Antonio Bufi, la rassicurante incertezza della cucina pugliese
di Antonio TomacelliNel panorama della ristorazione pugliese, lo chef Antonio Bufi è, da tempo, una rassicurante incertezza. Se cercate cozze crude o bombette di carne, girate al largo dal suo ristorante Le Giare: la Puglia di Antonio è altro da quella noia che sa di risopatatecozze eppure non c’è ristorante più “pugliese” e “tipico” di questo.
La sua “Seppia sporca, cipolla rossa al cartoccio, emulsione di barbabietola, olio di olive nolche, succo di malandre”, per esempio, è la seppia più lontana dalla tradizione barese eppure gli ingredienti sono quanto di più pugliese si possa desiderare, a cominciare da quel piccolo, sconosciuto capolavoro che è l’oliva nolca o “dolce”.
La stessa oliva diventa protagonista di un altro piatto da brividi: i fusilli con crema di cipolla rossa di Acquaviva bruciata, fonduta di caciocavallo podolico, bottarga di merluzzo, pomodorini infornati, olive nolche. Piatto amaro, dolce, grasso, sapido e pugliese difficile da dimenticare.
Pausa per una riflessione e una domanda.
Quella di Antonio Bufi è cucina di mare o di terra, fusion o territoriale? Non ho una risposta e, francamente, non la cerco.
Antonio scava, nuota, zappa, raspa, pesca, affonda, raccoglie e macina radici, pesci, molluschi, germogli, tuberi e verdure che cucina, scotta, fermenta, macera e trasforma senza soluzione di continuità. È così tutto scorre e fluisce mentre quella specie di scazzamurridd’ coperto di tatuaggi apparecchia il caos.
Ha senso, secondo voi, parlare ancora di cucina fusion, di mare, di terra o di territorio?
La “portata precedentemente conosciuta come antipasti” lo sconsiglierebbe: tra una ciliegia salata e una melanzana dolce il tappo alle mie certezze è piacevolmente saltato col botto, l’ombrina con l’aglio fermentato e il “blu” del cavolo viola hanno fatto il resto. Le definizioni vanno a farsi benedire e un baccalà così (filetto di baccalà fondente, acqua di ficoide glaciale, mela croccante al kurozu, trippa di baccalà soffiata) non l’hai mai mangiato.
Il colpo di grazia è servito dal sommelier Vito Antonio Mangialardo, l’alter ego alcolico di Bufi che, in tre vini naturali (l’Archetipo greco bianco e moscatello selvatico, Ognissole Pontelama rosato), ci ha mostrato la bellezza della viticoltura pugliese: competente, affabile e per nulla invadente come piace a me.
Antonio Bufi, insomma, è il più tipico e meno territoriale degli chef pugliesi o, come detto sopra, una rassicurante incertezza.
tel. 080 5011383
2 Commenti
Pasquale Porcelli
circa 5 anni fa - LinkSono completamente d'accordo. Meglio non si poteva descrivere, almeno di non cadere nel lirismo. Antonio Bufi è un grande e dispiace che alcuni non se ne accorgano.
RispondiAntonio Navigato
circa 5 anni fa - LinkBellissima descrizione... Sorprende la scelta dei vini però... Archetipo e Ognissole... Insomma, un po' mediocri... Alle Giare c'è molto di meglio! :)
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