Mangiare a Milano. E magari nel posto numero uno: Contraste
di Cristiana LauroLa fama talvolta si ottiene quasi per sbaglio e spesso supera la realtà, la verità, sopravvalutando persone, prodotti e contesti. L’autorevolezza, invece, attiene unicamente alle persone, si conquista a fatica con lavoro, con impegno, credibilità e sacrifici. Ma anche con una buona dose di entusiasmo e poi, finalmente, coi risultati, quelli che finiscono sotto agli occhi e sulla bocca di tanti. A quel punto si è “ufficialmente” autorevoli.
Entrando da Contraste ho la percezione di avere a che fare con la credibilità, l’autorevolezza, l’esperienza e il talento di chi ci lavora, sebbene siano tutti giovani. Col prestigio, non semplicemente degli arredi, di ottimo gusto, ma soprattutto delle persone che fanno quel ristorante.
Thomas Piras e Matias Perdomo, proprietari di Contraste, ma anche, rispettivamente, direttore di sala e cuoco, sono fra i migliori esempi nella ristorazione italiana di cosa significhi, appunto, il termine ristorare. Mi ripeto, abbiate pazienza, sarà l’età, ma in quanti hanno chiaro il senso della ristorazione? Io al ristorante vado quasi sempre da sola e, non avendo distrazioni al tavolo, devo prima di tutto stare bene con me stessa e poi sentirmi a mio agio in sala, col personale, con l’ambiente, le luci, le sedute, l’acustica, la grazia della gestualità e con quanto mi venga servito nel piatto e nel bicchiere. Il senso della ristorazione per me è questo: sentirsi risollevati, ricreati nel corpo e nello spirito. Le mie impressioni sono sempre complessive, non si fermano solo ed esclusivamente alla cucina (eccezionale, sia chiaro, andate a colpo sicuro se siete a Milano).
Thomas Piras è bravissimo, la sintesi dell’accoglienza senza bisogno di fare il pavone. Uno di esperienza, che sa creare agio e che mi ha proposto una carta dei vini molto ben fatta, pensata, non ispirata né scopiazzata. Chiara, precisa, funzionale, trasversale, ovvero contemporanea, con carattere e personalità. Una carta che ha l’impronta di chi l’ha scritta, nient’affatto banale, ma che ha superato il vinnaturismo oltranzista con il giusto equilibrio. Quella che permette di bere un vino biodinamico, macerato, in anfora, un grande vino contadino artigianale – come ho fatto io – ma anche una bottiglia buona un po’ più ordinaria, ma affidabile, se non si è esperti di vino. In mezzo a queste numerose etichette non mi è sfuggita la presenza di ottime annate che non stavano lì per caso ma per scelta sapiente di chi conosce e ama il vino.
La cucina di Matias Perdomo è molto creativa – come ai tempi di Al Pont de Ferr – e ricca di sapori. Tutt’altro che sfuggente, evanescente o eterea, ha la sostanza che ci vuole per soddisfare il palato con grande senso dell’equilibrio sia gustativo che tattile. Bellissime anche le presentazioni delle portate.
Io ho scelto à la carte, non seguo mai i percorsi di degustazione, ma alla fine è come se lo avessi fatto.
Ecco cosa ho mangiato, senza tante vivisezioni descrittive dei piatti e soprattutto senza immagini perché non amo le foto a tavola fatte male. E poi da che mondo è mondo i suggerimenti girano col passaparola, non col passafoto. Potrei consigliarvi il mio parrucchiere, che è bravissimo, senza piazzare la foto della mia cotonatura a tutto volume, o indicarvi il mio dentista senza bisogno di rinforzare la mia tesi postando un molare su Instagram.
Scaloppa di foie gras, mela verde e perle di Campari
Rognoncini di coniglio, salsa di anguilla affumicata trevisana e sorbetto di aceto
Gnocchi di patate affumicate, salsa al nero e burrata
Animella di vitello limone e caffè
Entrana di manzo, zucchine alla brace, yogurt e acqua di fagiolini
Spaghettoni aglio, olio e peperoncino, calamaretti spillo e colatura di alici.
Chiaramente anche questa volta non assegno voti perché, giustamente, è mestiere di critici e giornalisti, io sono solo una cliente. Una di quelle clienti che stavolta darebbe tutti dieci.
8 Commenti
Gian Luigi Frau
circa 8 anni fa - LinkTutto bene ma il foie gras no. Un conto e' amazzare gli animali per nutrirci,( ammesso e non concesso che c'e' ne sia bisogno), un'altro e' torturarli. No, il foie gras no.
Rispondidc87
circa 7 anni fa - LinkIo lo ordino quasi ogni volta che lo trovo in carta.
RispondiCerti moralismi da 4 soldi mal si conciliano con gli appassionati della tavola.
Paolo
circa 8 anni fa - LinkCopioincollo dal menu: "Entrana di manzo, ..." E' possibile che il correttore birichino sia intervenuto sulla parola "Entrecote", forse giudicandola poco consona alla cotonatura della fanciulla?
RispondiCristiana Lauro
circa 8 anni fa - LinkSecondo me l'entrecôte ce l'hai al posto del cervello 😃 @Gian Luigi Frau, su questo sono d'accordo. Non ordinerò mai più in un ristorante il foie gras. Si possono mangiare tanti altre cose
Rispondizzz
circa 8 anni fa - LinkMa la crème brulée al foie gras servita come amuse bouche è semplicemente fantastica!
RispondiPaolo A.
circa 8 anni fa - LinkE' entraña, manca la tilde.
RispondiPaolo
circa 8 anni fa - LinkTrovato! grazie per la spiega.
Rispondidc87
circa 7 anni fa - LinkQuindi hai ordinato 6 piatti alla carta e li hai mangiati da sola?
RispondiLe porzioni come sono?
Perché dall'alto (o meglio dire "dalla larghezza") dei miei 90kg con 4 piatti da Villa Crespi sono uscito molto più che sazio.