25 anni di Bolgheri DOC, fenomenologia della denominazione italiana più cool

25 anni di Bolgheri DOC, fenomenologia della denominazione italiana più cool

di Andrea Gori

Venticinque anni di successi e di gloria, venticinque anni di svariati 100/100 e lustrini, una trasformazione radicale di un territorio che vede crescere a doppia cifra quotazioni dei terreni vitati e della vendita del vino in bottiglia, un concentrato di investimenti enoturistici da far invidia al mondo intero e una cena spettacolare che entrerà nella storia con 750 persone (in dress code “Bolgheri Summer Cocktail”) in 400 mt di viale dei cipressi, un cena tra il duplice filar del Carducci che avrebbe reso orgoglioso il nostro primo Premio Nobel per la letteratura e che ha reso omaggio a Luciano Zazzeri, il grande cuoco recentemente scomparso che tanto ha fatto per la promozione di questi vini nel suo locale (alla faccia di chi dice che non si beve il rosso sul pesce).

Avete ormai visto le foto della splendida cena ovunque e vi assicuriamo che non era voglia di protagonismo e di poter dire “io c’ero”ma, piuttosto, la voglia pura e semplice di condividere una magia rarefatta di silenzi e bicchieri, sorsi e parole sussurrate perchè attorno a quei tavoli regnava un silenzio ovattato surreale e profondo cui le classiche sfarzose e chiassose cene di gala non ci hanno certo abituato; candele e vento erano la luce e la magia della serata e il cibo e il vino a contorno, un susseguirsi di grandi nomi (e c’erano davvero tutti in assaggio da Sassicaia e Ornellaia 2016 fino agli ultimi arrivati ) e giovani rampanti accomunati dalla voglia matta di celebrare il punto in cui si è arrivati in 25 anni di denominazione.

Già se ne era parlato al mattino ovviamente al Teatro di Castagneto Carducci dove è andato in scena il “Bolgheri Storytelling” con i principali protagonisti della DOC a rispondere alle domande di Nicola “Matrix” Porro. Questa la fedele cronaca dell’evento.

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Priscilla Incisa della Rocchetta (Tenuta San Guido): “Bolgheri è nato come un sogno di una famiglia ma ci siamo sempre sentiti accolti e seguiti dalla comunità e, soprattutto, è stato proprio il territorio a rendere possibile ed economicamente tangibile quello che poteva essere soltanto un gioco in famiglia. L’accoglienza al Sassicaia è stata sorprendente ma ancora più sorprendente come il territorio abbia saputo strutturarsi attorno a lui e alla nostra famiglia”.

Michele Satta: “Sono arrivato qui da Varese e ho scoperto un mondo nuovo, ho capito che il nostro modo di vivere fosse fondamentale per il successo del vino ma non solo. Nel frattempo saper vivere all’italiana è diventato un modello mondiale vincente: adesso è il momento di chiederci se vogliamo tenere duro su qualcosa di antico o c’è qualcosa di nuovo che dobbiamo applicare. Il nostro successo è stato quello di proiettare su mondo nuovo qualcosa di antico, in realtà il successo di Bolgheri riflette un passato di vino come raccolto agricolo, di dedizione umana alla natura, un prodotto che nasce e  trasporta nel mondo un’emozione, il vino è il ponte tra due persone e uno storytelling naturale, con sotttofondo positivo fisso e innegabile.

Geddes da Filicaja (Ornellaia): “La storia di Bolgheri racconta la stessa storia dei più grandi territori di vino del mondo, in cui dapprima nascono le tenute poi le doc. La storia è sempre stata così, vedi Bordeaux, che nacque sul valore medio dei prezzi dei vini dei tre anni precedenti ma aziende come Haut Brion o Margaux esistevano già da duecento anni. Oggi semmai soprende la velocità.

Sono sempre le aziende e gli agricoltori che iniziano, poi le doc hanno il loro ruolo e danno il giusto contorno di gestione e comunicazione. A Bolgheri cominciamo ora a comunicare come doc, anche questa è una novità dei prossimi 25 anni. Abbiamo opportunità uniche: c’è  cabernet e merlot ma i vini sono molto diversi da bordeaux con carattere più caldo e mediterraneo, facili da bere e immediati anche dopo pochi anni, ma che mantengono capacità di invecchiare. Il gusto del consumo internazionale si è formato su questi vitigni e questo ha ovviamente facilitato le cose e, puntando su uve internazionali bordolesi, si parte sempre avvantaggiati. Qui può nascere una seconda Napa Valley con un enoturismo enorme che già si è sviluppato in maniera incredibile “.

Albiera Antinori (Guado al Tasso):  “Noi abbiamo terreni in varie sottozone, abbiamo letto le sabbie e le varie argille e in effetti ci sono tantissime differenze geologiche ed è importante l’analisi perchè ci saranno molte sorprese positive in merito. Il disciplinare in questo ci ha aiutato a sperimentare, lo spirito pionieristico continuo non si è arrestato e che in questi 25 anni ha appena iniziato a grattare la superficie del territorio e dei suoli. Si deve continuare a lavorare per la qualità assoluta”.

Marilisa Allegrini (Poggio al Tesoro): “Siamo arrivati il 15 ottobre 2001 con Walter, mio fratello, perché avevamo deciso di investire al di fuori del Veneto. Ci siamo informati su Bolgheri e non è difficile da spiegare la bellezza di questi luoghi. La qualità era già evidente, ci siamo radicati velocemente dopo i primi 11 ettari nel 2003 fino alla morte di Walter. Ma qui ho trovato un capitale umano bellissimo, posso stare a Verona ed avere fiducia che qui andrà tutto benissimo. Il paesaggio è straordinario dal viale dei cipressi ai boschi, c’è una biodiversità incredibile, ma non bisogna darlo per scontato, lo stesso paesaggio può cambiare e nel futuro ci vuole rapporto pubblico/privato e un rapporto di collaborazione per mantenerlo e migliorare dalla cura delle piante in poi, perché questa integrità va mantenuta. E’ un paesaggio unico in italia. A me piace pensare ai problemi dei giovani e in questi momento l’occupazione lo è, noi produttori dovremmo insegnare l’artigianalità che serve alle aziende dall’insegnare a potare e lavorare in campo fino alla promozione e comunicazione. Creare una scuola locale ci darebbe un vantaggio notevole e utile per tutti, aziende e giovani.”

Antonio Capaldo Feudi San Gregorio (Campo alle Comete): Anche da noi ad Avellino abbiamo a cuore questo tema dei giovani e il ritorno alla terra è grande, i nostri corsi di potatura,ad esempio, sono sempre pieni. Noi siamo arrivati qui nel 2016, quando decidemmo di investire in terreno che ci aiutasse sui vini rossi in chiave internazionale per aiutare i vini del nostro catalogo. Ci siamo informati sulla luce e il paesaggio e sulla libertà del disciplinare che lascia spazio interessante eccome, c’è entusiasmo notevole e coinvolgente in cui si lavora benissimo.

Martini Chiappini (Giovanni Chiappini): La nostra è una famiglia di contadini da generazioni che, dalle Marche, ha proseguito la sua storia qui nel dopoguerra. Comprammo un altro terreno poi negli anni ‘70 puntando sulle vigne: non so se è stata lungimiranza o fortuna pura, all’epoca l’agricoltura classica non era più remunerativa, ma ora facciamo vino e anche accoglienza, io sono la seconda generazione di vignaioli di famiglia e già mi sento una grande responabilità sulle spalle.

Cinzia Merli Le Macchiole (e vicepresidente Consorzio): In effetti la libertà del disciplinare è stata un’arma vincente, purtroppo o per fortuna all’inizio non c’ero, siamo arrivati con mio marito con un progetto già avviato molto particolare negli anni ‘80, quando l’agricoltura non era così cool. Mio marito, Eugenio Campolmi, non aveva tradizione contadina e decise di farlo senza terreni nè fondi a disposizione, il fatto che Bolgheri fosse territorio vergine e che avesse tutte le strade spianate era incentivo non da poco. Era un territorio da scoprire e cavalcare, si potevano fornire grandi input, il monovarietale per lui è stato molto importante, siamo stati i primi sul cabernet franc in purezza (Paleo), poi merlot (Messorio) e syrah. Raccontare il territorio con monovitigno per lui era un modo di dare identità più netta del territorio, senza provare ad aggiustare il risultato, un vitigno un territorio una vendemmia, una serie di istantanee con cui raccontare un terroir, la sfida forse più difficile. Quando la doc ha aperto le porte a questo ci ha riempito di gioia anche perchè ha confermato lanostra intuizione della possibilità di offrire fotografie del territorio anche con una sola uva.

Federico Zileri (Tenuta Argentiera) : Conoscevo Eugenio Campolmi fin da piccolo, del cabernet franc mi ha sempre raccontato, mi diceva sempre che voleva fare un vino alla pari dei grandi francesi, e sono stati proprio Paleo e Masseto a convincerci del fatto che andava fatto e incorporato nella doc anche il monovitigno e in questo abbiamo avuto un ottimo supporto della Regione Toscana. Vedo roseo nel futuro perchè l’esempio di quelli che hanno iniziato ha spinto tutti noi. Su Bolgheri è un caso, non c’è stata strategia precisa ma c’è stato tantissimo impegno a vario modo. Ora siamo 56 soci e non più 7, quindi qualche discorso comune si deve cominciare a fare.

Geddes: Si può aggredire il mercato con poco più di 6 milioni di bottiglie? “La doc aiuta i piccoli a lavorare meglio ma la costruiscono i grandi, abbiamo tutte le capacità per farlo e le dimensioni non sono un problema. Il problema, semmai, è che all’estero siamo sempre Supertuscan e non Bolgheri, o almeno non ancora. E’ una transizione necessaria ma non ancora completata.

Priscilla Incisa: Cosa significa consorzio per Sassicaia?  Noi facciamo poco, il 60%  all’estero, siamo su 70 mercati diversi, io sono brand Ambassador e giro il mondo a rappresentarla, parlo di Sassicaia ma anche e soprattutto di Bolgheri e ho sempre l’impression come se Federico (presidente del Consorzio) fosse sempre con me a controllare se lo faccio davvero, ma la verità è che sono molto felice di parlare di zona e non solo del mio vino, mi aiuta e aiuta tutti, non ci sono gelosie e egoismi tra noi.

Albiera Antinori: Dove andrà Bolgheri adesso? “In una generazione ovvero 25 anni è successo un vero miracolo italiano, nato quasi per caso, poi nutrito da visioni belle ma non c’è mai stato un obbiettivo specifico, si sviluppato tutto in maniera eterogenea con toscani e forestieri, ma ora è una doc conosciuta e apprezzata ovunque che ha come raccolto il meglio di tante esperienze aziendali e personali lasciati liberi di interpretare il territorio come meglio credevano. Oggi c’è ancora tanto da fare ma possiamo essere felici di avercela fatta in questa maniera. Non succede spesso nel mondo del vino e come famiglia siamo in tante doc e si parla tanto di cosa è stato e poco di quello che sarà.

Michele Satta: grande tema di mercato globale ho sempre pensato che fosse solo grandi numeri e standardizzazione mentre in realtà il piccolo e il rapporto umano cose tipiche italiane che si rivelano vincenti. Possiamo stare nel mondo da italiani e non rincorrendo altri modelli, questa è una lezione bellissima del mondo agricolo che mi piacerebbe si rivelasse vera anche in altri settori.

Marilisa Allegrini: Racconto la mia storia nel mondo da anni ormai e adesso ho capito che si chiama storytelling ed è fondamentale, chi beve vino non vuole solo apprezzare il vino e Bolgheri è straordinaria, non solo principi, nobili e marchesi ma i marchigiani e i mezzadri che qui hanno gestito agricoltura per decenni.

Geddes: Un aspetto bello del territorio è che sono tantissimi i giovani del territorio che lavorano nelle nostre aziende, studiano altrove ma poi tornano qua a dare il loro contributo in campo e in cantina con orgoglio.

Federico Zileri: in effetti da Ornellaia lavorano tantissimi locali e giovani del territorio ma va riconosciuto il grandissimo lavoro della fondamentale comunità di senegalesi e marocchini che vivono qui da decenni ormai. Se le vigne e i paesaggi sono così belli ricordatevi che lo dovete in gran parte alla loro fatica e alla loro collaborazione alle aziende agricole.

Tanti gli spunti e le riflessioni dal convegno e dalla cena ma l’aspetto davvero nuovo e unico di Bolgheri pare essere stata la libertà di seguire davvero le aspirazioni personali dei personaggi e imprese del territorio e, al contempo, la presenza di famiglia importanti e radicate che si sono trovate con la possibilità, rara per l’Italia, di un territorio di vino da creare quasi ex novo. Nel resto della penisola spesso non c’è altrettanta libertà e il peso del passato schiaccia iniziative e fughe in avanti che rompono con una tradizione anche troppo ingombrante.

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Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

2 Commenti

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Sancho P

circa 5 anni fa - Link

Da amante fedele dei vini di Langa, Le Macchiole, per me rimane tra le aziende preferite con cui consumare un tradimento. Il Messorio in particolare, ha una complessitá e delle sfaccettature che gli altri Merlot nazionali neanche si sognano. Perfino lo a 2014. Capolavoro assoluto. Spero stian anche quest'anno al MWF.

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bravotipo

circa 5 anni fa - Link

bellissimo: https://video.iltirreno.gelocal.it/locale/bolgheri-tra-i-cipressi-di-san-guido-la-straordinaria-cena-per-i-25-anni-della-doc/126049/127669?

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