Sonoma e Gomorra: Robert Parker cita in giudizio Antonio Galloni

di Fabio Cagnetti

Qualche tempo fa si pensava che l’erede naturale dell’impero parkeriano non potesse essere che Antonio Galloni, che già curava un numero importante di regioni (Italia, California, Borgogna e Champagne: trova l’intruso, potrebbero dire i maligni) per The Wine Advocate.

E invece gli eventi hanno preso una piega imprevista: Parker ha sì fatto un passo indietro, pur rimanendo Amministratore Delegato e Presidente della società che edita la più influente pubblicazione enoica al mondo, ma lo scorso dicembre la maggioranza delle azioni sono passate nelle mani di Soo Hoo Khoon Peng, un imprenditore quarantenne nato in Malesia ma residente a Singapore, che dal 2002 al novembre 2012 ha svolto l’attività di importatore di vino con Hermitage. Si dice che la cifra corrisposta sia stata di 10 milioni di dollari, e che siano coinvolte Goldman Sachs e, curiosamente, Deutsche Bank, proprio l’istituto di credito di cui Galloni è stato manager. Al tempo stesso, il nuovo editor è Lisa Perotti-Brown, già corrispondente di TWA da, indovinate un po’, Singapore.

Il 12 febbraio scoppia la bomba: Galloni lascia di punto in bianco e apre il suo sito. Parker ci mette un po’, ma poi gli fa causa per inadempienza, truffa e diffamazione (su quest’ultimo punto tornerò a fine post). Scopriamo che l’ex banchiere, che veniva pagato 300,000 dollari (trecentomila) l’anno più le spese, avrebbe dovuto consegnare un pezzo sui vini di Sonoma e altre regioni della California per il numero di febbraio di Wine Advocate. Galloni ha giustificato la mancata consegna dicendo di essere arrivato lungo sulla scadenza, e che avrebbe avuto bisogno di più tempo per produrre un report in grado di dare giustizia ai vini della regione. Inoltre, ha aggiunto che la consegna per il numero di febbraio non era mai stata pattuita ed è stata retroattivamente dichiarata da Parker a metà mese. Infine, dichiara la sua intenzione di pubblicare il pezzo della discordia a inizio aprile, e che TWA ha rifiutato la proposta di pubblicazione sul sito di Galloni con accesso gratuito agli abbonati di quella che ormai è “la testata di Singapore”.

A parte l’ironia dell’essere citati in giudizio da una rivista che si chiama The Wine Advocate, i punti di interesse di questa storia sono, a occhio, quattro:

1)      L’etica professionale non è qualcosa con cui pulirsi il culo. No, non per il ritardo nella consegna, qui Galloni trova nel sottoscritto tutta la comprensione di questo mondo. Per scrivere un pezzo dettagliato, approfondito e di qualità ci vuole il tempo che ci vuole, a maggior ragione se i tempi non sono stati concordati con l’editore. Ho grande stima delle capacità dell’italo-americano e so perfettamente quanto tempo e impegno richiede il partorire simili report. Oltretutto, per stendere lenzuolate di note di degustazioni e voti senza essere orrendamente ripetitivi bisogna essere dei thesaurus umani e lavorare d’inventiva. Quello che per me è assolutamente contrario all’etica professionale è abbandonare la testata di cui si è uno dei cardini, se non il cardine, senza dare il giusto preavviso. Sapendo anche di non essere facilmente sostituibile, Galloni avrebbe dovuto dare a Parker alcuni mesi di tempo per preparare la sua successione, minimizzando il danno alla rivista che l’ha reso celebre.

2)     Antonio Galloni è un gran para***o. L’offerta di pubblicare sul PROPRIO sito il report della discordia, dandone libero accesso agli abbonati di TWA è un amo a cui abboccherebbe solo un boatto*, giammai uno squalo come Parker. Galloni in questo modo si sarebbe liberato dell’impegno contrattuale, avrebbe pubblicato un articolo ad alto valore aggiunto, la cui stesura è stata spesata e retribuita da Parker, sul proprio sito ma soprattutto avrebbe attirato sulla nuova piattaforma l’esercito dei lettori di Wine Advocate, una discreta percentuale dei quali, probabilmente, avrebbe finito per abbonarsi. Un editore che non abbia la sveglia al collo non può accettare simili condizioni: Parker può e deve pretendere la pubblicazione in esclusiva su The Wine Advocate.

3)     Girano un sacco di soldi. Trecentomila dollari l’anno più le spese. Una cifra inimmaginabile per un comune mortale che svolga un lavoro paragonabile. Teniamo presente che parliamo della retribuzione che una rivista corrisponde a un suo redattore, e che quindi nel reddito di Galloni non sono computati corsi, consulenze e quant’altro. Sono tanti, tanti, tanti soldi, nessuno al mondo, e men che meno in Italia, può pensare di guadagnare così solo scrivendo di vino; da noi un decimo di tale cifra è un signor stipendio. A maggior ragione Galloni potrebbe mostrare più rispetto verso chi l’ha retribuito, fino a ieri, così lautamente.

4)     Ci sono ombre sull’indipendenza di Wine Advocate sotto la nuova proprietà. Avevo accennato all’accusa di diffamazione: questa è dovuta ad alcune dichiarazioni fatte da Galloni al New York Times lo scorso febbraio, secondo cui l’indipendenza della testata, sotto il nuovo editor Lisa Perotti-Brown, sarebbe compromessa. Effettivamente Decanter, lo scorso dicembre, ha rivelato che il nuovo proprietario della rivista, Soo Hoo Khoon Peng, avrebbe ancora stretti legami con la società da lui fondata, Hermitage. Per stretti legami intendiamo che ne è tuttora un dirigente e che il nuovo proprietario è sua moglie. Hermitage vende a Singapore primeur di Bordeaux, future e altri prodotti finanziari basati sul vino; è evidente che un punteggio elevato di Wine Advocate può avere risultati diretti e immediati sul fatturato della compagnia.

E comunque, trecentomila dollari. Trecentomila.

*Forse più noto come ghiozzo, è un pesce che ha la caratteristica di abboccare all’amo anche senza esca, e che di conseguenza è divenuto sinonimo di scarsa intelligenza.

1 Commento

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Montosoli

circa 11 anni fa - Link

La vera storia non la sapete ne voi .....ne io.... Da quello che ho letto AG faceva da consulente per TWA........so non capisco perche avrebbe dovuto dare 1-2 mesi di pre-dimissioni.. Poi ancora piu ignoto e che se TWA acetta la non piu consulenza di AG.....perche al momento della rottura TWA non ha chiesto ad AG di dargli tutto il materiale per cui e stato pagato ? Poi siamo sicuri che sia stato AG a decidere di troncare la consulenza.....oppure i nuovi manager di TWA a metterlo alla porta ......perche non accetta le loro condizioni di dictatum ?

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