Tutto il vino nell’Expo 2015. Parte 4: finalmente al padiglione vino si fa sul serio

di Andrea Gori

Nell’attesa del primo evento che ci vedrà protagonisti sabato 13 giugno ad Expo con il “Viaggio Storico letterario del vino dal Novento al secolo del web”, eccoci puntuali con la nostra serie di avventure tra i padiglioni in cerca di alcol da assumere, alla faccia di tutte le raccomandazioni dei tg contro il caldo scipionico di questi giorni. La prima notazione è sulle installazioni del premio oscar Dante Ferretti che includono anche botti, grappoli e ceste di uva: un po’ finte e barocche, ingolfano il decumano che a noi piaceva di più in versione loft apertissimo, ma almeno rammentano a tutti che il vino c’è, eccome.

Il padiglione Vino è finalmente completo e non potevamo esimerci dal visitarlo come testimonia questo nostro Periscope.

Rispetto agli inizi in effetti la musica è un po’ cambiata: l’aspetto esterno del padiglione è più invitante e completa e da lontano dalla piazza centrale non si può fare a meno di notare l’acino gigantesco che invita a visitare il padiglione. Forse anche per questo motivo oggi c’è tanta gente e tanto entusiasmo da parte dei visitatori (in gran parte neofiti e curiosi) che dopo aver attraversato il piano terra “emozionale” si avventurano nell’astronave libreria al piano superiore per gli assaggi (10€ per tre vini, dosi omeopatiche da 5ml, comunque sufficienti a farsi un’idea).

L’affollamento contribuisce  a rendere meno freddo il tutto e i pannelli lcd proiettano belle immagini e filmati del vigneto Italia, rendendo giustizia ai Consorzi e alle aziende che hanno pagato migliaia di euro per esserci (Soave, Grandi Marchi, Conegliano Valdobbiadene, Trento). Tra questi, onestamente, stona un po’ l’enorme spazio di Canti, un imbottigliatore piuttosto anonimo che opera in Germania e su altri mercati coprendo le tante DOCG sparse per la penisola: in un padiglione che vuole illustrare le nostre regioni e le varie proposte locali di certo non aiuta un operatore così delocalizzato, onnicomprensivo e, in definitiva, industriale.

Altra pecca non risolta e che non si risolverà mai il fatto che le bollicine non siano servite automaticamente dagli erogatori ma a mano dai sommelier, un errore di progettazione che potrebbe avere ripercussioni in sede legale, visto che la mescita delle bollicine risulta complicata e lenta rispetto a quella degli altri vini, senza contare che non potendo ritappare le bottiglie (gli stopper non entrano nel dispenser), queste tendono a sgasarsi velocemente.

La terrazza e le stanze per gli eventi sono belle e accoglienti ma attenzione all’orario e alle previsioni: se organizzate un evento all’aperto con il caldo e il sole a picco rischiate di bere vini caldi serviti in bicchieri caldi (con tanto di rotazione forsennata da parte dei sommelier presenti). È già successo durante la degustazione riservata alla stampa estera (e in realtà con solo italiani presenti) andata in scena sabato 30 maggio: il Franciacorta official sparkling meriterrebbe ben altro trattamento.

Di fianco al Padiglione Zero, in posizione assolutamente anonima e dimessa, ecco l’imperdibile chiosco di Davide Oldani, una delle rarissime occasioni di fare una pausa gourmet di livello stellato ad Expo. Lo chef meneghino ha portato un menu agile ma sfizioso e soprattuto uno spettacolare Zafferano e Riso alla Milanese Edition Expo 2015, con panettone grattugiato e uvetta, che viene proposto abbinato alla famigerata mezza bottiglia  di Champagne Pommery Pop Extra Dry. Un insieme fortemente dolce che viene ben contrastato e reso gustoso dalla componente agrumata e dalla bollicina: da provare per superare i pregiudizi in tema di marketing e abbinamenti estremi.

Tra le varie pause pranzo o cena (in realtà ad Expo non esistono scansioni precise dei pasti, si mangia quando si trova un posto interessante) una delle migliori l’abbiamo fatta in Corea del Sud che esibisce non solo uno dei padiglioni concettualmente più belli, profondi e ben organizzati, ma anche il ristorante Hansik, centrato e particolare quanto basta. Ambiente fantascientifico total white, camerieri solerti e precisi in stile Samsung e piatti stimolanti come il Dakgang Jung, pollo rosso piccante okra da abbinarsi alla bevanda nazionale Soju, una sorta di sake a 19° che accarezza il palato senza ferire. Presenti anche le bottiglie di vino con la Barbera Santo Stefano del Castello di Neive, un Prosecco Frizzante Valdobbiadene (sic!)  e il Gavi di Villa Sparina. Visto i sapori davvero particolari, meglio orientarsi sulla birra locale o le varianti di the proposte: quello con le giuggiole è particolarmente delizioso e stempera qualsiasi rimasuglio di Kimchi (verdure fermentate nei vasi variamente assortiti, in Italia riproposto di recente da Piergiorgio in uno dei suoi piatti più estremi).

Tecnologico e figo il padiglione USA con una spettacolare cascata in ingresso, un’area foodtruck in posizione sfigata e calda ma ricca di panini ad alto tasso di colesterolo, una bella terrazza panoramica con tetto in vetro con colori regolabili dagli utenti. Ma in tutto il padiglione solo un velocissimo cenno al vino nei filmati che riguardano la California: per il paese primo consumatore al mondo ci pare davvero poco per non parlare della totale assenza di vini made in USA. Nel padiglione spadroneggia Zonin che svetta con i suoi Prosecco e Soave in mezzo a tanta birra e Pepsi.

Chiudiamo la visita con un vino un po’ speciale, quello trasparente e appena rosato che il  Tintoretto raffigura nell’Ultima Cena, un quadro esposto nel padiglione della Santa Sede ad Expo, di fianco a Israele e Francia. Padiglione scarno ma ricco di contenuti con il vino che ricorre nel tavolo multimediale a ricordarci che l’alcol fa parte della nostra cultura e della nostra storia in maniera indissolubile.

 

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

Nessun Commento

Commenta

Sii gentile, che ci piaci così. La tua mail non verrà pubblicata, fidati. Nei campi segnati con l'asterisco, però, qualcosa ce la devi scrivere. Grazie.