Nec Plus Ultra Bruno Paillard: sulla 2003 in Champagne non si era ancora detta l’ultima parola, evidentemente

di Andrea Gori

Strane persone gli champenoise. Per esempio càpita che facciano di tutto per farti dimenticare un millesimo difficile come il 2003, dalle rese bassissime e dalle acidità sballate, disastroso soprattutto per lo chardonnay. Poi, anni dopo, quando sul mercato ormai cominciano a furoreggiare i favolosi 2008, ecco che tocca riprendere in mano tutto e ripensare ai giudizi dati.

Finora solo i grandi e grandissimi come Dom Perignon, Krug e Philipponnat erano riusciti a cavare piccoli gioielli da quell’incubo fatto di gelate, piogge fuori stagioni e canicole bibliche, mentre non si avevano notizie (a parte Selosse) di millesimati di rilievo da produttori più piccoli. Nel quadro generale ecco apparire a sorpresa, ben prima del 2002 che arriverà (pare) tra qualche anno, il 2003 del discusso Nec Plus Ultra di Bruno Paillard, ovvero la più piccola delle grandi maison. In una sontuosa ma efficace presentazione nello spettacolare Mandarin Oriental di Milano abbiamo potuto assaggiare l’ultimo nato di questa cuvée creata per scommessa di Bruno con i suoi appassionati clienti inglesi che vale la pena recuperare con questo video:

Solo due uve, chardonnay e pinot nero, solo grand cru (17 degli dei 320 village della Champagne ma qui si usano solo Oger, Chouilly, Verzenay e Mailly), vinificazione in legno, dosaggio bassissimo (3 grammi per litro) e lungo affinamento sui lieviti e lungo riposo in bottiglia prima dell’arrivo sul mercato, mai prima di 10 anni dalla vendemmia. Una formulazione complessa che ha visto per ora nascere solo i millesimi 1990, 1995, 1996, 1999 e appunto 2003. Le scorse edizioni hanno diviso gli appassionati e avevano fatto pensare ad uno Champagne estremo, molto giocato su ossidazioni e acidità sferzanti, che pareva fatto con in mente alcuni appassionati e non certo il grande pubblico delle cuvée de prestige, attratto da formulazioni più immediate e goderecce, facilmente leggibili da tutti.

Poi arriva questo NPU 2003 che sorprende e trascina, facendo da mattatore ad un pasto energico e impegnativo (tra animelle, astici blu, cozze fritte e pollo ficato) come quello di Antonio Guida che al Seta del Mandarin Oriental pare destinato ad elevare esponenzialmente la sua notorietà dopo la pur bellissima cavalcata stellata al Pellicano di Porto Ercole.

Il Nec Plus Ultra 2003 è uno Champagne che ti conquista subito poi ti lascia in sospeso e non ti molla più, costringendo il malcapitato sommelier a versartene di continuo nel bicchiere perché vuoi cercare di decifrarne i numerosi strati di cui è composto. Come un abito, si svela piano piano ma quello che trovi ad un livello è sempre fatto di materia distinta e pulsante, viva e vitale eppure compiuta e godereccia, che ad ogni sorso pare svelare una dimensione della 2003 finora pochissimo esplorata.

Champagne Bruno Paillard 2003 N.P.U. Apertura floreale, arancio con uno chardonnay in grande spolvero, note di malaga e caffè, rhum vieux e canfora, ginestra e susina in un profilo evolutivo e quasi ossidativo che in bocca però si trasforma in materia molto fresca e passionale, elegantissima. Rivela una vinosità tropicale appena straniante mescolata a tostature indonesiane e frutti rossi di sottobosco, ma presto si rituffa nel rigore e nella fermezza di un millesimo dai contrasti incredibili. Ha passo lungo e spedito, bollicina avvolgente in equilibrio perfetto con la materia e un finale caleidoscopico che lascia intravedere scampoli di progressione nei mesi a venire, ma che si rivela già se ci si lascia andare a gustarlo a tutto pasto. Come sempre e più di sempre un grande vino con le bolle eppure anche grande Champagne fatto per i momenti più gioiosi che riusciate ad immaginare. 95+

Andrea Gori

Quarta generazione della famiglia Gori – ristoratori in Firenze dal 1901 – è il primo a occuparsi seriamente di vino. Biologo, ricercatore e genetista, inizia gli studi da sommelier nel 2004. Gli serviranno 4 anni per diventare vice campione europeo. In pubblico nega, ma crede nella supremazia della Toscana sulle altre regioni del vino, pur avendo un debole per Borgogna e Champagne. Per tutti è “il sommelier informatico”.

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