Storie vere: il boy-brunch ha mandato in soffitta il pranzo della domenica

di Cristiana Lauro

Non è che la faccenda mi tolga il sonno e, immagino, neppure a voi, però mi chiedo spesso: il pranzo della domenica che fine ha fatto? Quello della memoria, col profumo di ragù che bolliva sul fuoco, si insinuava come uno spiffero sotto alla porta della tua cameretta e faceva venire l’acquolina in bocca pure ai Duran Duran appiccicati alla parete. Dove sono finiti lasagne, cannelloni, le zite col sugo alla genovese, le fettine panate, il coniglio in casseruola, l’arrosto e il pollo al forno con le patate? Sono quasi spariti, fanno parte di un mondo di tradizioni in dissolvenza. In compenso, da nord a sud, nei nostri locali, è entrato a gamba tesa il brunch all’americana: bell’affare abbiamo fatto!

Non sopporto il nostro brunch e non capisco che senso abbia la diffusione di uno stile alieno che ci obbliga a conformarci. Questa simpatica consuetudine domenicale sostituisce, in molti ristoranti soprattutto a Roma e a Milano, la tradizione, i migliori piatti della nostra cucina regionale e le abitudini che ci hanno fatto diventare grandi. Forse sono ripetitiva nell’esercizio di scansare le mode, ma quella del brunch della domenica è una costumanza, radicata e ancora dilagante, con la quale non riesco a fare pace.

Il brunch italiano è preparato spesso in economia, con materie prime scadenti e avanzi del giorno prima. Fa scopa con l’apericena, altro ricettacolo di ritagli e frattaglie, ultimo passaggio prima del bidone dell’umido, ammesso che esista un minimo di rispetto per l’ecologia e le norme sulla differenziata.

Brunch significa breakfast & lunch quindi nella proposta prevede coerentemente, laddove trova origine, un misto fra dolce e salato. L’idea è molto semplice e ve la sintetizzo un po’ alla rozza, a modo mio: hai alzato il gomito la sera prima e ti sei svegliato mezzo suonato a un orario indecente. Devi riprenderti, mettere qualcosa sullo stomaco in modo tale da riposizionare il tasso alcolico e ristabilire le gerarchie tra fegato e cervello; ingerisci proteine e carboidrati per arrivare intero all’ora di cena.

Il brunch americano non è un buffet, non più dalla fine degli anni ’80 per quanto riguarda i grandi alberghi. Forse lo è ancora nel Nebraska ma chi ha voglia di arrivare fin là a verificare? Il Nebraska, poi, non è molto attraente.

Il vero brunch negli Usa prevede il servizio e propone variazioni di pancake con limone e ricotta, ad esempio. Cereali, uova (eggs Benedict, con bacon, spinaci) insalate e qualcosa di grigliato, tipo asparagi con uovo. Grits, una specie di polenta con molto burro, French toast e via dicendo, dipende dalle zone. Oltre al caffè americano si servono Bloody Mary (notoriamente una mano santa in caso di over drinking) e Champagne che piace ovunque un po’ a tutti e fa tanto chic. A San Francisco andare al brunch è quasi uno sport ma, ripeto, il concetto è ben diverso da quello nostro di importazione.

Il brunch addicted nostrano, che per semplificare chiameremo boy-brunch, più che unire il concetto di breakfast a quello di lunch, mette insieme il pranzo con la cena, come si suol dire e per fare questo deve mostrarsi abile e performante nel tenere in equilibrio, su un unico piatto, un multistrato di pasta al forno pietrificata, cozze fredde, cubetti di Emmenthal sudato, cous- cous fossile,  insalata di riso preparata coi sottaceto, tanti bei würstelini e, prima che se le pappino quegli altri furbacchioni, una manciata abbondante di mozzarelline fritte nel Paraflu, quelle che hanno riempito le tasche dei produttori di Gaviscon. Il re degli avanzi dà il meglio di sé ogni domenica ma sul quotidiano se la cava benissimo anche all’apericena, dove si mangia come al brunch a dire il vero, solo che qui l’atmosfera è un’altra storia. Sul calar della sera la faccenda si fa più intrigante e, quando scatta il rimorchio dell’aperi-girl, talvolta, sono scintille. Sì ma la bolletta chi la paga? Guarda se non gli tocca accendere un aperimutuo.

 

 

 

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Cristiana Lauro

Cantante e attrice di formazione ma fortemente a disagio nell’ambiente dello spettacolo, che ha abbandonato per dedicarsi al vino, sua più grande passione dopo la musica. Lauro è una delle degustatrici più esperte d’Italia e con fierezza si dichiara allieva di palati eccellenti, Daniele Cernilli su tutti. Il suo sogno è un blog monotematico su Christian Louboutin e Renèe Caovilla, benchè una rubrica foodies dal titolo “Uomini e camion” sarebbe più nelle sue corde. Specialista di marketing e comunicazione per aziende di vino è, in pratica, una venditrice di sogni (dice).

6 Commenti

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Frank

circa 9 anni fa - Link

concordo su tutta la linea. il brunch de'noartri non ha niente a che fare con l'originale anglosassone. E serve principalmente a ripulire le dispense dei ristoratori dai resti prossimi alla scadenza e dagli avanzi.

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Matteo

circa 9 anni fa - Link

Un altro sintomo della malattia culturale che stiamo vivendo: piuttosto si mangiano il veleno, l'importante è che venga da quella sub-cultura che li fa tanto sentire "al passo coi tempi".

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carolain cats

circa 9 anni fa - Link

allora, dal mio piccolissimo punto di vista di donna giramondo posso dire che: - sto cavolo di brunch io l'ho vissuto e mangiato a londra e ragazzi miei era da capottarsi dal buono! - sto cavolo di brunch de noaltri non l'ho mai mangiato, ho avuto la sfiga di accedere 2/3 volte a quella specie di cosi tipo 27 mila roba e 10 euro in città come milano o firenze, rigorosamente di sera (forse happy hour? non ricordo...) per poi maledire chi ha messo assieme cotanta schifezza. - io la domenica se mangio a casa mangio come na volta, anche se ogni giorno mangio come na volta, la domenica se viene mio fratello e consorte la mater familia li tratta coi guanti=mangiare da dio. se sono in altri luoghi di perdizione cucino: lasagne, risotti, pesce, arrosti... tutto home made delle mie manine. postilla per la lauro: ok che non sei mai da ste parti, ma se avvisi anche 1 h prima hai culo di mangiare da dio, quindi segnati che esisto :))

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Cristiana Lauro

circa 9 anni fa - Link

Si ringrazia per il gradito invito

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gabry

circa 9 anni fa - Link

Purtroppo miss Lauro ha ragione. Io per scelta e per fortuna non frequento e quando scelgo di pranzare/cenare scelgo bene. Lavoro nel settore (il pranzo della domenica lo fanno i clienti!) e ho il tempo libero centellinato ma piuttosto che andare in uno dei millemila allyoucaneat dove ti ingozzano come un anatra e ti accompagnano alla porta (perché devi fare almeno 5 giri di sala!) panino e mortazza sul divano di casa. Peggio ancora l'apericena: drink di pessima qualità, birra che quando va bene è ceres, vino nemmeno te lo dico. E ancora fatico a capire la differenza tra le varie tipologie di pasta proposte... Meno male che alla fine c'è sempre lui: il Maalox!

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Bruna Ferro

circa 9 anni fa - Link

..ho capito perchè non ho mai amato questi stili di "nuove proposte culinarie" !! ..a casa mia, raccontavano che mettevano insieme il pranzo con la cena perchè non avevano molto da mangiare..e, quando "si sono un po' rifatti" il pranzo della domenica è sacro dai nonni..proprio con tanto di coniglio o pollo in casseruola e sane litigate per avere la coscia.... Penso che sia bello e buono "tutto", ma con la giusta e vera conoscenza.

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