Vini veri e vini finti potrebbe essere una buona idea?
di Alessandro MorichettiSmaltito il gran caos parigino francofono gamberoso, il per me sempre significativo Faro Izbaziri – al secolo Fabio Rizzari (L’Espresso) – suggerisce una chiave di lettura per parlare più adeguatamente di tematiche naturali o quel che sia: vini veri e vini finti.
Continua il Rizzari:
Non dico vini falsi, che è un’altra faccenda ancora: un falso Latour, un falso Pétrus e simili. Dico finti rispetto a veri: quelli ottenuti con molte manipolazioni e artefazioni e quelli ottenuti con pochi passaggi essenziali.
Ma mi rendo conto che anche così non si arriva al nocciolo. “Valutare caso per caso” rimane l’unica ricetta universale.
Questa cosa mi stuzzica, mi provoca. Adesso rimango in attesa di qualcuno che dichiari pubblicamente di produrre vino finto poi vi faccio sapere se sono ancora vivo.
[Foto: EquilibriArte.net]
3 Commenti
Marilena Barbera
circa 11 anni fa - LinkDefinire "molte" rispetto a "pochi" potrebbe essere un buon punto di partenza, altrimenti non se ne esce. E ogni opinione rischia di rimanere confinata nel bugigattolo dorato della propria autoreferenzialità.
RispondiAngelo D.
circa 11 anni fa - LinkEcco, allora, che fare pure un solo nome di un vino finto ed uno vero, tanto per avere una labile idea di cosa stiamo parlando, non sarebbe stato mica male...
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 11 anni fa - LinkFinalmente un discorso di buon senso! Non ne posso più di barbari col torace peloso e di adoratori della propria ignoranza (enologica, s'intende), per favore torniamo a cose più ragionevoli. Vogliamo davvero distinguere i vini fatti secondo sane pratiche enologiche dagli altri? Già un grossissimo passo avanti sarebbe il rendere obbligatorio in etichetta la SO2 totale e libera.
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