Seconda puntata: I top 5 delle anteprime di Barolo, Barbaresco e Roero Comune per Comune

di Giovanni Corazzol

Si ricomincia con i Barolo da Castiglione, Monforte e Serralunga. Sarà una lunga giornata! Clicca qui per leggere la prima puntata.
DAY #2: I Best five Barolo 2010 di Castiglione Falletto, Monforte d’Alba, Serralunga d’Alba
Il B-Day, il giorno più lungo: 96 baroli in degustazione! Alla fine avevo le piaghe, ma ragazzi che roba! Dentro Castiglione Falletto e Serralunga si sono alternati vini di straordinaria eleganza e non è stato difficile, pur nella definizione stilistica dei singoli produttori, riconoscere alcuni caratteri più tipicamente attribuibili ai due Comuni. Di Monforte d’Alba invece ho faticato, come sempre del resto, a isolare un elemento distintivo. In un podio ideale direi primo Castiglione, poi Serralunga e buon terzo Monforte, un po’ staccato e con qualche delusione su aziende che sembravano in crescita.

 

Brovia
Brovia è azienda di Castiglione Falletto ma con la maggior parte delle vigne nel territorio di Serralunga. Si presenta a Nebbiolo Prima con due Barolo provenienti da due cru diversi: il primo vino è il Rocche da uve provenienti prevalentemente dal Rocche di Castiglione a Castiglione Falletto, il secondo è il Ca’Mia dal cru Brea di Serralunga. Due vini per me didattici nel senso che assaggiandoli diventa chiaro e lampante cos’è un Barolo principe infante che diventerà Re, ma un grande Re. Ora al naso del Rocche si sente un po’ di cipria, fiori caldi e una nota leggermente balsamica; all’assaggio il frutto è ben marcato, ma senza morbidezze, anzi con le durezze irruenti di un tannino ben tosto e con un’acidità precisa, a chiarire il concetto di tempo e di attesa. Il Ca’ Mia enfatizza ancor più quest’impressione allargando, non aggiungendo, complessità ad un vino di profondità abissale, di architettura aurea, con tannini più duri, con misteriosa capacità di stimolare parti dimenticate del mio sistema limbico. Fly like a butterfly, sting like a bee. Imperdibili.

Cavallotto
Allora sgombriamo il campo: in degustazione il Bricco Boschis non è uscito benissimo per quel po’ di riduzione che francamente inficiava, assieme alle note rudezze giovanili, il giudizio su un vino che comunque lanciava lontani segnali di grandezza. Il surplus di indagine, condotto in azienda il giorno dopo, svelava il fatto che il vino era stato messo in bottiglia per l’occasione solo venti giorni prima; il prelievo da vasca del 2010 rasserenava rimettendo le cose al loro posto e riportando lucidità su un giudizio coerente con le aspettative, sempre piuttosto alte verso uno dei grandi vini di Castiglione. I tannini sono lanciati al galoppo come una mandria di bufali, è oggi un vino potente, ma espressivo, nitido, pieno e con un futuro radioso davanti. Capitan Futuro.

Sobrero
Sempre a Castiglione Falletto Sobrero presenta per me un gran bel vino: il Ciàbot Tanasio. E’ un blend in parti uguali di uve da tre cru, due di Castiglione (Valentino e Piantà) e uno di Serralunga (Ornato). E’ l’unico vino in degustazione di Sobrero che però produrrebbe anche un Barolo Riserva: il Pernanno da omonimo cru sempre a Castiglione. Vino di terra fin dai profumi, entra morbido in bocca per poi servirvi un carattere un po’ rude che a parer mio lo rende solo in apparenza un vino burbero. E’ invece vino rigoroso, che sfoggia buona complessità ed un eccellente equilibrio. Best buy #1.

Guido Porro
Tra i vini di Serralunga, la cui proverbiale durezza ha preoccupato non poco essendo stati messi per ultimi in degustazione, il Lazzairasco e il Santa Caterina di Guido Porro, pur in modo diverso, hanno avuto il pregio di presentarsi entrambi austeri e potenti, ma tenendo tutto sotto controllo, senza infierire su palati già compromessi. Più accondiscendente e fruttato il Santa Caterina, più severo e terragno il Lazzairasco, entrambi vini felici che offrono una percezione chiara di come due vigne dello stesso cru (il Lazzarito) a parità di vinificazione possano, pur suonando lo stesso spartito, generare vini sensibilimente differenti. La potenza è nulla senza controllo (e best buy #2).

Silvano Bolmida
Magari ci saranno stati altri vini, in particolare in Bussia, di maggior classe ed eleganza, magari ci saranno anche stati, ma a me che confesso non conoscevo i vini di Bolmida, il Bussia 2010 è parso un ottimo Barolo caratterizzato da sentori meno tipici, con un prevalere di spezie, cenere, sottobosco e piccoli frutti rossi. In bocca è sapido, con una struttura ben piantata ed un bell’allungo. Spicy bread and roses.

 

DAY #3: Barolo 2010 di Barolo e La Morra
Due mondi paralleli quelli dei vini di Barolo e La Morra, con certe differenze classiche che sembrano allargarsi. Da La Morra sono usciti vini più tiki-taka, più da squadra che gioca per il possesso palla con passaggi orizzontali e poca verticalità; da Barolo poche balle, tre passaggi e uomo solo davanti al portiere, poi magari manca la freddezza sotto porta e l’acuto non c’è, però resti teso tutta la gara. Va detto anche che gli assenti da Nebbiolo Prima di La Morra sono probabilmente in proporzione più impattanti di quelli di Barolo. Resta il fatto che a un certo punto della degustazione ho segnato: “siamo passati a La Morra?”.

Giuseppe Rinaldi
Secondo vino “uh?” della rassegna. In degustazione va prima il “Tre Tine” e poi il “Brunate”. Già perché, per il fatto che dal 2010 non è possibile utilizzare in etichetta più di una Menzione Geografica Aggiuntiva e che ad una MGA non si può aggiungere più del 15% di un altra, dall’annata 2010 non ci sono più il Brunate-Le Coste ed il Cannubi San Lorenzo-Ravera, ma il Brunate ed il Tre Tine. Il Brunate varia leggermente nell’assemblaggio ricevendo solo un 15% di Le Coste rispetto al 25% precedente, il Tre Tine varia un po’ di più incorporando anche una quota di Le Coste. Personalmente non risulta facile in questa fase riconoscere come questo cambio d’assetto abbia influito sui vini, certo rimane quella sensazione di fondo, che ogni volta meraviglia, di orchestra polifonica abbandonata dal direttore e che improvvisamente comincia a suonare in sincrono perfetto. Così entrambi i vini, mentre ti stai interrogando su una volatile che pare un po’ alta, ti schiaffeggiano sonoramente con una lunghezza, una profondità ed una pienezza, per cui provi vergogna ad aver pensato male di loro. Indiscutibili #2.

Brezza
Brezza continua, anno dopo anno, a presentare vini che inspiegabilmente sembrano ogni volta più convincenti dell’anno precedente. Presente con tutti e tre i Barolo (Cannubi, Castellero e Sarmassa) a cui si aggiungerebbe in annate particolari il Bricco Sarmassa, il (solo) Sarmassa anche quest’anno sbaraglia: vino restio a concedersi, molto preciso, lieve al naso con note gentili di fiori e rimandi balsamici, gioca deciso sull’eleganza, in bocca ha tannino perfetto e acidità controllata ad assistere un bel frutto ed un bell’allungo. Non un vino pronto ma nemmeno da dimenticare in cantina e di grande, piena soddisfazione. Fly me to the moon.

460 Casina Bric
Dalla cima di Bricco delle Viole a Barolo con vista La Morra, per me la wild card rivelazione della giornata. Degustato alla cieca per modo di dire, data la forma della bottiglia decisamente riconoscibile (tipo COS per intenderci), anche riassaggiato a fine giornata, ad una bocca rock&roll come la mia è parso vino vibrante ed appagante. Non spicca per definizione e gioca a fare un po’ il piacione, ma ha muscoli ben distribuiti, sostanza e materia da vendere. Superato il pregiudizio da nero d’avola di Langa ci si può divertire. Running running.

Andrea Oberto
Siamo a La Morra. Due i i Barolo presentati: il Rocche dell’Annunziata ed il Brunate (di La Morra). Nella categoria è parso più articolato e complesso il Brunate rispetto al Rocche che dalla sua ha maggiore sostanza, ma forse un po’meno energia e definizione. Quello che lo rende affascinante è proprio l’alternanza di sensazioni più classicamente barolesche con altre più gioiosamente fresche, generose e baldanzose. Quel po’ di ciliegia mista a spezie, caffè, cuoio e terra che m’è parsa ben armonizzata e distante dal rischio caricaturale del vino fruttone. Springtime!

Fratelli Barale
Si torna a Barolo da un’azienda storica, titolare di una delle più belle etichette d’antan della denominazione. Il Barolo in degustazione proviene dal cru Castellero, tra la collina di Cannubi e le propaggini settentrionali di Bussia. Vino ordinato, che non cerca squilli di tromba ma che sta seduto al tavolo di bridge di un prestigioso club di gentiluomini dominando tutte le mosse del gioco. Sobrio, distinto, dichiara il numero di prese che farà evidenziando qualche labile tratto boisettato destinato ad essere smaltito, e mostrando tannino robusto, la giusta freschezza, materia di gran stoffa. Damascato.

 

DAY #4: Roero 2011 di tutti i comuni e Roero Riserva 2010
Gareggiare con le riserve di Barolo 2008 e soprattutto con le riserve 2009 di Barbaresco è un po’ come provare a gareggiare contro Marc Màrquez: anche se sei un Valentino Rossi in gran forma, non c’hai una possibilità. I vini del Roero meritano quindi un capitolo a parte. Confesso però di non riuscire a comprendere appieno le riserve, che più di quelle di Barolo frequentemente bistrattate, mi sembrano generalmente ancorate ad un uso del legno ancora un po’ troppo caricaturale, svilendo una materia spesso di buona classe. Altro discorso per i vini del Roero per così dire base: il 2011 ha regalato buoni vini, soprattutto quando emancipati dal tentativo di trasformarsi in altro da sé.

Matteo Correggia
Azienda storica, con meriti riconosciuti nella crescita della zona. La Val dei Preti 2011 è la mia idea di vino del Roero: col frutto ben in evidenza, bella freschezza ed un respiro pulito e discreto che lo rende affidabile compagno di viaggio.

Cornarea
A Canale, epicentro roerino. Azienda forse più nota per l’arneis in particolare nella versione da passito, produce anche un Roero 2011 di buona struttura, particolarmente convincente, pronto ma con uno discreto sguardo in avanti.

Lorenzo Negro
La riserva 2010 “San Francesco” si distingue per un uso più accorto e meno invasivo del rovere, una trama tannica ben presente, ed in generale una buona struttura. Decisamente il più convincente tra le riserve assaggiate, mentre l’altra riserva, il “Sudisfa”, non sembre essere all’altezza del compare.

Careglio
Il Roero 2011 di Careglio in primo assaggio non è un vino di facile approccio: piuttosto duro, cupo, ruvido, lascia però intravvedere stoffa e buone prospettive.

Battaglino
Bello il “Sergentin” di Fabrizio Battaglino. Un vino profondamente terroso, ma con richiami floreali tipici ben distinti. Tannino scalpitante a volte scalciante, acidità forse non precisissime, ma un’idea di nebbiolo profonda e sanguigna che da la scossa.

 

DAY #4:Barbaresco Riserva 2009, Barolo Riserva 2008
Le riserve in degustazione sia per Barbaresco che per Barolo hanno regalato alcuni “ooooh” e diversi “mmmmh”. Una volta di più le riserve di Barbaresco sembrano avere più senso di quelle di Barolo, ma è storia vecchia. Piuttosto va detto che il rischio è di passar per conservativi perché, gioco forza, i produttori da segnalare sono quelli le cui riserve sono glorificate da tempo e che, in assenza dei pesi massimi, hanno gioco facile a confermarsi su posizioni di indiscutibile supremazia. In linea generale le riserve 2009 di Barbaresco hanno offerto sensazioni di potenza maggiore rispetto ad altre annate, potenza che non tutti sono riusciti a controllare adeguatamente, mentre per le riserve 2008 di Barolo i vini assaggiati hanno toccato pochi picchi, ma estremi, ed in generale hanno offerto nitide sensazioni fruttate ed erbacee, con sentori piuttosto espressivi anche se in alcuni casi un po’ caricaturali.

Produttori del Barbaresco
La benemerita PdB delle nove riserve disponibili porta il “Muncagota” ed il “Rio Sordo”, lasciando ad altri momenti la curiosità di scoprire qué pasó ad Asili, Rabajà & C. Il Rio Sordo, cru che restando nell’area delle semplificazioni dovrebbe generare vini meno meno aggressivi e meno tannici, regala in quest’annata un vino di classe superiore. Quello che lo rende stimabile è che pur nella complessità offre di sè un’ immagine chiara, uniforme, pulita e onesta. Chiede solo in forma di supplica d’essere aspettato quel tanto che basti per diventare masculo adulto e perdere qualche spigolo. Poi si potrà fargli fare la fine che merita. Sicurezza.

Castello di Verduno
Tanta roba. Il Rabajà 2009 si conferma vino di gran stoffa, di struttura e frutto maturo, quasi vinoso, di grande estratto, non caldo ma giocato piuttosto sulla freschezza e sulla riconoscibilità del frutto. Piace per franchezza ed una certa spontaneità ed irruenza giovanile che non dovrebbe diventare maleducazione; ha tannini molto eleganti ed una certa profondità. Profondità apparentemente meno evidente nella riserva di Barolo “Monvigliero” che gioca più di potenza. Borghese di campagna.

Azienda Agricola Bera
Nella articolata offerta dell’azienda di Neviglie, forse più nota per i suoi Moscato (ma attenzione non è la Bera Vittorio e figli),  emerge questo Barbaresco che regge l’annata calda e la interpreta senza strafare. Non spicca per eleganza sopraffina, ma è succoso, di bella polpa e di buona persistenza. Da accattare senza paura. Bene rifugio.

Cavallotto
Rieccolo. Cavalloto si presenta con le due riserve aziendali i Barolo: San Giuseppe e Vignolo. Anche per loro, pur senza le difficoltà del 2010, è valsa la pena ripetere gli assaggi una seconda volta in azienda. Prove da vasca anche in questo caso, il San Giuseppe si dimostra più rude, un vero duro ma, come da caratteristiche aziendali, senza svilire il frutto che emerge distintamente. Frutto che è più evidente nel Vignolo, che in questa fase si dimostra più in forma e complesso del San Giuseppe, pur se in leggera riduzione (e ci mancherebbe eh?). Entrambi i vini comunque si confermano all’apice della categoria incapaci di concedersi facilmente in gioventù, perché appena entrati nell’agoghé (ἀγωγή) da cui usciranno tra molti anni, pronti ad entrare nella falange oplitica perfettamente addestrati. Leonida

Ettore Germano
E’ un vino caldo la riserva Lazzarito del 2008 realizzata da Sergio Germano: rotondo, quasi un confetto al cui interno però ci stanno contrasti bestiali fatti di liquirizia, spezie, erbe medicinali, frutta rossa matura, fiori carnali (ehm). La cornice è degna dell’opera: struttura, tannino, freschezza contengono tanta esuberanza e danno un’indirizzo, un’educazione che restituiscono in un vino monumentale potenzialmente colosso. Omerico

 

Barbaresco 2011 da Barbaresco, Neive e Treiso
E si arrivò infine all’ultimo giorno. Un lotto importante perché tutto dedicato al Barbaresco 2011. Annata decisamente calda che in degustazione ha confermato una volta di più quanto in questo sport conti ancora il pilota. Forse più che per le altre tipologie di vino, qui si sono trovati vini molto buoni, con alcuni picchi verso l’altissimo e vini francamente sbagliati: molto caldi, di forte tenore alcolico, spiritati, sultaninati, con poca tensione.

Giuseppe Cortese
Quando stai perdendo la speranza e ti sforzi di tenere la concentrazione alta, arriva questa cosa qui che ti fa esclamare volgarmente per la sorpresa; allora ti volti un po’ vergognato per vedere se qualcuno ti ha sentito e incroci lo sguardo di un altro folgorato che ti dice: “Cortese eh?”. Che gioia questo vino, che grande gioia! Da Rabajà esce il vino “boom” non solo della giornata, ma forse di tutta la rassegna. Profumi floreali, tenui ma profondi, quasi notturni e di eleganza e compostezza ammirabili. La bocca viene tutta coinvolta, sorretta da acidità lievemente citrina, il tannino è puro velluto di lino, il corpo di questo vino è slanciato, gambe chilometriche, passo inesorabile. Plebiscito.

Cascina delle Rose
Il Tre Stelle risente forse un po’ dell’annata perdendo un briciolo in finezza, ma guadagna in personalità facendosi preferire al rustico palato del degustatore di un’incollatura sull Rio Sordo. E’ balsamico, con una leggera speziatura e un bel bouquet floreale, è forse più materico e meno scattante di altre edizioni, ma restituisce un’idea composta di sapienza nel gestire anche annate più complicate senza truccare le carte. Il che è nota di merito.

Socré
Nell’attesa curiosa di assaggiare i vini 2012 che usciranno dalla nuova cantina, il Roncaglie 2011 si afferma come un Barbaresco di razza ben piazzato su toni espressivi convincenti e buon ventaglio aromatico. Ha note floreali, pot-pourri e una curiosa speziatura da bacca piccante immersi in un frutto polputo. Maison du monde.

Ceretto
Tutta la batteria dei vini di Ceretto ha convinto. Lo stesso Barolo di Rocche di Castiglione sarebbe ben potuto comparire agilmente nella top 5 dei Barolo di Castiglione. Ci entra diretto invece il Barbaresco Asili 2011 che guadagna decisamente da un uso via via sempre meno invasivo del rovere, lasciando emergere oggi una capacità di espressione forse più distinta rispetto al Bernardot (che dalla sua potrà avere più argomenti in futuro). #vinciamopoi

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Giovanni Corazzol

Membro del Partito del progresso moderato nei limiti della legge sostiene da tempo che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell'obbedienza.

9 Commenti

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gp

circa 10 anni fa - Link

Approffittando bassamente del fatto che nella top five dei barbaresco 2011 manca il quinto, si può sapere com'è andato il Rizzi di Nervo (Treiso)?

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Giovanni Corazzol

circa 10 anni fa - Link

no ;)

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gp

circa 10 anni fa - Link

Vediamo se cambiando l'ordine dei fattori il prodotto cambia: si può sapere com’è andato il Nervo di Rizzi? [img]http://www.intravino.com/wp-includes/images/smilies/icon_wink.gif[/img]

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gp

circa 10 anni fa - Link

PS Curiosità personale di appassionato

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gp

circa 10 anni fa - Link

Grazie, collimerebbe col fatto che questo produttore -- come altri di stampo classico -- sente molto la qualità dell'annata, nel bene e nel male. Ovviamente "maratoneta dell'assaggio non porta pena", le indicazioni che emergono da questi assaggi sono tutte da verificare nel tempo.

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Giovanni Corazzol

circa 10 anni fa - Link

caro gp, speravo d'essere riuscito a darle un'indicazione esplicita. lei faccia la tara e verifichi da sé senza confidare troppo nella qualità del degustatore derelitto. più esplicitamente diciamo che mi riservo di riassaggiarlo, perché dalle batterie, rileggendo le mie note è uscito meno bene di altre occasioni. ribadisco che il 2011 è annata davvero balorda.

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gp

circa 10 anni fa - Link

(vedi sopra)

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biotipo

circa 10 anni fa - Link

il rabajà di cortese e guido porro non sbagliano un colpo da anni!

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Fabioz

circa 10 anni fa - Link

sono felice per il mio amico Marco Piacentino e il suo Roncaglie, che ogni annata che passa convince sempre di più.

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