La sottile linea rossa. Un giro in Liguria tra i vini che non sono i soliti bianchi

La sottile linea rossa. Un giro in Liguria tra i vini che non sono i soliti bianchi

di Fiorenzo Sartore

Liguria terra di bianchi: non è il solito gioco dei luoghi comuni, è abbastanza la verità. Però girando tra le valli dell’interno e pure lungo le due riviere non è difficile trovare alcune espressioni di vini che derivano da uve nere, e danno rossi di personalità e fuori dai giri del grosso pubblico. Se a questo aggiungiamo che spesso questi rossi sono caratterizzati dal tono snello e nervoso, vediamo che questi rappresentano validamente la contemporaneità di successo del rosso non ridondante. Ormai io mi sono convinto di un fatto: il trend del rosso lieve non è solo un’uscita dal tunnel degli eccessi tipici del millennio scorso, è proprio un riflesso metaforico delle ristrettezze dei giorni nostri: è come se al tempo delle vacche magre, debba corrispondere un tempo di vini snelli. Ma appunto, questo è un film che mi sono fatto io. Tornando ai miei rossi liguri, eccovi di seguito un po’ di assaggi consigliabili performati ultimamente.

Partendo da Est, io ho una predilezione per l’entroterra di Sestri Levante, che oltre ad essere il natìo borgo selvaggio è un’area decisamente poco fashion nella quale si possono trovare cose interessanti a prezzi (udite, udite) molto bassi, considerando che siamo in Liguria. Ometto di parlare della zona dei Colli di Luni non perché non abbiano rossi significativi (anzi). Sono rossi che tendono a toscaneggiare data la presenza di sangiovese et similia, ma li lascio fuori soprattutto per non dilungarmi troppissimo.

Lungo la strada che da Sestri Levante porta a Varese Ligure, un po’ prima di arrivare a San Pietro Vara, c’è il borgo di Salino: qui si trova La Casetta, che per me è l’archetipo del produttore omeopatico. Un ettaro (se va bene) di vigneto così scosceso da provocare distorsioni alle capre. Il suo rosso è un blend di merlot, cabernet, ciliegiolo. Non pensate ad avventure moderniste, il produttore vinifica quel che c’è, nel mood assai ligustico “in vigna c’ho questo, e faccio questo vino qui”. Il rosso in questione con la vendemmia 2012 s’è scrollato di dosso passate derive puzzettiste e si presenta fragrante e intenso. Sui sei euro in azienda.
La Casetta – Salino di Varese Ligure (SP). Tel. 348 4140278

Riprendendo la strada per tornare verso il mare, a Missano (quindi ancora in alto sull’Appennino) c’è Pino Gino che, a mio parere, ha fatto il botto con la vendemmia 2013 del suo “rosso base” Colline del Genovesato Rosso IGT – e lasciate perdere la cosa del genovesato, ‘ste denominazioni non sono mica tanto comprensibili, Genova sta a 70 km da lì. Quel rosso di solito gli riesce fresco e beverino, ma col 2013 ha aggiunto un quid di polpa in più, restando leggero con l’alcol: la quadratura del cerchio. In azienda lo pagate sui 5 euro la bottiglia. Di Pino Gino vi segnalo anche il sempre goloso ciliegiolo in purezza, che in cantina comunque portate via sotto i 9 euro. Tocco rilevante sul piano della denominazione del ciliegiolo: “Golfo del Tigullio e Portofino”, hanno infilato Portofino nella DOC. Geniali.
Pino Gino Via Podestà 31 Missano (Castiglione Chiavarese, GE). Tel. 0185 408036

Nelle Cinque Terre parlare di rossi è sempre un po’ difficile, il bianco finisce per metterli in ombra. Tuttavia all’ultimo Terroir Vino ho (ri)assaggiato il rosso prodotto da Cheo, un curioso blend con una prevalenza di un vitigno distopico, il refosco dal peduncolo rosso (non si sa bene come sia finito lì). Comunque sia, se vi capita l’occasione non fatevelo sfuggire, perché è una chicca: goloso, fruttone, speziato. Costa, aimè, sui dieci euro in azienda.
Cheo – Via Brigate Partigiane 1 Vernazza (SP). Tel. 333 9594758

Avvicinandosi a Genova l’intera zona del Tigullio ha qualche interessante produzione di rosso: a parte il ciliegiolo, qui è facile trovare anche dolcetto e barbera. Uno dei miei preferiti, blend 70% dolcetto e 30% barbera, resta il Musaico prodotto da Bisson (quello del metodo classico sommerso al largo di Portofino). Musaico è aggraziato e croccante, e versatile a tavola. Costa sui dieci euro dal produttore che peraltro ha un’enoteca a Chiavari.
Bisson – C.so Gianelli 28 Chiavari (GE) – Tel. 0185 31446

Saltando Genova e andando verso Savona, qui comincia il regno della granaccia, che anticamente aveva Quiliano come capitale ma ora s’è allargata a ponente con i molti reimpianti. Da vino cult un po’ introvabile è diventato quindi più facile da reperire. Tra i tanti granaccisti io amo Vincenzo Turco e la sua Granaccia Colline Savonesi IGT; il mio ultimo assaggio risale alla vendemmia 2011 che era gioiosamente speziata, larga al naso e saettante in bocca. In cantina sta sotto gli otto euro.
Innocenzo Turco – Via Bertone 7A Quiliano (SV). Tel. 019 887120

E a proposito di granaccia, un assaggio più recente che m’è rimasto parecchio impresso è il “Bansìgu” 2013 di Bruna, produttore iconico di pigato. Questo rosso savonese (70% granaccia più rossese ed altri) è davvero rilevante: ciliegia, mora, un tocco di prugna e poi il floreale (rosa). In bocca l’acidità spinge, ma l’astringenza è quasi assente quindi l’equilibrio prevale. Mi risulta che l’azienda faccia vendita diretta, ma il vino in questione si trova in giro sugli undici euro.
Bruna – Via Umberto I 81 Ranzo (IM). Tel. 0183 318082

Il rossese, che a Dolceacqua produce il rosso più significativo della Liguria, nella zona della riviera tende a decolorarsi e spesso è vinificato in rosa. Ma ci sono comunque release più concentrate che danno, anche quelle, rossi tanto leggiadri quanto attraenti. Per esempio il Rossese Riviera Ligure di Ponente di Laura Aschero. I miei ultimi assaggi risalgono un po’ (2011 e 2012) ma tutti erano contraddistinti da una meravigliosa bevibilità, in una summa gloriosa di frutta e tono sapido. In azienda si aggira sui sette euro.
Laura Aschero – P.zza Vittorio Emanuele II 7 Pontedassio (IM). Tel. 0183 710307

L’altro rosso interessante a Ponente è l’ormeasco. Fratello di sangue del dolcetto, che ha scollinato dall’acquese invadendo la riviera, genera vini fragranti e originali. Il vento di mare sembra averlo reso meno intenso, e arricchito di una vena salina. Tra i molti io ricordo sempre con piacere gli assaggi dell’ormeasco di Ramò: costa, in azienda, circa 7 euro.
Ramò – Via S.Antonio 9 Pornassio (IM). Tel. 0183 33097

Al termine della nostra giterella tra le due riviere finirò per citare solo marginalmente il Rossese di Dolceacqua, appunto perché questo è davvero il rosso serio di Liguria, e qui ed altrove se ne parla ormai da tempo: uscito dal cono d’ombra del rosso alternativo, ora ha il successo che merita.

[Immagine: Il Secolo XIX]

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

5 Commenti

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

Ho assaggiato Musaico lo scorso anno, sarà stato il viaggio in aereo che lo ha rovinato... fatto sta che non mi è piaciuto molto. Ti sei dimenticato "Sciurbì" di Cascina Praiè (uanandred percent granaccia) e il Macajolo di Rocche del Gatto (Ormeasco e Rossese)... brutto bulicciu!

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Cristian Di Camillo

circa 10 anni fa - Link

Mi accodo al commento di Flachi10 aggiungendo il Sinceur ed il Rossese de Le Rocche del Gatto. Non dimenticherei nemmeno il Ghiarettolo ed il Liguria di Levante Rosso di Santa Caterina. L'Imara ed il Pein di cantina di Cornice in Sesta Godano e, sempre dalla Val di Vara le nuove proposte di Litan, Ciliegiolo, Pinot Nero e merlot. Infine sfociando in Lunigiana nel comune di Licciana Nardi merita una degna segnalazione il Pepe Nero di Castel del Piano, vermentino nero in purezza, il Groppolungo ed il Pinot Nero Melampo. Buoni bicchieri di Liguria a tutti.

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Flachi10

circa 10 anni fa - Link

Ho bevuto il pepe nero a natale (alla forchetta cuoriosa di piazza negri, mio ristorante preferito per bere) trovandolo superbo !!! Ma non e' IGT toscana!?

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Romeo

circa 10 anni fa - Link

Sarà sicuro un igt Toscana , Licciana e' in provincia di massa carrara ...

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Marco Beretta

circa 4 anni fa - Link

Ieri scendo in cantina da mio padre. Cantina intesa come sgabuzzino con porta nei fondi di un palazzo degli anni 70 a Recco. Tra il disordine che mi caraterizza trovo una bottiglia dimenticata in un 'cantu': Rosso Liguria di Levante, Salino, La Casetta. 'E questo da dove sbuca?', penso. 12 gradi alcolici, 2011.. Nella nostra 'cantina' nessun vino è mai sopravvisuto indenne ai 3 anni senza ammarsalarsi.. Lo porto su in casa, lo apro la sera. Mi piace bere nei 'gotti' da osteria, perchè intanto di vino io non ne capisco granchè. Lo verso: è scuro come la notte. Il tempo di tornare a vivere e sprigiona profumi intensi. Lo sento corposo, ricco di spezie, di frutta secca. Guardo la mia compagna e e ci diciamo: Questo era da aprire a Pasqua! Gran vino, forse un caso, ma gran vino. Piovasco

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