Al Nerua Guggenheim di Bilbao con Josean Alija e Ismael Álvarez, pensando a Dan Brown e al suo Origin

Al Nerua Guggenheim di Bilbao con Josean Alija e Ismael Álvarez, pensando a Dan Brown e al suo Origin

di Andrea Gori

Vent’anni fa Bilbao era una città in crisi, nel mezzo di una riconversione ancora da venire da centro industriale con forte attività portuale a luminosa città di servizi e centro culturale all’avanguardia . Dubitiamo fortemente che Dan Brown ci potesse ambientare il suo turistico best seller spagnolo, Origin, appena uscito. Nel libro lo scenario del Guggenheim (faro della trasformazione della città intera) è perfetto per inscenare la sconvolgente rivelazione su Edmond Kirsch, quarantenne miliardario diventato famoso in tutto il mondo per le invenzioni ipertecnologiche e per le sue audaci predizioni del futuro, circa l’origine della nostra specie. Non sappiamo (ancora non l’abbiamo letto) se Robert Langdon, docente di Simbologia e Iconologia delle Religioni all’Università di Harvard, nel libro abbia in programma un pranzo da Josean Alija, scaltro, arguto e tecnicamente ineccepibile chef del Nerua – ma di certo saremo tra i primi a consigliarglielo.

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Forse ancora più imperdibile rispetto all’altra grande attrazione di zona, il Mugaritz (di cui abbiamo già dato conto), da Josean si percepisce quel mix irresistibile di invenzione e tradizione che ha reso i Paesi Baschi la terra promessa della moderna cucina e della critica enogastronomica. Rispetto al Mugaritz qui le invenzioni sono meno spericolate, e ci si può gustare una cena più canonica anche se piena di brividi di piacere e gustose sorprese.

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Merito anche del bravissimo sommelier Ismael Álvarez, che al netto di qualche bottiglia simile al percorso dell’altro ristorante mostra una competenza e una passione trascinanti nel suo mestiere, accompagnandoci in maniera garbata ma incalzante in un percorso che trae dal vino linfa vitale a sottolineare le piacevolezze e raffinatezza dei piatti.

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Si parte con il saluto della brigata al completo (all’unisono, manco fosse un’orchestra) provocando una buona dose di sorpresa e piacere, e Josean che ti serve un paio di meravigliosi pintxos (le tapas della zona) a base di prosciutto e verdure, sapientemente preparate al momento, che inquadrano subito il garbo dello chef, affabile, accogliente e con il quale staresti una giornata a discorrere (soprattutto se non ti fossi appena rovesciato mezza polpetta di prosciutto sulla cravatta cercando di dividere in due un pintxo pensato per essere mangiato in un sol boccone).

La partenza è un po’ spiazzante perché dopo una giornata di sete intensa non aspetti altro che sederti a bere un albarinho fresco e ritmato, e quando nel bicchiere ti arriva un albarinho orange ci resti un po’ così. Ma dura un attimo, perché il Galizia Rias Baixias Sitta Albarinho Laranxa 2015 è comunque intenso, fresco pur nel suo bel colore classico arancio, con note di giallo pompelmo e senape, che poi mostra struttura freschezza e un tocco di tannino al palato, giusto sul geniale piatto composto da Pomodorini ciliegia di diversi colori ed erbe aromatiche e brodo di cappero. Arriva in tavola la  Tartare di branzino lavorata con Sake e caviale, e il risultato è ancora ottimo, fine, pulito, grasso e asciutto che non ha nemmeno bisogno del vino per esaltarsi.

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Arriva comunque nei bicchieri per l’occasione un vino locale, che più locale non si può: lo Txacoli 2016, scelto con accuratezza dal sommelier, Itsas Mendi dal vitigno hondarribi suri, proveniente da colline a 300 metri slm: un blend da due diverse vendemmie, per un totale di 260 bottiglie. Regala freschezza ma anche note sapide, affilate e profonde. Fa seguito il Ca N’Estruc di Ana Marti 2016 dal classico blend del Cava, ovvero xarel-lo parellada e macabeo, giocati qui in chiave ossidativa e molto personale, decisamente gastronomico e interessante. Per questo nettare ecco i Gamberi con fagiolini e ristretto di prosciutto, croccanti dolci e altrettanto sapidi, esattamente come il vino, chapeau per l’abbinamento. Ancora meglio come ideazione e realizzazione il piatto successivo, lo Scampo di fiumi con salsa pilpil e pomodorino dove comanda la freschezza – ed ecco che siamo già pronti per sua maestà lo Sherry.

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Ci viene proposto da Bodega Tradicion uno Sherry Fino di 7 anni: in botte ha un sottilissimo strato di flor e quindi inizialmente è selezionato per palo cortado, ma poi si è evoluto molto simile ad un Fino. Solo 115 bottiglie, seconda criadera: sa di nocelle e smalto, lieve come tocco e soave con anice, cannella, polvere e gesso, timo e senape, pepe bianco, gusto secchissimo ma profondo e incantevole. Su questo vino funziona alla perfezione un altro piatto che pare fatto di niente ma si rivela eccezionale, il Pocha, un baby fagiolo con brodo vegetale ricco, cremoso, umami e denso che riscatta bene la profondità dello Sherry e che nel suo complesso non cede mai alla troppa dolcezza.

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A far sparire mollezze varie ecco l’immancabile riesling, stavolta di A. Christmann con il Gimmeldinger Kapellenberg 2013 dal Pfalz, naso da bothritys ma secco, tantissimo, e quasi aggressivo: cherosene, pepe nero e anice, lime e pompelmo, bocca elettrica che dà la scossa e allinea il palato per il Collagene di merluzzo con peperone verde, piatto cremosissimo, con peperone che rimane a lungo ed esalta la sensazione gustativa duettando con il liquido germanico.

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Mica è finita qua. È già tempo per il “Bonito”, tonnetto con fondo di melanzana e erbe aromatiche, deciso e imponente pur essendo “pesce” e serve allora un rosso, Imanol Garay Clandestinus 2015 Navarra, DO da un mezzo ettaro di garnacha, vecchie vigne, ma imbottigliato in Francia: marasca, lamponi, ribes pepe, balsamicità e freschezza, bocca di polpa e sale, che accoglie da par suo anche il Nasello fritto con peperone caramellizzato a bassa temperatura dallo chef, e lo restituisce integro e carnoso, stupendo e godereccio. Dalla cantina arriva a sorpresa il commercialissimo e “industriale” Faustino I 1994 (lo trovate in ogni duty free o supermercato in Spagna) dalla Rioja, vino ricco, fresco, sorprendente e con quel tocco di eleganza agée che solo i grandi Rioja riescono ad avere senza essere grotteschi. In bocca è addirittura poesia e rigore, sapidità e note dolci e balsamiche, con una vitalità godereccia che lo fa ben figurare sul Carré di agnello gemme di riso e sherry.

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Siamo alla conclusione, ma le Fragole gelato al fieno greco e cannella, e il Flan di mela e cannella con gelato alla cagliata vanno davvero alla grande come finale. Il passito locale, Itsamendi Urezti 2014 Bizkaiko Txacolina, sigla un grandioso pranzo senza mai un cedimento, e la voglia impellente di tornare al più presto. A meno che la rivelazione di Edmond Kirsch non ci guasti l’appetito.

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Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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