Le anteprime toscane a modo mio: Caprili a Montalcino

Le anteprime toscane a modo mio: Caprili a Montalcino

di Emanuele Giannone

Il Benvenuto Brunello è ai blocchi. Anche quest’anno Oltreatlantico e Oltremanica si fanno beffa del giudice di partenza e partono prima del via. Gli starter alzano con poca convinzione la bandierina: nessuno li fila, nessun concorrente avanza proteste per la falsa partenza. Così l’enodromo è già tutto un fermento per l’ante-anteprima, tutti seguono con trepidazione andature e passi e i più lesti di frogia e palato hanno già distanziato i tardigradi. Tra meno d’un mese conosceremo i vincitori (tutti ai punti).

Stacco. Altra scena. Scenografia georgica: fuori dallo stadio e lontani dalla pista, nelle campagne dintorno vagano beatamente alcuni enòpodi allo stato brado. Queste creature selvatiche, pacifiche e tendenzialmente bradicinetiche battono altre piste, d’istinto e fuori gara. Cosa li spinga a fare così, è materia di varie e fantasiose congetture. Si sa che complessi sono i moventi per cui si cerca un vino: loro, a ogni buon conto, trovano quasi sempre quello giusto.

Una delle loro piste inizia al rondò di Via Strozzi (Bar Le Terrazze, caffè al volo di prammatica e ripasso della rotta), volge prima verso Sant’Angelo e poi piega in direzione di Tavernelle, fino ad arrivare nei pressi della Villa Santa Restituta, storica dimora e tenuta della famiglia Castelli-Martinozzi con i suoi possedimenti, un tempo vastissimi e quindi ridotti da successive cessioni a soli (si fa per dire) 160 ha. La riforma del diritto agrario permise a molti mezzadri di rilevare il podere in concessione: così fu nel 1965 anche per i Bartolommei e per il Podere Caprili, al quale erano giunti già nel 1952. Proprio nel 1965 fu piantato il vigneto detto Madre, tuttora in attività, oggetto di studi e ricerche in collaborazione con l’Università di Siena, nonché fondo storico dei cloni destinati ai nuovi impianti. Le loro vigne si collocano a un’altitudine variabile tra i 225 e i 340 metri, sono esposte a Sudovest su suoli limosi e argillosi con notevole presenza di tischi e galestro, ricchi di sali minerali. Come operino gli strumenti del maieuta è descritto con concisione ed efficacia da Giacomo Bartolommei e dal sito web dell’azienda:

“… gli unici interventi sono a base di sostanze di contatto come rame e zolfo. La vinificazione segue i processi naturali, evitando aggiunte di lieviti e altri ammendanti esogeni. Si privilegia l’uso dei lieviti autoctoni contenuti nelle uve stesse; ciò conferisce al vino una sua precisa identità territoriale, ben riconoscibile e tracciabile, ma allo stesso tempo mai omologata nel gusto e nei profumi, assecondando piuttosto la mutevolezza dell’andamento stagionale delle annate ed esprimendone la particolarità.”.

Dopo la bella cantina palladiana, inaugurata l’anno scorso in occasione del cinquantennale dell’azienda, Giacomo guida gli enòpodi alla risalita, li accomoda in taverna e li fa contenti così.

Rosso di Montalcino 2013
Il connubio tra dote minerale composta e chiaroscurale, di sasso e terra, e il frutto rosso immediato, goloso e maturo: lampone e ciliegia. Un filo di fiori ed erbe a ornamento, fievole ma essenziale, capace di dar volume e soavità. Al palato si presenta gentile, di presa piccola ma ferma, il tocco è puntiforme e quasi piccante. In progressione cambia passo, batte più duro, regola il frutto – fragola, lampone, arancia sanguinella, amarena – e gli sottende il sale, per poi affidarne la piena, solare impressione al calore che risale dopo il sorso. Di grande slancio e tonica, ramificata persistenza.

Brunello di Montalcino 2011
Intenso e avvolgente nei profumi di frutta matura, ciliegia, mirtillo e ribes insieme a terra, curcuma e karkadè. Nel frutto dichiara e incorpora bene il caldo e il vento agostani che qui peraltro non cossero, piuttosto concentrarono la sostanza buona e già ingente, zucchero e acidi, fenoli e aromi. Al gusto ne risultano un profilo disteso e per questo già godibile, una tessitura spessa e fitta di trama, una pienezza né statica, né prolissa, anzi dinamica e succosa, con il frutto in evidenza ma non esondante, sostenuto da freschezza infusa; frutto che, verso il finale, da rosso volge a scuro e svaria su spezie rosse, cenere e sottobosco. Chiusura calorosa e in largo con tannini piccoli e morbidi, tanti e nettanti, ben incorporati. Un quadro fedele dell’annata e della zona.

Brunello di Montalcino Riserva 2010 AdAlberto
Da uve del vigneto Madre. Serrato, misurato nell’effusione aromatica che è di grande spettro e ancora minima intensità. Una trama lavorata finemente e ricchissima di dettagli. È ampiezza in compostezza: fiori e frutti rossi come allusioni e composti a mora, cuoio, fieno greco, sottobosco, resina, ardesia, cenni di spezie scure. Il gusto lo conferma per tempra e misura, con il presentimento di molti dettagli e nella loro minima cessione. Per ora descrive, secondo le grandezze fondamentali che lo compongono, un campo di dimensioni ed energia notevoli: trama fitta, freschezza infusa e profonda, compressione aromatica e la verve alcolica che, nel lungo finale, la svolge minimamente accennando a frutti rossi freschi, tabacco, rosa rossa, muschio e ginepro. Un lungo e luminoso futuro.

Brunello di Montalcino 1995
Scegliete la definizione di evoluzione che più vi piace: la trasformazione graduale e continua fino a uno stato più perfezionato. Il cambiamento di direzione e formazione di ginnasti e cavalieri. Lo sviluppo da una forma più semplice a una più complessa. Uno svolgimento graduale e completo. E cosi via. Calzano tutte, prese singolarmente o unitamente. Sangue, cuoio, tabacco e un filo d’erbe amare che si staglia dopo qualche minuto. Il frutto solo di soppiatto. In bocca ha sapidità e freschezza intatte, tannini minuti ma pungenti, le une e gli altri compendiati in tensione e succulenza, tattilità spigliata, delicata e vivace. La frutta rossa ricompare in essenza, sorprendentemente fresca, insieme a un mazzo d’erbe: colori e profumi per un finale in lunghezza ed eleganza.

Emanuele Giannone

(alias Eleutherius Grootjans). Romano con due quarti di marchigianità, uno siculo e uno toscano. Non laureato in Bacco, baccalaureato aziendalista. Bevo per dimenticare le matrici di portafoglio, i business plan, i cantieri navali, Susanna Tamaro, il gol di Turone, la ruota di Ann Noble e la legge morale dentro di me.

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