Quanto ti reputi affidabile come assaggiatore di vino?

Quanto ti reputi affidabile come assaggiatore di vino?

di Alessandro Morichetti

Questione meno banale di quanto potrebbe suonare ma credo sia fisiologico per ciascuno di noi – quale che sia il punto di approfondimento cui si è arrivati nel mondo del vino – ragionare del e sul proprio essere un assaggiatore, in special modo rispondendo alla domanda: “Quanto mi reputo attendibile come degustatore?”- che è parola che non amo, ma almeno ci capiamo. La domanda purtroppo porta con sé una forte quota di autoassoluzione e nessuno ammetterà mai di essere degustatore incoerente, scostante, sostanzialmente inaffidabile. Di converso, non ammetterà mai di essere traviato da pregiudizi, superficiale, dogmatico e in buona sostanza inutile.

I vini si assaggiano uno dopo l’altro, caso per caso, e se ancora non lo avete capito il degustatore infallibile non esiste. Di più: non esiste quello dalle interpretazioni lucide in tutti i casi, su tutte le tipologie, e vale sempre quel noto postulato secondo cui “Dato un qualsiasi vino, da qualche parte nel mondo c’è qualcuno che ne sa più di te. E tu non lo sai“. Ma questo vale sia per la conoscenza nozionistica sia per la qualità dell’interpretazione del vino fornita nell’assaggio.

Non so voi ma io mi fido di pochissime persone e la scrematura delle fonti è un mestiere tanto quanto imparare in proprio. Capire chi capisce cosa meglio di altri e perché è interessante ma vorrei tornare alla domanda di partenza: “Mi reputo un bravo degustatore?”. La risposta dopo tanti anni è sì, convinta, ma ad essere rilevanti sono tre aspetti che prescindono dalla quantità di vini assaggiati. Puoi anche assaggiare un milione di vini per compilare la scheda Ais ma se non accendi il cervello sarà del tutto inutile e la quantità in sé non vale una cippa.

Tre elementi fondamentali, quindi.

1. Qualità degli assaggi
La comparazione tra bottiglie è fondamentale ma è la scelta delle stesse a fare la differenza. Puoi assaggiare mille Borgogna grami ma ne basta uno illuminante per capire concetti altrimenti estranei. Serve assaggiare le cose giuste per cogliere i segreti ed entrare in intimità con la materia, e mi rendo conto che questo concetto di intimità possa suonare sibillino. Penso inoltre che valga in tutti i mestieri e consista nell’arrivare ad aver affinato i propri strumenti di indagine, e la proprio conoscenza della materia, a tal punto da cogliere aspetti che ad altri sono preclusi. Per esempio, ricordo che da piccolo un amico di mio babbo era un meccanico formidabile della Renault: un mostro, un fenomeno, il Dr. House dei motori. A tal punto che la casa madre, quando un problema sembrava irrisolvibile, consultava lui come extrema ratio. Lui coglieva certe cose, gli altri no.

2. Eterogeneità dei panel
Negli anni ho avuto il piacere di partecipare a eventi di ogni sorta con genti di ogni sorta, assorbendo sempre qualcosa e sentendomi sempre un po’ estraneo perché per me la bottiglia è compagnia piacevole e non evento. Da Porthos all’ultimo enosborone ne ho conosciuta di gente che beve e le teste sono parecchio diverse. Certe sottoculture del vino sono inconciliabili una con l’altra e frequentarle tutte è importante per trovare una propria dimensione d’assaggio, tra l’altro dinamica ed elastica quanto basta.

3. Personalità
Il buon assaggiatore arriva ad avere un carattere distintivo e una personalità. Non dice sì e no a comando, non trova buono quel che deve essere buono né si vergogna di andare controcorrente argomentando la propria posizione. Là fuori è pieno di pavidi e viscidi, occhio. Sono ovunque, nocivi come la peste. Se li conosci, li eviti.

Speriamo di incontrarci ad assaggiare da qualche parte, ma se intanto volete partecipare alla discussione raccontando come vi percepite sarà davvero interessante. Vi lascio le sottodomande di riferimento: ti piaci come assaggiatore? Ti senti in grado di dare buoni consigli ad un presunto esperto e motivarli? Ti senti in grado di comunicare la tua interpretazione di un vino?

Senza rete, avanti tutta e coraggio.

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Alessandro Morichetti

Tra i fondatori di Intravino, enotecario su Doyouwine.com e ghost writer @ Les Caves de Pyrene. Nato sul mare a Civitanova Marche, vive ad Alba nelle Langhe: dai moscioli agli agnolotti, dal Verdicchio al Barbaresco passando per mortadella, Parmigiano e Lambruschi.

14 Commenti

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Marco

circa 6 anni fa - Link

Quello che dici è giustissimo; vorrei aggiungere che però un buon assaggiatore lo si è, se lo si rimane a prescindere del paradigma valutativo adottato, ed un buon assaggiatore, dato il paradigma, sa valutare rispetto a quello.

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luis

circa 6 anni fa - Link

Il degustatore infallibile non esiste? E Luca Maroni dove lo metti?!?

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Nelle Nuvole

circa 6 anni fa - Link

Questo è un bel post, anche se a leggere il titolo si pensa più alla Settimana Enigmistica che al New Yorker. Invece poi, tutto sommato, Alessandro Morichetti (non Moricchia qui) conferma che quando si ripulisce da un linguaggio trendy-trash riesce ad essere un ottimo divulgatore? Stimolatore? Esplicatore? O forse, solo Giornalista.

Tornando alle domande, per quanto mi riguarda: No, non mi ritengo affatto una buona assaggiatrice, sono tutt'ora vittima di pregiudizi, simpatie/antipatie, scarsa esperienza di vini di altissima qualità. Negli assaggi spesso lavoro più di testa che di sensi. Quindi non mi piaccio molto in tale veste. Però ne sono consapevole e continuo ad applicarmi. Quello in cui riesco bene è spiegare la mia interpretazione del vino, so collegare le parole alle sensazioni. Infine, sì, me la sento di dare consigli ad un presunto esperto, tipo "dovrebbe frequentare più zone vinicole meno classiche, come la Sardegna", motivandolo "Questo è un cannonau da vigne di più di cent'anni, non un nebbiolo come lei ha decretato." Episodio realmente accaduto circa dieci giorni fa.

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Alessandro Morichetti

circa 6 anni fa - Link

Grazie!

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gp

circa 6 anni fa - Link

Per stare più sul concreto, in cosa si concretizza l’affidabilità dell’assaggiatore? C’è chi ci ha lavorato su seriamente ed è giunto a questa conclusione: compresenza di ripetibilità dei giudizi (dare valutazioni quanto più possibile vicine allo stesso vino) e capacità discriminatoria (dare valutazioni diverse a vini diversi) [per chi fosse interessato, un riferimento reperibile in rete è l'articolo di Kobler su “L’enologo”novembre 2008]. Nei concorsi altoatesini sul Pinot nero e il Riesling che si svolgono a Egna viene applicato un sistema di valutazione basato su questa impostazione, elaborando i giudizi che ogni singolo assaggiatore dà ai vini che gli vengono somministrati, che includono campioni ripetuti di alcuni vini uguali per tutti gli assaggiatori. La valutazione consente di scartare gli assaggiatori inaffidabili, nella maggior parte dei casi un terzo o un quarti del panel: a Intravino lo sanno, perché vari componenti del team hanno partecipato a qualche edizione (almeno Corazzol, Cossater e Sartore che ne hanno raccontato sul blog). Purtroppo al di là di questi concorsi non si ha notizia dell’applicazione di questo sistema nel magico mondo della critica del vino, dove un sostanziale aumento di affidabilità all’interno dei diversi approcci porterebbe un miglioramento del panorama al momento alquanto accidentato.

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luis

circa 6 anni fa - Link

Qualcuno, non io, ti risponderebbe che lo stesso vino (proveniente da 2 bottiglie diverse) può dare sensazioni differenti a distanza di poche ore.

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Alessandro Morichetti

circa 6 anni fa - Link

Al di là dello stesso vino, come spiegato nel testo non si intende "affidabilità" nel senso stretto di ripetibilità ma di molto altro, che con la coerenza di punteggi non ha nulla a che vedere: si chiede quanto uno si ritenga in grado di fotografare bene i vini e semmai comunicarli, anche prescindendo del tutto dai punteggi.
Ci sono, in altre parole, assaggiatori coerentissimi ma dei quali non mi fiderei mai e poi mai, e credo che ognuno abbia esempi al riguardo.

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gp

circa 6 anni fa - Link

Come detto sopra, l'affidabilità non comprende solo la ripetibilità ma anche la capacità discriminatoria, ed entrambe hanno a che fare con il "fotografare bene i vini" che dici. In questa ottica, i punteggi sono visti come un modo di tradurre in numeri confrontabili queste fotografie (e ovviamente non si sostituiscono alle fotografie stesse, cioè alle "descrizioni animate"). Ma soprattutto: è vero che non bisogna necessariamente condividere il giudizio di un assaggiatore solo perché è affidabile nel senso detto (se intendi questo quando parli di "fidarsi"), ma affidarsi a un assaggiatore inaffidabile o di cui non si conosce l'affidabilità, magari solo perché è un bravo affabulatore, ha parecchie controindicazioni.

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luis

circa 6 anni fa - Link

La mia risposta all'intervento di gp prescinde dal testo, veramente interessante, che ci proponi oggi. Sui tre punti fondamentali elencati difficile non essere d'accordo. La qualità degli assaggi deve elevarsi col tempo, in una crescita conoscitiva necessaria a migliorare le proprie capacità degustative: se beviamo sempre vini modesti al primo vino discreto grideremo al capolavoro. Ancora più importante il confronto con degustatori di estrazioni differenti per arrivare a formare la propria dimensione d'assaggio (giustamente dinamica, come sottolinei); è veramente utile conoscere il punto di vista degli altri anche se noteremo facilmente opinioni divergenti su uno stesso vino tra le varie correnti di pensiero enologico. Sulla personalità ci sarebbe veramente molto da dire. Io ritengo che debba essere figlia della conoscenza e che la sua formazione vada di pari passo con quella delle conoscenze degustative. Anche nel vino bisogna essere capaci di ragionare con la propria testa e saper dire le nostre impressioni quando assaggiamo un vino, al di là di quello che ci stanno raccontando in quel momento. Personalmente ho partecipato a troppe degustazioni guidate dove nessuno osava uscire dal seminato del relatore di turno. Riguardo alle tre domande che poni direi che come degustatore mi piaccio quando seguo l'istinto, altrimenti divento ipercritico; che di fronte ad un esperto, o meno, più che di consigli parlerei di impressioni reciproche (il suddetto confronto); che comunicare la mia interpretazione di un vino mi riesce bene se questo mi ha emozionato, altrimenti meno. Grazie

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Livio Antonino Mancuso

circa 6 anni fa - Link

Io penso che il vino sia un mondo meraviglioso, penso che sia talmente bello perché è allo stesso tempo così vario...un Po come accade nel calcio...è bello vedere cosa dicono gli altri, sentire il parere di tutti e farsene uno proprio. Personalmente credo che non esista una regola ben precisa;bisogna avere la sensibilità giusta, bisogna avere la passione giusta e le capacità perché no, di saper scegliere e saper riconoscere il "talento" laddove c'è realmente; se bevo un barbaresco di gaja risulta facile dire che siamo di fronte ad un "fuoriclasse" il bello ,invece, secondo me è andare alla ricerca di quel "campioncino" che nessuno conosce o che in pochi conoscono e che un giorno diventerà grande.Infine rispondendo alle sottodomande rimaste, posso dire di ritenermi un buon assaggiatore e un consigliere affidabile in grado di compiere scelte e saperle motivare.Cordialmente Livio Mancuso.Grazie.

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Francesco Annibali

circa 6 anni fa - Link

Il degustatore un po' meno bravo beve come se degustasse, quello un po' più bravo degusta come se bevesse.
Poi ci sarebbe la questione, analoga alla critica cinematografica, dei vini 'di genere', contrapposti ai vini diciamo 'd'autore'.
Alla dritta: sul Lambrusco è più affidabile il super esperto di zona, rispetto a Suckling.
Sul cinema horror è nettamente più affidabile il superesperto di horror del grande critico cinematografico.
Discorso lungo

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Alessandro Morichetti

circa 6 anni fa - Link

Discorso lungo e molto appassionante. Di uno che ha indicato la 2000 come annata del secolo in Barolo non mi fiderei mai su niente, ma questo è un altro discorso.
In generale, però, trovo molto più istruttivo bere con chi ha il piacere di cercare più che la necessità di trovare. Dettaglio non da poco, sostanziale.

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Alessandro

circa 6 anni fa - Link

assolutamente d accordo con quel che dici
anche perché con più assaggi fai con più la tua esperienza cresce e il tuo livello di gusto cambia
io in 20 anni di esperienza nel campo posso dire di essere un buon assaggiatore e conoscitore ma non nascondo che ancora oggi scopro vini sorprendenti che escono dai canoni che conosciamo e ci immergono in un nuovo mondo da scoprire e ci piace !
Si perché il vino ci da un emozione quando ci sorprende e non tanto quando lo riconosci o lo associ a qualcosa che conosci la verità è la scoperta l oltrepassare il nostro limite perché tutti ne abbiamo vivere un esperienza che va oltre l enologia e oltre dai pregiudizi.
ho bevuto grandi vini di nomi e maison blasonate autoctoni a non finire biodinamici e naturali vini buonissimi e vini di merda fino a chiudere con i vini delle origini e all' Alchimia vinicola si ho bevuto qualcosa ma ancora qualcosa mi sorprende certo che valutare un vino dopo aver vissuto tante esperienze non è più Facile bevete e pensate poco vi farà assaporare al meglio Tutto! cin cin a TUTTI!

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VV

circa 6 anni fa - Link

Il sono già felice di avere la capacità di dire: mi piace, non mi piace. Gli opinionisti affidabili? Cani Gialli. Ma le mode cambiano ed gusti pure ed anche la taratura dei degustatori, soprattutto di quelli che fanno tendenza. Ed i degustatori "esperti" oramai premiano più opulenza, che l'eleganza. L'opulenza di sicuro è più ruffiana e immediata , anche i profani riconoscono fiori frutti ecc. ecc e questo è gratificante quindi porta consensi. Ma se vogliamo goderci una bottiglia, fino alla fine, non è meglio un vino meno immediato, ma equilibrato ed elegante? Ammesso che l'eleganza, sia ancora riconosciuta, come l'equilibrio di tutti gli elementi.

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