10 cartoline di vetro dal Chianti Classico

10 cartoline di vetro dal Chianti Classico

di Simone Di Vito

A 38 anni e due figure ho finalmente scoperto il Chianti Classico. Viaggi, degustazioni, bottiglie sfortunate, ci avevo provato spesso in passato ma non faceva breccia e continuavo a bollarlo come un vino stanco, vecchio e privo di identità.

Negli ultimi due anni però alcune bottiglie giuste hanno riacceso in me la curiosità e allora non è un caso se ci arrivo proprio adesso.
Non è un caso se oggi qui la barrique o si usa sapientemente o diventa un appoggio esterno per il posacenere. Non è un caso se non vi è quasi più traccia di vitigni internazionali e se oltre al sangiovese spuntano malvasia nera, canaiolo e colorino come funghi. Segni di un recente cambio di rotta che testimonia la rinascita del Chianti Classico, che oggi sembra più autentico, meno apparire e più essere, sempre nobile ma al tempo stesso del popolo.

Un territorio vastissimo con una storia da far impallidire ogni denominazione italiana e anche tante straniere, ma che tra crisi, frodi e scelte cervellotiche aveva più volte toccato il fondo.
Il progetto Chianti Classico 2000 del 1987 fu invece una scelta azzeccata: studi e sperimentazioni che hanno fatto emergere (o riemergere) un patrimonio vitivinicolo che rischiava seriamente di esser disperso, con conseguente figura da tacchini più che da galli neri. Una ripartenza che si evince anche dalla nascita di tante piccole realtà, perlopiù di stampo artigianale, molte delle quali in passato solo conferitrici ma che oggi recitano un ruolo importante nella valorizzazione di territorio e denominazione, spingendo peraltro anche tante aziende più grandi verso il cambiamento.
Da dieci anni a questa parte i risultati finalmente si vedono, anche se ad accorgersene sono forse più americani e inglesi che noi in Italia.

Ma ho voluto capirla questa mia nuova passione per il Chianti Classico, sarà stata una scappatella di qualche bottiglia oppure no? Per conoscere veramente un vino l’unico modo è immergerti nei suoi territori d’origine, ed è quello che ho fatto con weekend e ferie negli ultimi tre mesi.
C’è chi dai propri viaggi riporta souvenir e cartoline, io invece cartoline di vetro, e queste sono le dieci con cui torno da questo splendido territorio.

1 Maurizio Alongi – Chianti Classico riserva “Vigna Barbischio” 2018 (in anteprima)
Il vino che due anni fa iniziò a far vacillare la mia incertezza sul Chianti Classico. Unico prodotto da Maurizio Alongi, enologo di professione che quando può gioca a fare il vigneron con la sua piccola creatura, e direi che gli riesce piuttosto bene. Vigna ricca di arenaria, sabbia e calcare, divisa tra papaveri rosso Ferrari, cinghiali che fanno ciao, sangiovese e malvasia nera di età compresa tra i 20 e 40 anni.
Meno sciabola e più fioretto delle tre annate precedenti, tra fiori e tanti piccoli frutti rossi regala un sorso ricamato, con tannino fino e tanta gentilezza per un vino che già mostra una sua personalità. Manca ancora un anno di bottiglia ma sembra già bello così.

2 i Fabbri – Chianti Classico 2019
Chi conosce Lamole sa che le sue peculiarità sono lontane da concentrazione e muscoli, e questo vino è l’emblema di questa piccola zona. Un sangiovese in purezza proveniente da suoli ricchi di arenaria e sabbia a 630 metri s.l.m. cucito e ricamato da un solo anno in cemento. Sprigiona fiori di campo, ruggine e naturalezza, accompagnati da una beva leggiadra quanto incisiva. Salinità, poco tannino e tanta bevibilitá, dove saltano fuori anche ribes e note ematiche. Cerchi Lamole in bottiglia? Eccola!

3 Istine – Chianti Classico “Vigna Istine” 2018
Istine è una vigna compresa tra Radda e Castellina che da il nome all’azienda condotta da Angela Fronti. Cinque ettari a circa 500 m di altitudine con suolo tra galestro, alberese e una leggera presenza di quarzo.
Muscoli ed eleganza, vellutato e dal sorso avvolgente, tra spezie dolci, frutta, tartufo nero e profondità. Un gran bel vino già adesso ma l’attesa in cantina potrebbe regalare maggiori sorprese.

4 Fattoria di Lamole – Lama della Villa 2014
Fattoria di Lamole è passato e futuro della tradizione vitivinicola di Lamole, e Paolo Socci ne è la guida oltre che guru di questa zona. A lui si devono il recupero di km di antichi terrazzamenti e la valorizzazione dei vecchi alberelli pre-fillossera da cui nasce questo sangioveto in purezza molto particolare. Uno spillo nelle narici, con prugne nere, gesso e pepe, a cui ogni respiro regala tanta altra complessità. Sorso intenso e dinamico, da cui emergono corporatura media e un tannino stretto e appuntito. Più che un vino un vero e proprio messaggio d’amore in bottiglia, verso una terra che non vuole arrendersi alla scialba omologazione dei signori del vino di massa.

5 Fattoria di Pomona – Chianti Classico riserva 2017
In attesa di una riserva 2018 che mi ha colpito e ho già aggiunto alla wishlist del prossimo anno, tra i tanti assaggi fatti a Pomona il più riuscito è sicuramente quello della 2017. Fiori, frutta e profondità in un vino che mette in mostra energia e carattere. Tannino e corpo ci sono eccome ma non pregiudicano finezza e beva. Proveniente da un annata calda e un po’ disgraziata ma che qui trovo gestita alla grande. Buono oggi, domani e dopodomani.

6 Podere Castellinuzza – Chianti Classico riserva “Le Terrazze del Cancellino” 2016
Serena mi ha concesso una ricca quanto inaspettata verticale, in cui su tutti spiccava questa futura gran selezione. Siamo a Lamole, da viti ad alberello poste su ripidi terrazzamenti e per lo più centenarie. Tra frutta succosa e spezie trovano spazio toni floreali e terragni affogati in un sorso vigoroso quanto invitante. Un raro cavallo di razza da far crescere ancora un po’ in cantina prima di coccolarlo bene nel bicchiere.

7 Podere le Boncie – 5 2019
Giovanna Morganti e i suoi vini non hanno bisogno di presentazioni, ma dopo mesi di ascolto e riascolto della sua puntata di Vino sul Divano non vedevo l’ora di conoscerla e metter naso e bocca nei suoi vini. Cercavo Le Trame ma ho scoperto Il 5. Nome che sta a indicare le uve che non arrivano alla sufficienza per entrare nel fratello maggiore, sarà, ma da somaro perenne ne ho presi tanti di 5 in vita mia e questo somiglia più ad un 7. Profumato e particolarmente bevibile, succoso e dal tannino lieve e addomesticato, un vino che può sembrare facile ma in cui c’è tutta la genuinità e il carisma di Giovanna.

8 Le Masse di Lamole – Chianti Classico 2016
Una piccola azienda ma con i vigneti tra i più alti del Chianti Classico (fino ai 700 m); e questo 2016 è il loro biglietto da visita, in cui i tre anni in bottiglia non hanno scalfito toni floreali e freschezza. Sincero e piacevolissimo, dal frutto croccante e il giusto corpo, da berne a fiumi senza stancare mai. Vuoi Lamole in un altra bottiglia? Rieccola.

9 Monte Bernardi – Chianti Classico 2019 “MB1933”
Solo 2800 bottiglie prodotte per l’ultimo arrivato di casa Monte Bernardi. Una sorta di anti-Gran Selezione mascherato da Chianti Classico “base” proveniente da una vigna promiscua del 1933, con tanto galestro e un 20% di pietraforte. Profumato e profondo richiama l’alta bevibilitá del loro Retromarcia, ma rispetto al fratellino ha un naso più complesso, evidenziando inoltre più ciccia e ricercatezza al palato, tra tannini finissimi e richiami di spezie e pesca noce. Welcome!

10 Jurij Fiore & Figlia – Chianti Classico “SONOCOSÌ a Lamole” 2020 (in anteprima)
Nomi stravaganti e produzione limitatissima per questa nuova avventura di Jurij Fiore. Vigna di circa quarant’anni del Castello di Lamole da cui nasce questo sangiovese che è un po’ la citycar dei vini di Jurij. Vinificazione semplice ed essenziale per un vino fresco e beverino a cui non serve star troppo li a cincischiare. Da pasteggio o in assolo dove lo metti starebbe bene, ma il manico di chi lo forgia si sente e infatti se guardi bene si vedono anche finiture cromate e controllo della stabilità. Fossero tutti così i vini semplici porcacciamiseria!

 

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foto di copertina da viticcio.com

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Simone Di Vito

Cresciuto a pane e corse automobilistiche (per via del papà pilota), sceglie la sostenibilità di bacchette, tamburi e corde grosse, tra batteria e basso elettrico. Si approccia al vino grazie a una breve carriera da scaffalista al supermercato, decidendo dopo anni di iscriversi ad un corso AIS. Enostrippato a tempo pieno, operaio a tempo perso. Entra in Intravino dalla porta di servizio ma si ritrova quasi per sbaglio nella stanza dei bottoni. Coltiva il sogno di parcellizzare tutto quel che lo circonda, quartieri di Roma compresi.

7 Commenti

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Franco Traversi

circa 3 anni fa - Link

Anche del San Giusto a Rentennano e Monsanto non avrebbero sfigurato.

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Daniele

circa 3 anni fa - Link

E secondo me non avrebbero sfigurato nemmeno Riecine , Carleone o Monteraponi...

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Paolo Socci

circa 3 anni fa - Link

Sono commosso, grazie

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Jeckelmann

circa 3 anni fa - Link

anche Val delle Corti! Grande Roberto Bianchi !!!!!

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Riccardo Ridi

circa 3 anni fa - Link

Mi piace un enologo che ama la sezione ritmica della musica e che invita ad acculturarsi ai profani

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domenico farina

circa 3 anni fa - Link

Bel giro. Condivido le stesse sensazioni: bollato il Chianti come "finito" in gioventù, l'ho ripreso con piacere dopo una stupenda "immersione" nel Chianti di Radda. bravo.

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Michelangelo Diligenti

circa 3 anni fa - Link

Bell'articolo, ottime descrizioni ecc. Ma far passare come scoperta (sia pur personale) il cc su intravino e' quanto meno un po strano... Sono almeno 30anni che pur con tutti i suoi problemi il cc e' tra le regioni vinicole piu; vitali e con u numero enorme di produttori interessantissimi. Ed Andrea Gori ne questo stesso sito, ha descritti a centinaia negli anni...

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