Vigne e assemblaggi a Montalcino, una riflessione a Val di Suga

di Andrea Gori

Quando Daniele Cernilli, parlando della vendemmia 2010, afferma che non esiste il Brunello ma esistono 150 Brunello a Montalcino, pare che esageri. Ma di certo esagerano di più quelli che descrivono questo territorio, in netta evoluzione e differenziazione, come fosse uno solo. Accanto a tanti Brunello tradizionalmente assemblati con vigne su più versanti, suoli ed esposizioni (Biondi Santi l’esempio più eclatante) ce ne sono altri che insistono su un solo territorio o solo su alcuni vigneti.

Proprio l’aumento della notorietà e della qualità di tanti vigneti singoli (Vigna Soccorso, Cerretalto, Tenuta Nuova, Vigna Loreto, Schiena d’Asino, Poggio alle Mura) ha reso evidente a molti che il prossimo passo nella comprensione e valutazione di Montalcino come grande terroir del vino passa per questa strada: la zonazione. O almeno il tentativo di definire i climat che si trovano su un territorio comunale molto vasto e differenziato.

Giunge quindi perfettamente a proposito una piccola ma illuminante verticale parallela dedicata al Brunello di Montalcino Val di Suga di Bertani Domains (ex Tenimenti Angelini) e al loro cru più famoso, il Vigna Spuntali, che dall’annata 2009 è stato affiancato da altre due selezioni aziendali molto ben accolte dal pubblico: Vigna al Lago (proprio di fronte alla cantina, confinante con un lago e Val di Cava e il vigneto nord di Biondi Santi) e Poggio al Granchio. Venendo alla verticale, era interessante perché metteva fianco a fianco annate a cinque stelle molto diverse tra loro come la 1997, la 2007, la 2010 e 2011 più alcune molto significative alla distanza (breve) come la 2009 e la 2004.

Prima della degustazione, una bella introduzione di David Landini enologo aziendale e responsabile del progetto zonazione di Bertani Domains a Montalcino, che racconta le annate e come si siano differenziate tra il versante sud dove si trova Vigna Spuntali, decisamente più mediterraneo e maremmano con l’influenza aggiuntiva dei venti del mare, e il versante nord dove si trova la cantina e la Vigna del Lago nonché molti degli ettari di Val di Suga.

Vigna Spuntali 1997. Annata molto sopravvalutata, che non perde occasione per evidenziare i suoi limiti: troppo calore, e frutto (all’epoca) pieno ma oggi stanco, surmaturo, e ormai quasi del tutto assente in un naso dove però le note del vigneto emergono in maniera notevole. Iodio, salsedine, macchia mediterranea e balsamico sottile dominano la scena, che al palato si arricchisce di una discreta struttura e un tannino ancora vitale, sorprendente rispetto al naso. 86

Vigna Spuntali 2007. Passo molto più definito e carnoso, con un naso splendido e avvolgente, mediterraneo, di alloro sandalo lentisco e elicriso; bocca di polpa, forza ed energia, con finale molto lungo in cui emerge la sapidità e il carattere della vigna; il tannino è quello brusco del 2007 a Montalcino, molto maschile ma si intona benissimo al contorno fruttato e floreale. 92

Vigna Spuntali 2009. Confermate le buone impressioni dello scorso anno che lo mettevano tra i migliori 2009, con un fruttato sereno, croccante e senza accenni di stanchezza o calore, anzi la classica salinità del vigneto sopperisce benissimo alla mancanza di acidità del 2009, realizzando un vino per niente monolitico e che riesce ad essere allo stesso tempo un classico 2009 e un tipicissimo Spuntali. 95

Val di Suga 2004. Annata molto osannata prima di venire offuscata dalla 2006, oggi ha un naso piuttosto balsamico con bella frutta sotto spirito, amarene e lamponi, tannino lieve e carezzevole già molto evoluto che però in bocca è piacevole, e rende il vino ancora indicato su carni bianche e cacciagione da piuma. 85

Val di Suga 2007. Un tannino rabbioso e potente, classico dell’annata, guida il sorso in maniera decisa e intrigante, sottolineando la polpa e il frutto ancora vitali e piacevolissimi. Un vino da cacciagione e da carni rosse con salse importanti, ma che non sfigura anche su formaggi e piatti più leggeri e delicati perché il sangiovese ilcinese non è mai tenuto sopra le righe. 88

Val di Suga 2010. Al Chiostro di Benvenuto Brunello non ci era apparso in ottima forma, e anche bevuto con calma in questa situazione non appare estroverso e comunicativo; anche perché apprendiamo dell’imbottigliamento avvenuto solo a settembre 2014. Assaggiato in quest’ottica la reticenza olfattiva non lo penalizza perché in bocca la grana del tannino è quella classica, e buonissima, del 2010: pronta a dare il suo meglio dopo l’estate quando anche i profumi si risveglieranno dal torpore del vetro. 88-90

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

6 Commenti

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Stefano Cinelli Colombini

circa 9 anni fa - Link

Personalmente trovo che una delle chiavi del successo del Brunello sia stata proprio l'identità di vitigno, area e regole di produzione, che genera vini diversi ma non poi così tanto. Per cui abbiamo un prodotto riconoscibile, con una sostanziale omogeneità superiore a quasi tutte le altre DO. Però capisco che ci sia un senso anche nell'opinione di Cernilli, peraltro condivisa da molti. Quanto alla zonazione, è una vecchia storia. Aree con caratteristiche particolari e omogenee esistono, ma qui e ora. Con il variare (inevitabile e ciclico) di piovosità, calore e insolazione si spostano, si dilatano o cessano; ad esempio, negli anni '60 il passo di Lume Spento era escluso dalla DO perché allora a quell'altezza non si poteva fare vino, ma oggi è un cru pregiato. E allora che facciamo, zone con durata annuale rivedibili? Per non parlare del fattore umano.

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gp

circa 9 anni fa - Link

Però le zonazioni, che siano gerarchiche come in Borgogna (ci sono voluti secoli...) o non gerarchiche come le "menzioni geografiche aggiuntive" delle recenti revisioni dei disciplinari di Barolo e Barbaresco, convivono da sempre con questi due fattori. Oltretutto il primo dei due, il cambiamento climatico, è relativamente lento: a parte zone limite come quella da lei citata non è che nel giro di pochi anni buttino per aria tutto. Sull'ultimo numero della rivista Enogea c'è un bell'articolo di De Cristofaro sul cru Montosoli, storicamente attestato a Montalcino, anche se ovviamente i confini non sono al momento fissati su carta (l'articolo propende per una delimitazione abbastanza restrittiva). E' un po' difficile negare un valore alla reputazione storica di toponimi come questo, infatti gli addetti ai lavori in genere attribuiscono un valore aggiunto ai vini di questa zona -- per esempio, il Villa Montosoli imbottigliato da Pietroso pur non essendo Docg per motivi amministrativi costa più del suo Brunello da assemblaggio. Se vale l'analogia con la storia del Barolo e del Barbaresco dal dopoguerra a oggi, esiste comunque un circolo virtuoso tra riconoscimento (anche informale) dei cru e imbottigliamento separato dei singoli cru. Apparentemente a Montalcino quest'ultimo fenomeno è in crescita (anche da Montosoli secondo l'articolo citato sono in uscita un paio di nuovi vini "single vineyard"), e questo mi sembra un buon segno.

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Andrea Gori

circa 9 anni fa - Link

Hai ragione Stefano ma il mercato li chiede e riconosce nelle AOC e DOC "zonate" un maggior prezzo e un maggior prestigio... Comprendo la difficoltà ma un tentativo andrebbe fatto... Nel Chianti Classico ad esempio la zonazione sta andando avanti anche se per adesso passa solo per la Gran Selezione.

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Rossano

circa 9 anni fa - Link

il mercato chiede, e noi si esegue! siamo sicuri che sia sempre la scelta migliore, visto è considerato che per definizione il mercato non dà alcuna affidabilità, mentre la viticoltura e anche il marketing serio del vino hanno il passo dal lungo al lunghissimo?

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Andrea Gori

circa 9 anni fa - Link

quando ho detto "mercato" intendo, per ora, i giornalisti e la critica più raffinata che similmente alla moda identifica con molti anni di anticipo dove evolverà il gusto del mercato internazionale. E, in ogni caso, non si tratta in questo caso di mettere cabernet e merlot ma di esaltare ancora di più la specificità del sangiovese similmente a quanto successo in Langa dove 20 anni fa non esistevano tutti questi cru e vigne vinificate separatamente.

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Stefano Cinelli Colombini

circa 9 anni fa - Link

Andrea, a me piacciono molto i tuoi giudizi ma stavolta l'hai scritta grossa. La critica più raffinata che identifica con molti anni di anticipo dove evolverà il mercato internazionale? Dai, nessuno ha una sfera di cristallo così efficace. Perlomeno tra i mortali.

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