4 minuti e 33 secondi di Chianti Classico

4 minuti e 33 secondi di Chianti Classico

di Graziano Nani

Uno dei brani più famosi di John Cage è la leggendaria 4’ 33’’ che, come molti, ho sempre definito “4 minuti e 33 secondi di silenzio”. Poi un giorno ho ascoltato un’intervista di Cage proprio sul concetto di silenzio e ho capito che per lui significava qualcosa di diverso. 4’ 33’’, per lui, rappresentava in realtà una nuova opportunità. Quella di ascoltare, durante un momento di pausa degli strumenti, un altro tipo di musica: quella dei rumori casuali che ci circondano durante la nostra vita. Così il pezzo musicale diventa una sorta di varco spazio-temporale in grado di avvicinarci al posto in cui già ci troviamo, toccando con maggior attenzione tutte le sensazioni che ci può dare.

Quanto è difficile entrare in contatto con il “qui e ora” e quante volte non siamo realmente presenti nel posto in cui ci troviamo. Basti pensare a tutti quei casi in cui riapriamo la porta per controllare di averla effettivamente chiusa, o a quando siamo talmente immersi nei nostri pensieri da non saper dire se abbiamo o meno compiuto quel determinato gesto, che diventa totalmente automatico e “non pensato”. Eppure a volte basta poco per connetterci a noi stessi e allo spazio circostante.

Ad esempio, mentre mangiamo, possiamo concentrarci sul sapore del cibo che stiamo masticando. Magari la sensazione primaria è il salato ma poi, man mano che mettiamo a fuoco, sentiamo sfumature affumicate, riverberi amaricanti, percezioni aromatiche che sfuggivano fino a pochi istanti prima. E mentre facciamo questo siamo sempre più connessi anche a tutto ciò che ci circonda e che non riguarda solo il gusto. Ad esempio i suoni, con il rumore delle posate, la temperatura dell’ambiente o i colori che vediamo dalla finestra.

Con il Chianti Classico di Castello di Querceto, azienda guidata dalla famiglia François, mi è capitato lo stesso. Un vino schivo in apertura, i sentori appena bisbigliati, difficile da afferrare subito. Spesso quello che succede con questi vini è che ci si distrae, li si beve sovrappensiero, aspettando che possano esprimere qualcosa di più marcato. E se non accade subito amen, si va avanti a bere senza troppe elucubrazioni. Altre volte invece siamo più orientati all’ascolto, magari perché abbiamo tempo, siamo soli o vogliamo soltanto capire di più.

Allora l’assaggio si fa sensibile.

Siamo sempre noi, solo che siamo più radicati a quello che stiamo vivendo, siamo più immersi nel “sentire”. Ed ecco che le percezioni sottili del vino si fanno via via più presenti, più vive, e con loro anche il resto delle sensazioni che possiamo provare nell’ambiente in cui ci troviamo, dai sapori di quello che mangiamo ai timbri delle voci di chi ci sta intorno. Se lo ascoltiamo a fondo, il vino ci porta al di là del vino.

Questo Chianti Classico nella variante 2019 apre umbratile e misterioso. Di primo acchito pare sfuggire all’assaggio per chiedere di seguirlo lontano dai riflettori. A poco a poco il frutto si manifesta prima nei suoi contorni vivaci, poi nella polpa gustosa dei piccoli frutti scuri che rivela per gradi. Intanto mi accorgo che l’hamburger di Martini (Boves, zona Cuneo) con cui sto cenando è davvero un ottimo hamburger, lo si intuisce da come il grasso innerva la carne dando sapore e sostanza.

Proseguo con il vino affinando sempre più le percezioni. Il frutto si fa succoso e vivace, evolve verso ribes e visciola, e a un ascolto più attento si fa strada una trama speziata che rende il sorso ancora più guizzante. Intanto la luce della sera illumina il tavolo con le sue sfumature rosa, quante volte la lascio sfuggire via. Invece oggi la fotografo con lo sguardo e mi prendo 10 secondi per assorbire la sua bellezza.

Vado avanti a esplorare questo rosso pieno di sorprese, la maggior parte delle quali si presentano fuori dal bicchiere. Più entro nei sentori e più divento attento a tutto quello che mi circonda, come il parquet di legno fresco sotto i miei piedi scalzi o il ritmo sincopato della nuova canzone partita dalla playlist. Intanto il rosso mostra il suo lato rustico con un tannino sottile ma non sottotraccia. Poi, nel finale, riverberi lontani di note scure, forse di liquirizia.

Immerso nella degustazione mi prendo i miei 4 minuti e 33 secondi che si dilatano fino a diventare un’intera serata. Il Chianti Classico si fa vettore per trasportarmi alla scoperta di tutto ciò che mi circonda ma soprattutto, e prima di tutto, della mia capacità di sentire.

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Graziano Nani

Frank Zappa con il Brunello, Hulk Hogan con il Sassella: per lui tutto c’entra con tutto, infatti qualcuno lo chiama il Brezsny del vino. Divaga anche su Gutin.it, il suo blog. Sommelier AIS, lavora a Milano ma la sua terra è la Valtellina: i vini del cuore per lui sono lì.

4 Commenti

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landmax

circa 3 anni fa - Link

Pezzo bellissimo e riflessioni molto vere.

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graziano

circa 3 anni fa - Link

grazie Landmax, mi fa piacere

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Capex

circa 3 anni fa - Link

Bellissima lettura. Ce ne vorrebbe almeno una al giorno.

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graziano

circa 3 anni fa - Link

ciao Capex ti ringrazio a presto.

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