Prosecco Colfondo anno zero. Cronaca di una svolta forse epocale

Prosecco Colfondo anno zero. Cronaca di una svolta forse epocale

di Giovanni Corazzol

Michele Antonio Fino chiude la presentazione sulla proposta di regolamentazione delle modalità di produzione del prosecco rifermentato in bottiglia. Applausi di rito. Giampaolo Giacobbo e Maria Grazia Melegari chiosano sollecitando al pubblico domande e interventi. Si alza Loris Follador. Il volto è un po’ tirato. E’ faticoso essere lì, tra produttori, la più parte giovani produttori, che hanno riscoperto da poco un modo di fare vino da cui lui non si è mai allontanato, lui che mentre vedeva le sue colline riempirsi di moderni campanili d’acciaio, ha continuato a credere nella tradizione, nel vecchio modo di fare quel vino.

Quei produttori lo incalzano, gli chiedono aiuto, vogliono che prenda il ruolo di riferimento storico, di guida, di saggio da cui andare a chiedere consiglio. Lui non vuole. Lui è un anarchico, le etichette non gli interessano, gli interessano le persone, le storie, i luoghi che hanno disegnato volti e mani, riempito di racconti i suoi bicchieri. Lui non vuole, queste cose non hanno bisogno di un marchio, queste cose non si infilano in un disciplinare, ma gli occhi sono puntati su di lui e incalzano. Loris Follador si alza, ha la teatralità di un senatore romano che parla ad un’assemblea, la voce è bassa, burrosa, aspirata. Racconta una storia, un’altra, l’ennesima: parla dei francesi che assaggiano questo vino meravigliandosi, che lo scelgono perché cambia l’idea di prosecco, perché lo libera dall’idea globalizzante e apolide di spumante di successo e gli conferisce un attributo di luogo che lo colloca in un territorio, che gli da un arcadia, una matrice.

Loris Follador

Nel dirlo Loris Follador pare emozionarsi, quella voce polverosa sembra incrinarsi, come uscita dalla puntina di un grammofono saltata per un istante. Poi chiude. Lo fa velocemente perché l’assemblea percepisca la sofferenza che sta dietro a quella scelta, la scelta di cedere qualcosa a cui si crede, farlo per il bene di tutti, sperando di farlo soprattutto per quel vino e per un territorio che di nuovo può essere reso riconoscibile da quel vino. “Sono d’accordo con questa proposta e se Colfondo è il nome per chiamare questo vino che mette tutti d’accordo, per me va bene chiamarlo così”. Loris Follador si siede, sembra allargar le braccia. Sembra il Capitano John H. Miller che dice al soldato Ryan: meritatelo. Giovani occhi si emozionano, grati.

Questa riunione, questa assemblea si è tenuta a Col San Martino, un paesino del valdobbiadenese, dentro ad una sala della proloco. Una sessantina le persone presenti. La maggior parte produttori. Con loro i presidenti dei due consorzi delle DOCG Conegliano-Valdobbiadene (attorno ai 60 milioni di bottiglie ) e Asolo-Montello (1,5 milioni ca.). Con loro il presidente della Cantina Sociale di Valdobbiadene e il sig. Drusian, proprietario dell’azienda Drusian e del marchio Colfondo.

Il percorso pare segnato. I produttori condividono la definizione del metodo, il signor Drusian dopo dodici anni, si è reso disponibile e pare cederà il marchio ai due consorzi. I consorzi tuteleranno il marchio e recepiranno nei propri disciplinari il metodo di produzione mettendo chiarezza laddove cominciavano a diventare minacciose produzioni di infima qualità realizzate con metodi truffaldini, magari al di fuori del territorio delle DOCG, magari con uve del tutto diverse.

I produttori cedono sul metodo, Follador cede convinzioni, Drusian cede marchi, l’Università degli studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo cede la competenza di Fino che propone una soluzione apparentemente condivisa da tutti, i Consorzi cedono i disciplinari recependo un nuovo metodo di produzione da tutelare. Sembra che tutti cedano qualcosa di proprio per avanzare tutti assieme. Fosse vero la saletta della proloco di Col San Martino dovrebbe diventare luogo di culto.

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Giovanni Corazzol

Membro del Partito del progresso moderato nei limiti della legge sostiene da tempo che il radicalismo è dannoso e che il sano progresso si può raggiungere solo nell'obbedienza.

17 Commenti

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Michele A. Fino

circa 10 anni fa - Link

Grazie del report Giovanni. Il tono è molto molto epico. La realtà è stata molto belle, al di là di quello che mi aspettavo, onestamente. La soluzione non è perfetta, ma la cosa improtante è la disponibilità a lavorarci.

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Michele A. Fino

circa 10 anni fa - Link

Scusate i refusi. Emozione che continua...

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marco merotto

circa 10 anni fa - Link

Col San Martino sarà sempre attenta alla promozione della terra, della gente e delle sue storie! Grazie Michele Fino, Giampaolo Giacobbo, Maria Grazia Melegari, Innocente Nardi, Aldo Franchi, Francesco Drusian, Luca Ferraro e voi tutti intervenuti all'incontro. Speriamo di trovarci presto con il defininitivo!

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Massimiliano C

circa 10 anni fa - Link

Giovanni mi sono emozionato a leggerlo, immagino essere presente... speriam bene!

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Gianpaolo Giacobbo

circa 10 anni fa - Link

E' stato un incontro molto importante, un incontro molto costruttivo. Michele ha messol sul piatto delle soluzioni interessanti ma soprattutto un percorso da affrontare. Ora bisogna continuare affinchè non rimanga la storia di un giorno. Ma sono convinto che ce la faremo tutti! Salvaguardare questa tipologia è un atto dovouto nei confronti di questa terra meravigliosa.

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zanotto col fondo

circa 10 anni fa - Link

Ho ascoltato con interesse e ho preso appunti e spunti durante la riunione. Da quando sono nato come vignaiolo non operativo ho usato e registrato il nome col fondo abbinato al nome della mia famiglia. Della discussione sul nome colfondo non mi esprimo, però non mi è piaciuto che si è giustificata, la rifermentazione fatta in diversi tempi dell'anno, con i problemi di magazzino. Per me se si parla di recuperare e rispettare la tradizione, LA RIFERMENTAZIONE DEVE ESSERE UNA SOLA VOLTA ALL'ANNO

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Michele A. Fino

circa 10 anni fa - Link

Sono d'accordo. Per questo, come può leggere nelle slide, ho indicato un periodo che corrisponde alla stagione primaverile, per l'imbottigliamento e conseguente presa di spuma. Convengo con lei che questa tipologia vada realizzata per precisa scelta aziendale di medio/lungo periodo e non per la convenienza di un'annata, magari perché è rimasta una vasca di prodotto base dopo l'estate.

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Giampi Giacobbo

circa 10 anni fa - Link

Ad ogni modo il punto non è sul nome Colfondo , ma sulla metodologia da salvaguardare. Se sarà possibile usarlo tanto meglio altrimenti lo chiameremmo metodo tradizionale, o che dir si voglia, ma il punto non è sul nome ripeto. v

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Zanotto col fondo

circa 10 anni fa - Link

Michele avevo letto sulle sue slide è ascoltato che per lei la rifermentazione unica è una strada da seguire e difendere. Per fortuna che è stato lei a dire che dietro il problema dello spazio si nascondono produttori che magari usano vini dell'anno prima per fare il col fondo. Gianpaolo a mio parere è più importante lavorare sullo trasmettere che il COL FONDO è un prodotto della famiglia veneta e non della grossa cantina

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Michele A. Fino

circa 10 anni fa - Link

Sono di nuovo d'accordo, in termini di marketing: un vino di famiglia, amico del consumatore (di qui la previsione di una SO2 massima). In termini di regolamentazione, evidentemente, non si può legare la tipologia al Family-run business, però, giudizio di molti, i paletti messi renderebbero assai improbabile una fruibilità industriale della tipologia. Convengo poi che il nome sia la ciliegina sulla torta, ma la torta è la tipologia, finalmente regolata a dovere.

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Zanotto col fondo

circa 10 anni fa - Link

Michele lei mi è piaciuto perché ha parlato da esperto della "legge" quindi attento all'etimologia, trasmettendo passione in quello che diceva, come anche altri che sono intervenuti. Ho solo un dubbio eterno, che seguire il destino di un progetto come la regolamentazione del col fondo come metodologica di lavorazione, si scontra con le esigenze e le invidie di alcuni produttori, che pensano solo ad i loro interessi.

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Zanotto col fondo

circa 10 anni fa - Link

Io forse sarò stato poco attento, ma mi è sembrato di capire che il sig. Drusian in caso è disposto a dare in uso il nome colfondo al solo consorzio Conegliano valdobbiadene.

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Michele A. Fino

circa 10 anni fa - Link

Mi scusi il ritardo. Per la verità, no. Mi pare che l'apertura fosse sulla DOCG, che nel prosecco significa Conegliano, Valdobbiadene e Asolo. Anche gli atti conseguenti adottati dal consorzio di Asolo mi confortao in questa interpretazione.

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Luca Ferraro

circa 10 anni fa - Link

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zanotto col fondo

circa 10 anni fa - Link

Commento per capire se c'è l'intenzione a valorizzare di più la valorizzare la metodologia di lavorazione, nata nel veneto e fatta da sempre nel veneto. L'andar per famiglie contadine a comprare il vino a febbraio e poi riunire la famiglia il giorno di pasquetta per imbottigliare in allegria. Mi ripeto va valorizzato il tipo di lavorazione legato alla famiglia veneta, quindi alla piccola cantina, per fare in modo che non finisca sugli scaffali dei supermercati, regno degli imbottigliatori

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