L’enologo silenzioso (il mondo del vino è qualcosa che va da Carlo Ferrini a Leonardo Seghetti)
di Alessandro MorichettiC’è stato un tempo in cui l’enologo, quello che sa come prendere un’uva qualsiasi e farla diventare vino, era LA firma. Garanzia di qualità e visibilità. Poi i tempi sono cambiati, qualcuno ha fatto la pipì un po’ fuori dal vaso e la percezione sociale del ruolo di enologo si è abbastanza ridimensionata, almeno in Italia, assumendo molteplici valenze.
Se proprio dovessimo individuare simbolicamente un prima e un dopo in questa percezione potremmo fissarlo nell’uscita del libro di Corrado Dottori (“Non è il vino dell’enologo”), che non ha influenzato solo la comunità degli enofili ma anche e soprattutto molti produttori che l’hanno letto e si sono domandati: “io da che parte voglio stare?”.
Di entusiasti nell’esporre in bella vista il proprio enologo alla moda di un tempo ce ne sono sempre meno ma il mondo è bello perché vario e uno spaccato ce lo offre la regione in cui vivo, le Langhe. Prendendo ad esempio tre cantine di super punta, la situazione è assai diversificata: due di queste condividono lo stesso analista/enologo, sebbene una lo dica praticamente sempre e l’altra non lo menzioni mai.
La terza super-cantina, invece, di enologi ne ha addirittura due: uno sempre presente in azienda, l’altro circa 2-3 volte a settimana. E a loro si aggiunge il Grande Vecchio che, per motivi di salute, può assaggiare sempre meno: quindi due più Riserva Speciale.
Prima dell’estate ho preso in mano un catalogo enologico, una roba che se non vedi non credi: il vino puoi manipolarlo – direi quasi costruirlo se non suonasse brutto – e l’uva non sempre rimane l’ingrediente principale. La cosa più divertente, parlando con alcuni enologi che conosco e profondamente stimo, è che non si riesce mai esattamente a capire cosa facciano. La risposta suona sempre più o meno: “Mah, in fondo non faccio niente”. Che poi in alcuni casi è anche vero ma questa risposta mi affascina molto. Spesso in realtà è solo ritrosia a scendere nel dettaglio di un mestiere che copre un range di possibilità davvero molto, molto ampio.
Però io blogger addetto alle semplificazioni banalizzanti devo fare mea culpa: se uno mi dice “lavoro con Carlo Ferrini” (winemaker superpremiato e ambito in tutto il mondo) penso “ah!”, se un altro invece mi dice “dallo scorso anno ho iniziato a collaborare col professor Leonardo Seghetti” (uno dei più grandi esperti di scienze e tecnologie alimentari in Italia nonché di olio e olive al mondo) io penso “bene! bravo! bis!”.
Nessuno è perfetto, nemmeno tra i blogger.
17 Commenti
claudia
circa 9 anni fa - LinkChe palle davvero che palle . Di nuovo con la storia del consulente , del nome famoso e dei prodotti enologici. Ma l'enologo fa anche le analisi dei vini e dei mosti, si fa un mazzo tanto per destreggiarsi nella normativa sulle etichettature, cerca di non innamorarsi delle proprie puzze e di rimanere obbiettivo, parla con i soci e con i clienti , fa formazione agli adetti di cantina , campiona le olive e analizza l'olio che ne esce, confessa il capocantina che sta per andare in pensione. Cosi tanto per dire, il mondo del vino è anche questo, non solo grandi nomi guide e lustrini.
RispondiAlessandro Morichetti
circa 9 anni fa - LinkEra esattamente quello il senso del citare Seghetti o chi per lui. L'enologo è tante cose, spesso necessarie e solo in alcuni casi più "forzose". E rispettabilissime, la maggior parte delle volte. Più discutibili altre, magari.
RispondiDario
circa 9 anni fa - LinkD'accordissimo con quanto scrivi, in particolare con "cerca di non innamorarsi delle proprie puzze e di rimanere obbiettivo", è difficile ma al contempo l'essenza stessa della professione di enologo: interpretare la visione del produttore e non la propria. Però, al contempo, l'enologo non dovrebbe sconfinare in un settore complesso e articolato come quello dell'olio d'oliva, si rischiano confusione e diluizione delle competenze (dell'enologo e dell'esperto di olio d'oliva...).
Rispondicarolaincats
circa 8 anni fa - LinkDario... Claudia è una con le palle, sa fare bene vino e anche olio. due prodotti eccezionali, fidati.
RispondiDario
circa 8 anni fa - LinkCarola, non conosco Claudia ma non ho motivo per dubitare della sua cazzutaggine. Resto dell'opinione che si possa essere competenti in ambedue i settori ma che, per essere professionalmente eccellenti, si necessiti di un bagaglio di esperienza mirato che cresca giorno dopo giorno, vendemmia dopo vendemmia (o frangitura dopo frangitura). Se poi consideri che stiamo parlando di due prodotti molto diversi da tantissimi punti vista (chimici, chimico-fisici, microbiologici, sensoriali, economici, commerciali, ecc.), insisto nel pensare che i Leonardo da Vinci trasversalmente geni siano merce rara. Per fortuna! :)
Rispondiclaudia
circa 8 anni fa - LinkNon mi ritengo un genio, ma una persona che nn si sente mai arrivata e che si sente sempre' atta a divenire'
Rispondiclaudia
circa 8 anni fa - LinkIn questo periodo sono dedicata anche all'olio , per motivazioni aziendali, questo ha comportato rimettersi a studiare , entrare in discussione con un mondo olfattivo tutto nuovo
RispondiDario
circa 8 anni fa - LinkCi mancherebbe, il mio è un ragionamento generale, mica ho detto che sei "rivedibile"... Buone olive e buone malolattiche! :)
RispondiSergio
circa 9 anni fa - Linkper chi non è dentro le Langhe come te, ci puoi fare i nomi'? (di aziende ed enologi, intendo)
Rispondiangelo bertacchini
circa 9 anni fa - LinkPerquanto possa sembrare un argomento stantio, mi rendo conto che sia molto sentito dagli amanti del vino che poi sono anche quelli che, comprando le bottiglie, fanno girare il carrozzone. Quindi meritano di rispetto. In anni passati si sono registrati scandali di tutti i generi, ed ancora ne saltano fuori, causati dal fatto che si preferisca prendere scorciatoie per raggiungere certi obiettivi. Quando per produrre vini si impiegano mezzi impropri o addirittura vietati questo è deplorevole. L'impiego di cosiddetti "enologici" non ha niente di scandaloso ne pericoloso, tanto che esiste un organismo internazionale chiamato OIV che stabilisce quali tecniche siano lecite e quali no, nel rispetto della salute e del prodotto. Detto ciò l'enologo è solo una figura di guida, che ha lo scopo di far crescere un'azienda e di dargli un punto critico, un punto di riferimento o semplicemente trasmettere esperienze. Vediamolo come l'allenatore della squadra. Un'azienda è infatti un pool di persone che lavorano nell'azienda e tutti concorrono nel raggiungimento della massima qualità. Lavorare in questo modo comporta dei periodi abbastanza lunghi per raggiungere gli obiettivi, quindi quelle aziende che non sono disposte di percorrere questa lunga strada, prendono delle scorciatoie più o meno lecite e alla fine arrivano gli scandali. Ma per quanti "enologi" chiacchierati esistono, ce ne sono migliaia non in evidenza che mettono la loro professionalità e passione tutti i giorni e non è giusto generalizzare, penalizzando così chi lavora bene.
Rispondisergio
circa 9 anni fa - Link"Ma per quanti “enologi” chiacchierati esistono, ce ne sono migliaia non in evidenza che mettono la loro professionalità e passione tutti i giorni e non è giusto generalizzare, penalizzando così chi lavora bene" . Condivido. Ma poi che facciamo? Per non sfiorare il lavoro dei seri ed onesti, mettiamo la polvere sotto il tappeto? Cioè non ne parliamo? Silenziamo le notizie sgradevoli? Molti blog di vino fanno così. Quando Intravino alza, qualche volta, il tappeto sono molte le voci che lo criticano. Insomma, non ci sono, a volte, scelte facili: ma dire la Verità e non nasconderla o deformarla è la via da seguire di un giornalismo serio e non servile, come è la maggior parte di quello italiano.
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 9 anni fa - LinkHo il massimo rispetto per gli enologi e per ogni figura professionale che gravita intorno alle aziende, ma questi sono per definizione consulenti. Il vino è dell'azienda, e basta. Tutta questa enfasi sull'enologo non giova al vino, e neppure agli enologi stessi. Vorrei anche proporre una piccola provocazione. Senza dei bravi addetti al commerciale che piazzano i vini ogni capolavoro fatto da consulenti, lavoratori e azienda in vigna ed in cantina sarebbe assolutamente inutile, per cui loro sono l'anello più indispensabile della filiera; eppure nessuno se li fila!
RispondiSergio
circa 9 anni fa - Linkscusa Stefano, ma ti pare che davvero il "commerciale" dei vini pulluli di bravi addetti? alludo a chi deve parlare con baristi, enotecari e ristoratori, non di chi fa marketing (che spesso è bravissimo).
RispondiNelle Nuvole
circa 9 anni fa - LinkEhm... sì, ci sono tanti bravissimi addetti commerciali, ehm..., sì sono quelli che parlano con baristi, enotecari e ristoratori e anche importatori, distributori, buyers dei monopoli. Ehm..., sì, non si tratta di marketing, almeno non nel senso di promozione, bensì di vera e propria commercializzazione. Prima di andare a parlare con i vari e variegati compratori, preparano i listini, e si aggiornano sui vini e le vendemmie che devono andare a commercializzare. Per questo, se sono seri oltre che bravi a vendere, scendono in cantina, assaggiano i vini, si confrontano con il cantiniere, l'enologo e il titolare dell'azienda che paga loro lo stipendio. Grazie al mio capo, ehm,... Stefano, per le parole di cui sopra.
Rispondicarolaincats
circa 8 anni fa - Linktu sei number one, punto. :)))
RispondiStefano Cinelli Colombini
circa 9 anni fa - LinkBeh, se si deve giudicare dai risultati, essendo che i vini italiani sono i più venduti al mondo (e non sono né i meno cari né poi così migliori degli altri) i nostri commerciali devono essere proprio bravi. Pure molto.
RispondiGabriele Succi
circa 6 anni fa - LinkConcordo Stefano, uno può fare il miglior vino del mondo, ma se non è in grado di venderlo, o assumere qualcuno che lo faccia, rimane al palo.
RispondiUna domanda per moricchia, però...
Ma perchè bisogna stare sempre "da una parte"? Intersecare una o più visioni, no?