido e dal naso fresco, ha un’acidità da limonata, ed esplode nel retrogusto in note tropicali, con giusto un’idea di cocco. Dissetante come la spuma di un’onda.

  • Birrificio BioNoc’ (ITA): Corniole

Azienda della valle di Primiero in Trentino, sta sviluppando il suo progetto di birre acide in barrique, e riscuote apprezzamento ad ogni fiera brassicola.

La loro sour ale con corniole è bionda-ramata, dal fruttato gradevole ed un poco brettato; la beva è solare, con tanto equilibrio tra il frutto e l’acidità. Una birra armonica.

  • Brouwerij ‘t Verzet (BEL): Oud Bruin Oak Leaf – 6°

Giovani birrai belgi, giovane micro birrificio che si è già fatto un nome tra la galassia di concorrenti con solida tradizione. Sono punk? O forse solo bravi?

La loro oud bruin con l’aggiunta di foglie di quercia raccolte a fine estate si presenta rosso-brunastra, al naso profumi di frutta macerata, mentre in bocca si rivela eccezionalmente bilanciata, con note amarognole. Finale astringente. Semplicemente complessa.

  • Haand Bryggeriet (NOR): Tindbic Vintage 2016 – 8°

Birrificio vichingo indipendente ormai ultradecennale, con numerose birre in catalogo, dalle tradizionali norvegesi rivisitate, fino alle geniali creazioni in stile craft beer. Amatissimo negli USA.

Questa è una brett ale con aggiunta di olivello spinoso, invecchiata 21 mesi in rovere. Il colore biondo torbido, il naso un po’ brettato e citrino fanno scoprire una bibita fresca e beverina, piuttosto citrica, con spalla maltata. Chiude leggermente dolce.

  • Haand Bryggeriet (NOR): Haand Framboise 2016 – 8°

Versione al lampone della kriek assaggiata l’anno scorso. Colore strano per una Framboise, un rosso aranciato quasi bruno. Aromi precisi, il lampone si annuncia imperioso. L’ingresso in bocca è con molto frutto, il palato è secco, aspro e tagliente, acidità frutto e corpo qui si bilanciano egregiamente. Finale pulito, appagante. Prova notevole.

  • Strada Regina (ITA): Red Globe – 6,2°

 Ben organizzato birrificio vigevanese nato nel 2012, che produce birre lambic-style ben mature, oltre a versioni più classiche.

Questa birra è il risultato di un blend di diverse annate di lambic-style con aggiunta di uva Red Globe; il colore fa pensare immediatamente ad un calice di lambrusco di Sorbara; il naso promette ciliegie sporcate da un po’ di brett; al palato è vuota, acidula, senza notevole carattere. Peccato.

  • Tilquin (BEL): Quetsche – draft version – 5,3°

Una gueuzerie, cioè un assemblatore di lambic altrui invecchiati, questa è l’azienda di Pierre Tilquin. Mestiere quasi scomparso in Belgio, ma rivitalizzato grazie all’interesse per le birre spontanee belghe negli ultimi anni.

Blend di lambic di una e due anni con aggiunta di prugne fresche senza nocciolo. Il colore è rosato scarico, il naso selvatico e brettato, l’acidità al palato misurata con poco corpo; beva spigolosa, come deve essere una vera gueuze.

Impossibile umanamente bere di più senza rovinarsi fegato e palato, ma all’Arrogant Sour Festival non ci si può annoiare un solo momento. Il meglio della scena brassicola sour mondiale è rappresentato a Reggio Emilia, e promette anno dopo anno sorprese a non finire. Andateci, se avete coraggio, passione, oppure se volete farvi sedurre “fino all’ossessione” dal mondo acido.

Questa invece, per completare la cronaca, è la Fiorenzo’s version.

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Thomas Pennazzi

Nato tra i granoturchi della Padania, gli scorre un po’ di birra nelle vene; pertanto fatica a ragionare di vino, che divide nelle due elementari categorie di potabile e non. In compenso si è dedicato fin da giovane al suo spirito (il cognac), e per qualche anno ne ha scritto in rete sotto pseudonimo.

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