9 vini di René Engel per sognare un po’ (ma non con tutti)
di Vincenzo Le VociPhilippe Engel è stato uno dei produttori più ispirati dell’intero panorama borgognone. Mano fatata, legno dosato, vini di pulizia estrema (salvo rari casi) e di ineguagliabile eleganza.
Mentre Elio Altare girava in 500 per le vigne della Cote d’Or cercando di capire l’uso della barrique, Philippe Engel viaggiava in Porsche e si godeva le vacanze in Costa Azzurra, essendo già nel Gotha del vino mondiale. (Se non avete approfittato della visione gratuita del documentario Barolo Boys andate a cercarlo perché ne vale la pena e viene raccontato anche questo aneddoto.)
Io farò quel che mi riesce meglio e cioè tentare di descivervi gli assaggi che ho fatto qualche tempo fa in una degustazione memorabile.
Clos Vougeot 2004 – il vino che inganna
Subito mutevole e cangiante, tè nero, spezie, dolce nel frutto, colpisce e ammalia. A livello aromatico i presupposti per partire col botto ci sono tutti ma l’assaggio tradisce, a centro bocca si crea un vuoto, il vino scappa via in fretta. La sosta nel bicchiere non gli è amica, si esaltano i toni vegetali, le premesse iniziali non vengono mantenute.
Clos Vougeot 2003 – il vino che non t’aspetti
Profumi ferrosi, minerali, di liquirizia, aghi di pino, bocca di grande impatto materico. Si allarga accompagnato da un lieve calore alcolico fuso ad una mentolata freschezza. Convince e stupisce.
Clos de Vougeot 2002 – un alternarsi di aperture e chiusure
Esordisce con un vortice di profumi, fruttini rossi, fragole di bosco, legno dolce. Carico come una molla, ricco di energia, sembra avere una marcia in più rispetto agli altri vini degustati finora. Di colpo chiude i battenti, diventa riservato, meno vitale, più rilassato. Poi di nuovo riparte e altrettanto in fretta si richiude.
Clos Vougeot 2000 – il campione inaspettato
Parte animale, rustico, ha sete d’aria e noi abbiamo tempo per concedergliela. Si rigenera quindi ed esplode in un concentrato di liquirizia da stordimento, continua a crescere, dolcezze e coccole non mancano, si amplifica, conduce il gioco, è lui il campione indiscusso della prima batteria.
Grand Echezeaux 2004 – il ritorno del vegetale by 2004
Altro vino a due facce: fumo, legno dolce, caramella alla fragola, è intenso e camaleontico, spassoso, sembra aver dribblato con classe l’annata ma, come per il coetaneo di Vougeot, col passare dei minuti viene fuori l’anima del millesimo, riaffiora il vegetale in bocca, sembra di masticare una foglia di basilico. Migliore rispetto al Vougeot 2004, ma anche lui un mezzo traditore, non mantiene a pieno le promesse fatte alla prima snasata.
Grand Echezeaux 2002 – doveva essere il campione
Frutti di bosco a iosa, smalto, cuoio e spezie dolci, sottile il richiamo agrumato, tutti ci guardiamo e compiaciuti pensiamo la stessa cosa: “è lui il vino della giornata”. Col tempo si attenua, si siede, smette di ammaliare. No, non è lui il vino migliore.
Grand Echezeaux 2001 – campione della giornata
Si sale di livello, fuori scala per intensitá e complessitá olfattiva, ampia la gamma di profumi che spaziano dalla scorza di agrume alla glassa di frutta rossa. Una fragranza da trasferire in boccetta di cristallo e spruzzarsi addosso nelle occasioni importanti. Un vino pazzesco, immenso, allunga più di tutti, strilla con forza e richiama l’attenzione, uno dei migliori pinot noir bevuti in vita mia. Grandissimo capolavoro enologico.
Grand Echezeaux 1996 – la maturità
Più scarno ed essenziale, svestito dal legno che, anche se usato in maniera magistrale, adornava gli altri vini. Fiori, melograno, mentolo, scorre più degli altri, setoso e carezzevole, molto fresco e all’apice. La spina acida fa ben sperare ma c’è il rischio che con qualche altro anno di bottiglia si spogli completamente nei profumi.
Grand Echezeaux 1999 – en France tout est bon, même le merd de poulet. En Italie no
Putroppo sentori di merd de poule e gomma bruciata penalizzano una materia altrimenti sopraffine, si sceglie di bere pinot nero soprattutto per inebriarsi dei suoi profumi, ma se questi sono sporchi e fastidiosi non basta che il vino abbia carattere in bocca. C’è chi ha apprezzato per le valevoli caratteristiche tattili, io no, da un vino del genere voglio il pacchetto completo.
7 Commenti
Alvaro pavan
circa 4 anni fa - LinkMerde de poule è l'essenza del borgogna maturo. Prendere o lasciare.
RispondiVincenzo Le Voci
circa 4 anni fa - LinkPer fortuna ho avuto tantissime esperienze migliori con bottiglie mature di borgogna...
RispondiArnaldo
circa 4 anni fa - LinkNiente da fare. Nei 2004 ritorna sempre la nota vegetale, spesso la famosa cimice..
Rispondivinogodi
circa 4 anni fa - Link..sulla 2004 in Borgogna (rossa) non generalizzerei...
RispondiStefano
circa 4 anni fa - LinkMa le etichette erano così rovinate anche con bottiglie chiuse? dalla foto non si capisce (se no, chi ha versato il vino per sporcarle così? non si possono vedere!)
RispondiDavide Bruni
circa 4 anni fa - LinkCerto che pagare 300 euro e più un vino che sa di escrementi non è il massimo ... mah, bizzarrie da snob ...
RispondiArnaldo
circa 4 anni fa - LinkCi sta Davide. Sono bottiglie che trovi nel mercato privato con rischi di conservazione. Poi stiamo parlando di un produttore bravo ma non un fenomeno assoluto e nel passato qualche erroretto puo' anche averlo combinato. Se compri 10 bt...ci sta che 1 o 2 (se ti va) siano storte
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