Vino in Valle di Fabrizio Gallino e assaggi vari. Valle d’Aosta sotto i riflettori

di Giovanni Corazzol

Per i routards digitali l’Enofaber’s blog è un po’ l’arcipelago delle Azzorre, tappa obbligata per sorvolatori oceanici in cerca di rifornimenti, piani di volo e buoni consigli. Fabrizio Gallino ha costruito questo presidio nel mare magno del vino internettiano e intorno ad esso una reputazione di gentile, fermo, libero pensatore di vino. Ora Fabrizio lascia per poco l’arcipelago dell’Enofaber formato web e si avvicina a quello dell’ Enofaber formato  stampa pubblicando per la neonata Giramondo Gourmand un libro dal titolo “Vino in Valle, un viaggio tra i vignerons della Valle d’Aosta” (acquistabile sul sito dell’editore a 18,00 euro) con la prefazione di Marco Arturi.

Vino in Valle è un libro di viaggio strutturato ed impaginato per essere una guida da enoesploràtor, ma anche la rappresentazione ragionata di un percorso personale, compiuto incrociando vini a ristori, punti di interesse a storie grandi e piccole.

William Least Heat-Moon le ha chiamate strade blu (Strade Blu. Un viaggio dentro l’ America, Einaudi, 1988), quelle strade alternative che conducono alla scoperta di sé attraverso altri luoghi e altri uomini; le strade blu di Fabrizio si legano alla Statale 26, accesso intimo e profondo ad un territorio più noto per piste da sci, valichi di frontiera e corroboranti omaggi natalizi anni ottanta come la coppa dell’amicizia (da non confondersi con la grolla eh?).

Il libro è organizzato in quattro itinerari lungo la direttrice sud-est/nord-ovest; senza scivolare mai nel tecnicismo o nel sapientinismo, Fabrizio offre un bel racconto personale a tappe, da leggere rimanendo seduti sulla poltrona del salotto oppure da studiare sul sedile dell’auto. Insomma l’oggetto è double face ed ha il non trascurabile merito di mettere sulla mappa dell’enoturista una regione spesso negletta, assaggiata con curiosità diffidente tutt’al più in qualche fiera.

E infatti, complice la partecipazione per conto di Intravino ad una tavola rotonda sul vino naturale, ci si trova a Bolzano, ad Autochtona 2013 a dialogar con Fabrizio assaggiando al banco dell’Associazione Viticulteurs Encaveurs  Vallée d’Aoste, alcuni dei vini descritti nel libro:

Azienda vitivinicola Pavese Ermes, Morgex. Metodo Classico – Vda DOC Blanc de Morgex et de La Salle 2010: prié blanc 100%, pas dosé, sboccatura giugno 2013, nove mesi sui lieviti. Data la sboccatura recente va aspettato prima di articolare un giudizio decente: al naso si percepiscono i lieviti ed una nota minerale spiccata, comune non solo al vitigno, ma più in generale al territorio;  all’assaggio risulta di buona finezza con qualche brufolo giovanile. Didattico per avvicinarsi alle acidità ed alla sapidità dei vini a base prié blanc, personalmente non salirò a Morgex per comprarlo, ma di certo ha una sua solida ragion d’essere.

Azienda vitivinicola Pavese Ermes, Morgex. Vda DOC Blanc de Morgex et de La Salle 2012: prié blanc in purezza affinato in acciaio. Il prié blanc è vitigno autoctono, l’unico a bacca bianca della VdA, coltivato in coltura specializzata da La Salle a Morgex fino a 1.100 metri slm. Pavese ne fa una versione base (in assaggio), un crù (il “sette scalinate”) ed una versione in legno (“Nathan”). Al naso si percepisce un frutto maturo, polputo, abbinato a note erbacee e minerali, quasi idrocarburiche; in bocca il frutto permane affiancato da netta sapidità e ad una bella spina acida che sostiene e non copre. Bella bevibilità per un vino fascinoso, piuttosto sorprendente e piacevole.

Maison Vigneronne Frères Grosjean ss, Quart. Vda DOC Petite Arvine Vigne Rovettaz, 2012: il Petite Arvine è vitigno a bacca bianca originario della Svizzera, in particolare del Cantone Vallese. Introdotto da molto tempo in Vallée da qui origine a vini bianchi  di una certa struttura, caratteristici, di spiccata acidità, nitidamente salini e con richiami erbacei. Nella versione di Grosjean il passaggio in legno (80% acciaio e 20% barrique) ammorbidisce  alcune spigolature; la frutta è molto matura, l’erbaceo richiama l’alpeggio, si percepisce il fieno ed una nota vagamente fumè. In bocca l’elemento dominante è la sapidità ed in sottofondo un frutto comunque ben presente.

Maison Vigneronne Frères Grosjean s.s., Quart. Vda DOC Fumin 2010: il Fumin è vitigno autoctono a bacca rossa coltivato prevalentemente nel centro della regione. Da origine a vini di buona struttura e freschezza con una buona inclinazione all’invecchiamento. Il Fumin di Grosjean al naso risulta vinoso, “floreale, delicatamente fruttato e speziato” (ops credo di aver copiato Gallino). In bocca di nuovo il frutto unito ad un tannino forse ancora un po’ spigoloso, la sapidità si conferma componente dominante.

La Source sas di Celi Stefano e C. s.a., Saint Pierre. Vda DOC Petite Arvine 2011: Questo è il vino che del lotto meno mi ha convinto soprattutto a causa di una percepibilissima quantità di solforosa oggettivamente disturbante. Leggo dal libro che La Source non ha per così dire un approccio biologico, scelta che non pregiudica preventivamente la degustazione, ma che in questo caso mi sembra per converso un limite per una materia comunque percepibile, forse nascosta da eccesso di tecnicismo.

La Source sas di Celi Stefano e C. s.a., Saint Pierre. Vda DOC Torrette 2012: Il Petit Rouge è il vitigno a bacca rossa autoctono più diffuso. Riprendendo quanto ne scrive Gallino nella sezione “vitigni autoctoni della Valle d’Aosta” regala vini che sprigionano “note vinose miste a marasca, lampone ed altri frutti di sottobosco; il gusto rivela piena morbidezza e velluto su buon corpo”. Il Torrette 2012 ha note pepate al naso ed un frutto anche in questo caso presente e materico ma non chiaramente distinto e su cui sembra prevalere la freschezza. Da rivedere.

Les Crêtes di Charrère & C. s.s., Aymavilles. Vda DOC Fumin 2009: Questo invece, dell’azienda forse più nota della zona, è un vino che mi ha colpito per eleganza e bevibilità, complessità e propensione all’invecchiamento. Un vino che “nebbioleggia” con sentori di terra, spezie, cuoio, frutti di sottobosco; in bocca è equilibrato, ben solido, riempie e soddisfa pur con qualche spigolosità giovanile, ha bella freschezza e tannino ben integrato.

Rosset s.s., Quart. Vda DOC Cornalin 2011: Il Cornalin è un altro vitigno autoctono a bacca rossa diffuso tra Arnad ed Arvier; cresce a 700 m slm e genera vini particolarmente speziati senza annoiare grazie alle ricorrenti note sapide, a buona tannicità e freschezza. L’assaggio di Rosset è convincente per le caratteristiche già riferite al vitigno cui si aggiungono profumi di rosa e fiori recisi; in bocca diverte il contrasto tra frutto ed una sapidità che ricorda la salamoia, l’acciuga, il cappero in un quadro appagante che concede anche ottima bevibilità.

Maison Agricole D & D di Daniela Dellio, Aosta. Vda DOC Muscat Petit Grain|2012: Il Muscat Petit Grain è più noto in lingua dantesca con la definizione di Moscato bianco. In questa versione gioca nei contrasti tra dolcezza e acidità. Al naso spiccano i richiami aromatici tipici del varietale uniti a fiori bianchi e sambuco, tiglio e acacia, in bocca un leggero residuo zuccherino e la freschezza rendono la beva assai piacevole.

Maison Agricole D & D di Daniela Dellio, Aosta. Vda DOC Torrette|2012
Assemblaggio di petit rouge (maggioritario), fumin e cornalin, ha una nota speziata meno pronunciata, viola e frutti rossi maturi. In bocca la vinificazione, parte in acciaio (80%) e parte in legno di rovere, conferisce morbidezza ad una trama un po’ rustica e balzellante.

 

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Giovanni Corazzol

Membro del Partito del progresso moderato nei limiti della legge sostiene da tempo che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell'obbedienza.

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