Stimolante la degustazione professionale con 60 enologi di Napa Valley. Immaginiamola in Italia
di Antonio TomacelliLa notizia che sto per darvi è, in realtà, due notizie legate a filo doppio. Il Culinary Institute of America ha, di recente, organizzato una degustazione professionale —The Winemakers Tasting — riservata a 60 enologi e proprietari di cantine membri della Napa Valley Vintners, l’associazione dei vignaioli della valle californiana.
Più che di una degu si è trattato di un vero e proprio trial per testare alla cieca i gusti dei suddetti riguardo fermentazioni, macerazioni, affinamento ed altri aspetti enologici. Ad ognuno di essi, ad esempio, hanno fatto assaggiare vini con tempi diversi di macerazione sulle bucce oppure batterie di vini affinati in botti grandi, barrique, acciaio o cemento.
I risultati verrano comunicati ai partecipanti via mail ma il Culinary Institute ne ha resi pubblici alcuni non proprio lusinghieri per dei winemakers.
Apro una piccola parentesi: per definizione l’enologo è “il professionista tecnicamente e scientificamente preparato che, dalla coltivazione della vite alla raccolta dell’uva, dalla vinificazione all’imbottigliamento, cura ogni operazione, sovraintendendo e determinando quanto serve a garantire, sia pure nei diversi livelli produttivi e nelle diverse fasce di consumo, la qualità del prodotto.” (Uioe). Fin qui tutti d’accordo, il problema sorge quando bisogna stabilire i limiti di un intervento che, troppo spesso, snatura e standardizza i vini, rendendoli simili a tutte le latitudini. Insomma, la mano dell’enologo si sente e molto spesso ci va giù pesante. Chiusa parentesi.
Torniamo ai risultati: quali tipologie di vino sono piaciute di più? Strano a dirsi ma i più votati pare che siano proprio i vini con il minor intervento possibile, non vorrei dire “naturali”, ma quasi. E il famoso “gusto internazionale” tanto caro alle cantine, che fine ha fatto?
Cito solo un dato: una delle prove prevedeva l’assaggio di un Cabernet con sei diverse macerazioni sulle bucce (da 15 a 135 giorni) e il più gradito dagli enologi è stato proprio il campione con il minor numero di giorni sulle spalle.
La notizia ha in sé un mucchio di implicazioni e lascia inevase parecchie domande del tipo: ma non è che si insegue un modello di prodotto poco gradito anche al pubblico?
Nell’attesa di una risposta resta comunque un fatto importante, che è praticamente la seconda notizia: periodicamente gli enologi californiani si confrontano alla cieca, assaggiando i vini da loro prodotti e discutendo sui metodi di lavorazione: paragonando questi incontri comunque produttivi alla guerra tra bande di casa nostra, direi che la notizia c’è. Non vi pare?
11 Commenti
gianpaolo paglia
circa 11 anni fa - LinkBravo Antonio a cogliere il vero punto della questione, ovvero la capacità tutta anglosassone di coinvolgere e di partecipare, qualunque sia l'ambito. Glielo insegnano da piccoli, lo posso testimoniare avendo figli che studiano in quel tipo di sistema. Uno dei modi forse migliori per crescere è quello di sedersi intorno ad un tavolo, rompere tabu, abolire gli steccati ideologici, parlare e conoscersi. Da tempo vado ripetendo che i Consorzi, perchè quello che abbiamo detto dovrebbe valere anche e sopratutto per i produttori, più che essere il luogo dei poteri della politica vitinicola e della burocrazia, dovrebbero innanzi tutto essere dei luoghi di incontro e di confronto, allo scopo di condividere e anche creare l'identità di un territorio. Da noi purtroppo si fa poco, e se si fa è sempre iniziativa personale di qualche personaggio illuminato. Bisogna anche imparare dai "barbari" qualche volta, quelli di Alessandro Baricco.
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 11 anni fa - LinkÈ paradossale, con le DOC e le DOCG abbiamo imposto al mercato dei marchi collettivi che oggettivamente aiutano (in molti casi, anche se non in tutti) le vendite, per cui abbiamo già fatto la cosa più difficile. I barbari hanno scoperto da poco che è un'idea vincente, ci lavorano ma sono ancora lontani dall'ottenere risultati. Però a noi del Bel Paese resta difficile fare la cosa più semplice che invece loro fanno, ovvero confrontarci all'interno delle DOC e DOCG su "cosa fare domani". Tipica schizofrenia italica.
RispondiVittorio Merlo
circa 11 anni fa - LinkEcco il solito articolo polemico sugli enologi , ma dico io cosa vi hanno mai fatto? A mio parere voi di Intravino avete un idea distorta dell'enologo. Cmq voglio dirvi che anche in Italia gli enologi associati ad Assoenologi si ritrovano periodicamente nelle varie sezioni regionali a degustare i vini da loro prodotti.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 11 anni fa - LinkScusa Vittorio, potresti spiegare meglio dove vedi la polemica verso gli enologi? Mi sembra che qui si racconti una esperienza virtuosa e codificata in Napa Valley. Non mi risultano esperienze del genere in Italia, così strutturate intendo, ma ben vengano. Non esiste l'enologo, esistono gli enologi. Ne conosco tanti e di tanti ho profonda stima. Che poi siano quelli meno interventisti, magari, questo è un altro discorso. Perché non tutti lavorano allo stesso modo, con la stessa sensibilità e con lo stesso approccio verso la materia, vero? Ci sono quelli che parlano dell'uva raccolta come di qualcosa di sacro al limite dell'inviolabile e quelli che invece se ne professano maghi, giusto? Dico così da avere una base di dialogo comune, altrimenti temo non ci si intenda.
RispondiVittorio Merlo
circa 11 anni fa - LinkPersonalmente la polemica la vedo nella parentesi che apri dopo la definizione di enologo. In particolare quando si parla dei limiti dell'intervento dell'enologo, da quello che è scritto pare che tutti gli enologi vogliano creare il vino senza l'uva, il vino standard. Poi nel chiarimento che fai si capisce che non pensi esattamente così. Magari la prossima volta allunga di qualche riga il post, così evitiamo inutili polemiche ed incomprensioni. Con amicizia Vittorio Non ho scritto io il post ma grazie lo stesso, concetto chiaro. Ciao Vittorio! [ale]
RispondiMauro ArdeCore
circa 11 anni fa - LinkAnche io sono d'accordo con Vittorio, a mio avviso su IV spesso si travisa o si male interpreta la figura dell'enologo...qualcuno secondo me è troppo fossilizzato all'idea del Michel Rollande o del Ferrini o del Cotarella, il classico consulente/enologo volante. Esistono, questo è chiaro, ma sono veramente la minoranza. E comunque, sarebbe opportuno rimarcare che molto spesso l'enologo ha come riferimento la proprietà, di cui è dipendente...perciò si fa, o si cerca di fare, quello che la proprietà vuole o vorrebbe ottenere. Il fatto che gli enologi di Napa abbiano largamente preferito cabernet con macerazioni più ridotte è secondo me indice di una loro diversa sensibilità nel gusto rispetto a ciò che generalmente producono o che viene chiesto loro di produrre, tutto qui.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 11 anni fa - LinkChe i nomi da te citati rappresentino una minoranza - numerica o "culturale" - è questione interessante su cui mi permetto di dissentire. Quando l'associazione degli enologi sarà presieduta da un enologo non volante magari potremo essere d'accordo. L'enologo ha come riferimento la proprietà e i propri principi, direi. E molto stesso è la stessa proprietà a scegliere l'enologo che più sente "vicino" alla propria sensibilità. Per dirla con un'immagine, se vuoi fare sangiovese puoi scegliere Ferrini o il Gambelli che fu. Sono scelte con annessi e connessi, a tutti gli effetti.
Rispondiarmin kobler
circa 11 anni fa - Linkgrazie intravino per l'ispirazione ad un post sul mio (non confrontabile) blog.
RispondiClaudia Donegaglia
circa 11 anni fa - LinkLa vendemmia che inizierà fra un paio di mesi sarà la mia 26 esima. Una professione voluta ed amata con tutta me stessa , a dispetto di mio padre che per un anno non mi parlò durante il periodo degli studi. Mi manca un vino meno parlato e più vissuto concretamente , dove protagonisti devono essere i vini e non i grandi imputati : solfiti, microssigenatori , lieviti selezionati enologi. Come scrive Vittorio in precedenza gli enologi si trovano studiano e degustano per capire , formarsi , vedere che cosa vuole il mercato. Ma adesso come scrive qualcun altro, è un vanto dire che non si ha bisogno dell'enologo, va bhe farò richiesta al wwf come razza protetta. Alessandro parla di diverse sensibilità ed ha ragione, ci sono gli anni baciati dal Signore in cui l'enologo in vendemmia deve solo metterci il tappo , ma ci sono anni in cui la qualità delle uve non è il massimo e quindi si deve intervenire, almeno io che devo dare remunerazione ai produttori. Cordialmente Claudia
RispondiFederico Orsi
circa 11 anni fa - LinkVorrei portare la testimonianza dei piccoli Colli Bolognesi, dove da 4 anni all'interno del Consorzio i produttori, enologi, cantienieri, ecc, hanno la possibilità di degustare alla cieca i propri vini confrontandosi senza tabù e paure con lo scopo di crescere tutti. All'ultima degustazione di questa primavera sono stati invitati come degustatori esterni qualche ristoratore in maniera che ci sia non solo un confronto interno ma anche esterno. In questa maniera vengono selezionati i vini che rappresenteranno al meglio tutti noi nelle varie manifestazioni.
RispondiFabio C.
circa 11 anni fa - LinkAnche quando si potrebbe evitare qui su Intravino si casca sempre sull'enologo, mi pare che altri prima di me hanno già più degnamente chiarito che esistono "enologi" di diverso tipo, che quelli "volanti" sono una minoranza (numerica almeno, ma questo è sufficiente a non generalizzare) e che comunque tranne rari casi (quelli si, se avete voglia e coraggio andrebbero spulciati) tutti lavorano per una proprietà e in un determinato territorio, se non sono proprio stupidi si guardano attorno e capiscono fino a che punto può e deve arrivare il loro intervento. Infine, in merito alla sessione di degustazione, a me sembra normalissimo che uno stuolo di "tecnici" trovi più interessanti certi tipi di vini, hanno un palato diverso da quello del 90% dei bevitori abituali e conoscono meglio quello che assaggiano, quindi possono scovare cose che ad una bevuta "media" non verrebbero percepite. Ma questa è una non notizia... Se poi in Napa Valley si decidesse di fare vini più naturali (o con meno interventi) solo perché piacciono di più agli enologi quale sarebbe il titolo di Intravino? In linea teorica dovrebbe stigmatizzare la cosa (visto che si tratta di enologi) ma, rispondendo di più alle proprie preferenze, in questo singolo caso apprezzerebbe l'iniziativa? In conclusione attenti a non confondere la struttura con le persone, fate un favore alla prima e attaccate ingiustamente il lavoro delle seconde.
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