Vino di pronta beva o rosso importante? Dove va Dogliani dopo i sogni del Dolcetto 2.0

di Andrea Gori

Molti ricorderanno, penso, l’attenzione sollevata dall’iniziativa Dogliani 2.0, un modo di raccontare il territorio nuovo e moderno che si prefiggeva di posizionare il dolcetto prodotto a Dogliani in un contesto territoriale preciso, che trascendesse dalle tante discussioni sul vitigno in sé, e che portasse, come è già avvenuto in etichetta, a parlare dello specifico terroir locale più che insistere su una varietà che è diffusa e coltivata in molte altre DOC del Piemonte. Da allora sono passati alcuni anni ma la situazione a Dogliani resta come sospesa.

Un manipolo di produttori ha investito in termini di immagine ed energie su una denominazione “Superiore” che mostra spessore e sostanza difficili da pensare in chi il Dolcetto lo beve alla piemontese, cioè in modalità sbarazzina, leggera e unicamente fruttata. Nell’attuale Dogliani DOCG c’è spazio per il Dogliani senza specifiche, che in teoria ricalca la stereotipo da libro AIS dei vini a base dolcetto: giovani, fruttati, piacevolissimi al naso e golosi, ma veloci in bocca e poco consistenti. Poi c’è il Dogliani Superiore, che ha ambizioni di vino di alto livello per capacità di invecchiamento e complessità di bevuta e abbinamenti.

Il fatto è che il territorio pare spaccato in due con la maggior parte dei produttori preoccupata per il calo cronico di vendite (il dolcetto nel bene e nel male non è più il vino quotidiano del piemontese) e un ribasso dei prezzi che ha portato quasi al minimo storico di redditività delle uve nella DOC. L’altra metà (ma in realtà una frazione molto più piccola, diciamo una decina di nomi) vorrebbe una connotazione più elevata per questi vini e vorrebbe lavorare per una promozione del Dogliani Superiore piuttosto che puntare a recuperare le bottiglie vendute un tempo dal Dogliani “base”.

Durante il Festival della Televisione e la cena a casa di De Benedetti (che ha residenza qui, non produce vino e serve il Dolcetto nel bicchiere del rosolio…) abbiamo fatto diversi assaggi, che ci hanno aiutato ad inquadrare la questione.

Dogliani 2012 Luigi Einaudi: si annuncia con marasca e lime, bocca sapida, schietta con un tocco di alcol, ma con un bel frutto. 83

Dogliani Superiore 2011 Luigi Einaudi Vigna Tecc: ha frutto deciso e speziato, malva e lavanda, spinta ed esuberanza, liquirizia e pepe; finale di spessore. 87

Dogliani Superiore Pecchenino Bricco Botti 2011: è cupo, intenso e speziato, mostra rabarbaro e tè al bergamotto; bocca dal tannino speciale e sorprendente per un’idea di dolcetto che convince e disseta. 90

Dogliani Superiore Pecchenino Bricco Botti 2010: naso stupendo e incantevole, ammaliante: ribes rosso e bianco, mirtillo e rafano, sambuco; in bocca tannino superbo, balsamicità e candore, profondo e minerale. 92

Dogliani Superiore Anna Maria Abbona Maioli 2011: soave e agrumato, elegante e con note di sacrestia; finale finissimo e profondo in tanta sapidità. 87

Dogliani Superiore Anna Maria Abbona San Bernardo 2009: al naso marasca e incenso, lavanda e tabacco, stuzzicante; finale pepato e persistente. 88

Dogliani Superiore San Fereolo 2007: vivace, ombroso e scuro, freschissimo, sapido e di sottobosco; grandi sfumature e intensità, giovane e di polso. 91

Dogliani Superiore Marziano Abbona San Luigi 2012: incredibile intensità e frutto carnoso; bocca croccante, easy e ammiccante, un classicissimo. 84

Dogliani Marziano Abbona Papà Celso 2012: da un cru di vigne di 60 anni, si presenta intenso; i terreni diversi danno speziatura e finezza con un fruttato carnoso e passionale, amarena e sandalo; bocca di struttura salda e piacevolezza futura. 87

Dogliani Superiore San Fereolo 2001: balsamico delicato e stuzzicante, piacevolezza e levità, una grazia sopraffina pre-biodinamica; tannino perfetto ed equilibrio mirabile. 92

Dogliani Boschis Francesco Vigna dei Prey 2012: da argilla ferrosa, dolce e nero, con fragole e mora, altitudini; tannino che spinge ruvido, già godibile. 85

Dogliani Boschis Francesco Sorì San Martino 2012: ispido e scuro, introverso e strutturato, proviene dal versante sud est su terre bianche: mineralità più incipiente, grande da aspettare ma ha forza, rigore e classe. 87

Dogliani Superiore Briccolero Chionetti 2011: sostanza e struttura, ma che si ferma ad un passo dalla banalità e dall’eccesso; vino polposo di frutta nera e sensazioni balsamiche, decisamente appagante. 88

E dopo i rossi, un piccolo bonus in quota bianchista:

San Fereolo Coste di Riavolo 2010: miele e zafferano, candito e affumicato, resine e camemoro, persistenza e sapidità, spessore e carattere per appassionati. 84

Cinerino Langhe Bianco 2013 Marziano Abbona: viogner pimpante e piacevole, croccante e incalzante di agrumi e albicocca, da toma o anche erborinato; particolare e lungo, dalle buonissime prospettive. 87

Come consuntivo della giornata possiamo riportare che, in effetti, la situazione non è semplicissima perché sono ben comprensibili entrambe le parti dello schieramento. Sul breve e medio termine di certo iniziative di supporto del Dogliani più leggero e giovane potrebbero servire e in tal senso alcune idee della Bottega del Dogliani e della grande Cantina Sociale Clavesana hanno sortito un po’ di interesse per la tipologia.

Ma non ci sono dubbi che, in prospettiva, la sopravvivenza del terroir Dogliani passa per i vini più complessi e strutturati (i Dogliani Superiore) con capacità di invecchiamento interessanti, che riescano a spuntare qualcosa in più come prezzo giustificando l’abnorme monte orario medio di lavorazione per questa uva che, ricordiamo, è assai più alto rispetto ad altri nobili vitigni come sangiovese da Brunello o nebbiolo nelle Langhe.

A ruota anche i Dogliani base o “Rosso di Dogliani” per ricalcare un celebre modello, potrebbero avere il loro impatto notevole. Insomma un caso in cui gli interessi di tutti potrebbero essere salvaguardati con un poco di lungimiranza reciproca, che invece per adesso manca, visto che quei 5-6 produttori in grado di muoversi sul mercato sono sempre più tentati a percorrere le proprie strade in autonomia, lasciando il resto della denominazione al suo destino.

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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