Addio a Franco Ziliani

Addio a Franco Ziliani

di Leonardo Romanelli

Stappare una bottiglia di spumante in questi giorni è gesto abituale, succede anche a chi non lo fa spesso, agli sportivi che bevono solo acqua, alla nonna astemia e allo zio tendenzialmente analcolico. Ma se oggi le bollicine sono di gran moda e si bevono dal 1 gennaio al 31 dicembre, lo si deve anche a Franco Ziliani, che come tutte le persone che hanno segnato un percorso, lascia questa terra in un giorno particolare, come è capitato prima di lui a Gualtiero Marchesi. Già sembra un limite parlare di bollicine e di spumante oggi che ci siamo abituati a definire i territori, e la sua Franciacorta è stata una delle prime zone a rivendicare con forza la sua unicità di clima, terreni e persone.

A rileggere la sua vita ci sono quegli elementi epici che sembra non appartengano più alle generazioni che gli sono succedute. Come l’incontro con Guido Berlucchi, il conte che gli ha permesso di cogliere l’occasione che cambia la vita. Dopo averlo conosciuto in un caffè del bresciano, la convocazione arriva nel salotto di casa per un problema riguardante la sua produzione vinicola: l’ingresso nel salotto del castello titubante, perché vede e sente cantare “Georgia on my mind” dallo stesso Berlucchi, che si accompagna da solo al pianoforte. Immagini e sentimenti che rimangono impressi: proprio a lui giovane enologo diplomato da poco ad Alba, al quale vengono chiesti pareri di come migliorare un vino bianco, il Pinot del Castello, che non riusciva a stabilizzarsi e rimaneva così opaco. Una richiesta simile oggi sarebbe forse da vedere al contrario, si sa i tempi cambiano, ma dopo essersi prodigato in consigli e avere impostato il lavoro da fare in cantina, arriva il guizzo creativo, la capacità di osare, quei momenti della vita che in pochi riescono a cogliere pienamente. “E se facessimo anche lo spumante con il Pinot?”. Magari non disse spumante, disse proprio “Lo Champagne come quello dei francesi” memore delle bottiglie comprate da suo padre per festeggiare il diploma, rimaste impresse nel corpo e nello spirito. Ed il conte acconsentì di fronte a tanta passione.

Solo che nei racconti le difficoltà sembrano poca cosa, si stemperano con il tempo e i buoni risultati acquisiti, ed invece era il 1958 ed il primo spumante è uscito nel 1961 ci sono voluti tre anni di sbagli, arrabbiature, sconforto, ma anche gioia ed entusiasmo nel ripartire per riuscire a creare le prime 3300 bottiglie, vendute ad una cifra significativa: 6 volte in più di quello che era il bianco prodotto fino ad allora. Da allora Franco Ziliani è riuscito per primo a creare un brand, suo malgrado: dire “Ti porto un Berlucchi” all’amico che ti invitava a cena, negli anni ’80 significava fare un dono pregiato, nei bar le persone si fermavano per l’aperitivo a prendere un “Berlucchino”: il nome che identifica un prodotto. Dalle prime bottiglie che avevano paura di non riuscire a vendere, l’azienda ne produce oltre 4 milioni ed è una presenza concreta e definita nel panorama nazionale, un po’ come il suo fondatore, che ha ceduto le quote ai figli Paolo, Arturo e Chiara nel 2017, per capire di che pasta fosse fatto l’uomo. Piace pensare che non sia stato un caso il ritorno nello Champagne nel 2021, per i festeggiamenti dei 60 anni del primo spumante, per la celebrazione dei suoi 90 anni, per il piacere di bere un vino che ha sempre amato e che gli ha permesso di costruire la sua vita come aveva sempre sognato. Anzi, ancora meglio.
Che la terra ti sia lieve

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

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