Vinitaly 2016 e alcune bottiglie dall’assaggio fulminante

Vinitaly 2016 e alcune bottiglie dall’assaggio fulminante

di Pietro Stara

Quando sto per lasciare Vinitaly, nell’ultimo sguardo, solitamente un pensiero di sottrazione si ammonticchia sul mio corpo saturo: ciò che non è stato e quello che sarebbe potuto accadere se, eccetera. Poi mi passa. Sostengo, quindi, perentoriamente, che un fiera di tale portata costituisca un paradigma verosimile delle nostre esistenze, indicandoci almeno quattro tracce al suo interno: la prima definisce la limitatezza; la seconda la possibilità di scelta; la terza il caso; la quarta l’appagamento (o lo scontento). Questi modelli sono inseriti all’interno di un contesto sociale, quello fieristico, in cui classi, ceti, caste, gruppi e ordini definiscono spazi, ruoli, accessi, possibilità, scarti, dinieghi o barriere. Agli stand, nei corridoi e sulle scale. E pure nelle toilette, nei parcheggi e sugli autobus. In orari anticipati o posticipati. E fuori orario.

Al principio
Appena arrivato raggiungo Fiorenzo al padiglione Liguria, dove Marco Rezzano si muove tra i tavoli come un antico maestro di cerimonia: mi seggo davanti alla batteria di fuoco dei banchi di Terre Bianche. Filippo Rondelli siede e presiede. Terre Bianche Vermentino Ligure di Ponente 2015. Premetto che i vini di Filippo Rondelli, che ho avuto grazia e modo di degustare, sono tutti di grande fattura. Alcuni di più. Ma poi leggetevi Sartore che da qualche parte ne scriverà con dovizia. Vi parlo qui solamente del mio primo assaggio al Vinitaly. Il principio che apre la strada. Giocato nel prezioso equilibrio di una raccolta delle uve che lascia loro un’insperata giovinezza, fuori dalla crudezza infantile o dalla mollezza senile, si apre meravigliosamente alle erbe di campo, alla salvia, all’erica in fiore, ai narcisi, per poi virare sulle note fruttate, sugli agrumi e sul cedro in particolare. Ancora oltre, percezioni di resina e di idrocarburi. E si termina con un fresco e lungo ritorno di sapidità. “A briglie sciolte”, per usare le parole di Filippo.

Prove di vasca
Sarà il 2015, sarà quel che sarà, ma mai come quest’anno ho avuto la fortuna di sbracciare in prove di vasca tanto promettenti da farmi sperare che le bottiglie con etichetta e tutti i crismi non le tradiscano. Ka Manciné Rossese di Dolceacqua “Galeae” 2015 L’ingresso è importante. Come quando si spalanca la porta la prima volta e si inghiotte la luce. Galeae, fragrante di macchia mediterranea e di luce , di frutti rossi vivi, di ciliegi e mandorli in fiore, di rosa canina e pepe, si allarga sfavillante rendendo la dovuta grazia alle scoscese terrazze di sgruttu (marne calcaree, argilla, a composizione lamellare) e di sole. Come la primavera quando si tuffa nell’estate. Giuseppe Sedilesu. Erèssia. Rosato 2015. Cannonau in purezza da vigne giovani. Bottiglia nuda e cruda, in divenire. Esplosione piena, corpulenta ed appagante di ciliegia, ribes, datteri, melograno. Pepato finemente, sapido a puntino, tannini leggeri e accurati.

Prove di bottiglia
‘Col fondo’ dalla Sardegna. Giuseppe Sedilesu. Forse “Bullizza”. Sicuramente 2015. Quando? Boh! (Il prima possibile) “Bullizza” in dialetto è uno che agita le acque. Ed io mi sono agitato quando ho visto che in terra sarda un produttore aveva avuto l’ardore di proporre un rifermentato in bottiglia con il fondo. Già parlare di vini frizzanti, in Sardegna, richiama antichi scenari di vendetta da codice barbaricino. Rifermentato in bottiglia poi, non ne parliamo neppure. Collaboratore e ispiratore occulto del progetto un tal Stefano Menti, volutamente, e da se medesimo, declassato. Da uva bianca granazza. Una parte delle uve vengono raccolte anticipatamente, agli inizi di settembre. E con queste si fa la base spumante che, badate bene, non fa la malolattica, ma a cui è concesso, per un breve periodo di tempo in attesa delle sorelle maggiori, di giocherellare con i lieviti in vasca. Ad ottobre vengono colte le uve belle mature, il cui mosto viene aggiunto alla base spumante. Quindi il tutto felicemente in bottiglia. Per ora 1000. In futuro forse 5/6000 bottiglie. Senza solfito alcuno. Ancestrali pietre megalitiche, devote al ciclo essenziale dell’acqua, riprendono vita e linfa dalle fonti del proprio territorio.
P.s.: Gianni Lovicu, ricercatore dell’Agris, l’agenzia della Regione che si occupa di ricerca in agricoltura, così disse in un’intervista (la Nuova Sardegna-, 11 marzo 2013) : “La Sardegna per i vigneti è come il Brasile rispetto al calcio.”

Prove di raspi
Maccario Dringenberg Rossese di Dolceacqua superiore “Luvaira” 2014 (a novembre il 2015) Una volta lasciavano i raspi perché non potevano farne a meno. Poi li hanno tolti tutti ché non faceva fine come le fecce. Intanto quelli dello Châteauneuf-du-Pape tenevano duro. Altri, infine, hanno deciso di ributtarceli dentro per fare la differenza. Giovanna no: solo quelli maturi, un 40% circa dalle vigne centenarie. Scambiano ossigeno, si prendono un po’ di alcol e cedono tannini. Dei galantuomini nel segno della reciprocità. Pieno, carnoso, persistente, fresco e delicatamente pungente propone sensazioni in successione e in compromissione: lamponi, fragole piccole e grandicelle, pepe nero macinato e liquirizia. A fianco un po’ di bosco e qualche ginestra che si attarda a fiorire.

Mondi lontani. Il Basilisco
Il Basilisco. Aglianico del Vulture 2010. «L’espressione, in cui diciamo consistere la natura dell’arte, non è qualcosa di cercato, non è una “espressione fatta apposta”. L’espressione in cui consiste la natura dell’arte non è espressione voluta di qualche cosa, ma è la presenza inevitabile della persona umana, diversamente individuata nei singoli artisti, come compendio vivente, e quindi sempre in via di trasformazione, d’un concorso di circostanze storiche.» (Massimo Mila, L’esperienza musicale e l’estetica, Einaudi, Torino 1956, pp. 109, 110) La natura del Basilisco si compendia in circostanze storiche, eventi fortuiti e nell’espressione artistica, a seguito di un cammino ‘iniziatico’ nelle grotte di tufo di Barile, di Viviana Malafarina. “Là dove gli altri propongono opere io pretendo solamente di svelare il mio spirito. La vita è un bruciare di domande. Non concepisco un’opera staccata dalla vita.” (Antonin Artaud, L’Ombilic des Limbes) L’irrequietezza esuberante e giovanile ha trovato una serenità determinata, profonda e lavica in una delle più belle rivelazioni che l’aglianico, ovunque esso si trovi, possa dare.

Il sagace, il filosofo e il cordiale
Il sagace Sartore è da un po’ di tempo che ce lo ripete: venite con me da Marilena perché il suo bianco è strepitoso. Mentre io filosofeggio sulle infinite possibilità di là da quella, e sovrumane, il cordiale Corazzol è benevolmente disposto a recarsi al di lei banchetto. Ci sediamo comodamente, mentre Marilena, prima di adagiarsi sul trespolo, ci serve gentilmente i vini in sequenza. Abbiamo già avuto modo, in diverse occasioni, di poter apprezzare il suo lavoro. Ma ora siamo impazienti di assaggiare: Marilena Barbera, Ammàno, Vino bianco secco.

Isola
Di te amore m’attrista,
mia terra, se oscuri profumi
perde la sera d’aranci,
o d’oleandri, sereno,
cammina con rose il torrente
che quasi n’è tocca la foce.
Ma se torno a tue rive
e dolce voce al canto
chiama da strada timorosa
non so se infanzia o amore,
ansia d’altri cieli mi volge,
e mi nascondo nelle perdute cose.

Salvatore Quasimodo (1932 in Òboe sommerso)

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Pietro Stara

Torinese composito (sardo,marchigiano, langarolo), si trasferisce a Genova per inseguire l’amore. Di formazione storico, sociologo per necessità, etnografo per scelta, blogger per compulsione, bevitore per coscienza. Non ha mai conosciuto Gino Veronelli. Ha scritto, in apnea compositiva, un libro di storia della viticoltura, dell’enologia e del vino in Italia: “Il discorso del vino”.

2 Commenti

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amedeo

circa 8 anni fa - Link

(...) di treni lenti che portavano mandorle e arance, alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze, di sale, d'eucalyptus (...) Salvatore Quasimodo (Lettera alla madre) I vini di Marilena Barbera li ho incontrati qualche anno fa e non li ho più abbandonati. Sono vini che parlano, che raccontano la loro terra, uno sciabordìo che culla l'anima. Spero di assaggiare presto Ammàno (se mai qualche bottiglia risalirà la penisola fino a Roma...)

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Valeria

circa 8 anni fa - Link

Ho avuto il grande piacere di conoscere Marilena Barbera ad una degustazione da lei guidata in parte durante il TerroirVino 2015 a Genova. Mi colpì l'idea di recuperare vitigni come il perricone e il pignatello. Le chiesi perché lo facesse. Domanda sciocca la mia, ora lo capisco. Mi fece un sorriso dal quale si capiva che x lei era un fatto talmente naturale da non aver bisogno di una risposta.

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