La Vernaccia di San Gimignano contro i vini della Côte Chalonnaise. Arbitra Armando Castagno

di Leonardo Romanelli

Si rinnova l’appuntamento a San Gimignano, durante le anteprime dedicate alle nuove annate, della degustazione comparata tra un territorio straniero – scelto ogni anno da un relatore invitato dal Consorzio – e la Vernaccia, nelle diverse tipologie.

Giunto alla decima edizione, l’evento ha visto la presenza come relatore di Armando Castagno, che ha tenuto una lezione molto precisa e puntuale sulla Côte Chalonnaise. Il titolo prescelto è “Cronache dai magazzini del sale “, per far capire come uno dei tratti salienti dei prodotti sia proprio l’elemento salino. Per la prima volta, invece di procedere a bottiglia scoperta con tanto di commento del produttore, la degustazione si è svolta alla cieca con i prodotti mescolati.

La descrizione iniziale fatta da Castagno è quasi romantica: la zona viene considerata l’anima perdente e vinta della Borgogna; in Italia è difficile trovare prodotti importanti, soprattutto i bianchi. Da un punto di vista fisico, la Côte Chalonnaise è la terza subregione della Borgogna partendo dal nord, meno celebre rispetto agli altri territori. Alla fine del Settecento la zona era rinomata: una fama solida era quella del Mercurey, con i cru recintati, chiamati Clos, che hanno garantito la continuità della produzione. La crisi inizia con la fillossera, poi prosegue con il crollo del settore minerario che svuota la regione, quindi le due guerre mondiali, con la seconda determinante, a causa della linea di confine esistente nel territorio tra Francia occupata dai nazisti e l’altra liberata. Solo dalla fine degli anni Cinquanta si comincia a ripensare al vino però manca la capacità di ricreare l’immagine agli occhi dei consumatori. Rispetto alla Côte d’Or, la continuità è oggettiva; da un punto di vista geologico, nel suo immediato sottosuolo, ha una colossale piastra di calcari antichissimi, appartenenti al giurassico medio.

Cinque le sotto denominazioni: Bouzeron e Rully attaccate alla Côte d’Or, poi il capoluogo che è Mercurey, quindi proseguendo Givry e, isolata verso sud, Montagny. Bouzeron ha ottenuto l’AOC nel 1998 e l’unica uva utilizzata è l’aligoté, sfrattato dalla Borgogna dopo la fillossera e sostituito dallo chardonnay. Prima era diffuso nella misura del 20 o 40%, anche in luoghi come Montrachet; è un vitigno che legge, interpreta ed è in grado di trasmettere il territorio del Bouzeron, non ha bisogno di essere nominato in etichetta.

Quasi nessun vino di questa AOC ha un nome della vigna. Invece Rully su 357 ettari ne ha 81 classificati Premier Cru: qui lo chardonnay domina ed è stato un successo crescente tra i consumatori negli ultimi anni, grazie all’ottimo rapporto qualità prezzo. Vini acidi, piacevoli, adatti come base dei Crémant de Bourgogne, prodotto in quasi 5 milioni di bottiglie.

Mercurey era zona dedicata al dio Mercurio, dio del commercio, e qui era la zona di intersezione del commercio: la seconda città del vino dopo Beaune, con 31 Premier cru, 26 dei quali promossi nel 1988. La maggior parte delle vigne sono esposte a sud, in grado di fornire vini corposi e ricchi. La vigna da bianco è stata confinata al nord delle colline: è un vino sfuggente, nessun legame con il vino rosso corrispondente, molto sasso poca argilla.

Givry è la più piccola denominazione, 33 Premier cru, le zone migliori sono occupate dal pinot nero, quindi le uve bianche poste sugli altri appezzamenti, sono in grado di produrre vini molto sapidi, minerali, che hanno stile, fascino e carnosità.

Montagny staccata dalle altre, unico comune per il quale l’AOC è prevista per il solo chardonnay. E’ una delle terre del vino più antiche d’Europa. Ben 255 ettari su 440 sono classificati Premier Cru, ed è inspiegabile seguendo il concetto puramente viticolo. Una ragione storica è quella del confine delle due France durante la guerra: una legge  impediva la razzia delle uve per i territori classificati Premier Cru: automaticamente tutta la zona diventò Premier Cru! Oggi si va avanti per sottrazione, per cercare di riequilibrare il territorio nei confronti delle altre sottozone quindi 15 Premier cru sono stati eliminati, dei 53 rimasti solo 21 sono menzionati in etichetta e quindi il quadro che ottiene il consumatore è più equilibrato e reale.

N.B.: La degustazione che segue è la cronaca precisa fatta dal relatore Armando Castagno per ogni vino.

Vernaccia di San Gimignano 2011 Podere Canneta
Colore leggermente dorato. Naso minerale, lieve, appena floreale, fruttato con pesca, estroflesso, dà idea di spessore e saporosità (al naso, ndr), con nota gessosa. Bocca succosa, elegante, sapida, cenno erbaceo e lattico, tocco di resina balsamica. Finale ancora gessoso, di debordante frutto con pera. Dopo la deglutizione arriva la salinità. In definitiva  media struttura, notevole lindore, ritorni aromatici precisi ed eleganti, ad oggi ha più naso che bocca.

Bouzeron 2012 Domanine Aubert et Pamela De Villain
Colore appena dorato. Naso con grande freschezza, impatto agrumato, limone e buccia di lime, notevole ritrosia iniziale poi  fiore bianco ed agrume, citrosodina. Bella compostezza. Spezia peculiare e piccante. Bocca dolce, corposa, soda, sale, acido, beva insidiosa. Il componente sapido minerale è superiore alla grassezza. Finale lindo e pulito, divaga tra erbaceo e agrume.

Givry Blanc En Veau 2013 Domaine Joblot
Dorato leggero. Profilo lussuoso, morbido, languido. Superata la coltre di élèvage, si deve indagare sulla  complessità orizzontale dei profumi tra il cereale, la frutta matura ed una speziatura naturale e peculiare. Probabile risulti sapido, si può intuire il gessoso e il pietroso e il sale al naso si sente se lo si ascolta bene. E’ in costruzione un edificio imponente, sotto l’ipnosi del legno, molto fresco, difficile rimanga gallico molto a lungo. I legni hanno fatto un passo indietro, il profilo è fragrante, farinosità chiara con lieviti di panificazione.

Vernaccia di San Gimignano San Quirico 2013
Profilo molto puro, bello e complesso. Colore chiaro paglierino scarico. Forzatamente, è un  vino molto giovane. C’è una componente di pasticceria, dolce, morbida, che non slabbra mai, compressa in una cornice di sale, quasi pungente. Tutto molto puro, tutto molto understatement. Naso congeniale. Francamente difficile da capire, paradossalmente, lunghezza sapida e tenace, simile al Givry con grana sapida identica.

Vernaccia di San Gimignano Fiore Montenidoli 2012
Lievissima riduzione al naso, bisogna concedere aria violenta. Note salmastre fluviali accompagnano l’insieme dei profumi tra espressioni di frutta matura bella, tanto fiore, un po’ di mellitico, dal propoli al miele caldo, senso di peso e spessore che si indovina al naso. Gran profilo e carattere, bocca solenne, in poderoso allungo da centro bocca in poi talmente minerale che friccica.

Vernaccia di San Gimignano Vigna a Solatio 2013 Casale Falchini
Profilo coeso e compatto, la scuola d’assaggio ufficiale con un vino simile viene messa in crisi perché difficile fare riconoscimenti. Un tutt’uno in cui la parte di frutta matura dolce è più evidente nelle sue complessità che il vino squaderna in maniera baldanzosa all’assaggio. Siamo al melone, al gelsomino bianco, fiori quasi intossicanti, di grande impatto aromatico. Vino dalle grandi risorse. Bello salato e schioccante, giovane, notevole promessa. Dovrebbe costruirsi.

Givry Blanc Clos Des Vignes Rondes 2012 Domaine Francois Lumpp
Bellissimo naso, macedonia, melone bianco, kiwi, frutta come mela verde, un tocco fragrante, crosta di pane, tiglio come fiore, più lieviti che legno, un filo di metallo. Maturazione delle uve sobria e contenuta, sotto controllo, palmito che compare improvviso, molto fiore bianco, grandissimo. Vino che si allarga e si allunga, grazie alla carrettata di sale con un profilo termale, micidiale. Una  scarica di sali minerali redime la slabbratura e la sua estrema gioventù. Talmente sapido in fondo che non è acidissimo.

Mercurey Blanc Les Caudroyes 2012 Louis Max/Domaine De La Marche
Grande coesione olfattiva, nota scintillante di pietra spaccata di polvere, di marmo, di gesso, di ostia, fragranza di mollica di pane, ad incorniciare un fruttato giallo estivo, di ginestra e un’apertura di vastità aromatica. Forse solforosa di troppo. Mobilità olfattiva un filo censurabile. Bocca micidiale. Bella l’uscita acida e precisa, definita.

Rully Blanc en Villerange 2012 Domaine Claude Jobard
Assomiglia molto al precedente, userei descrittori simili. Banana verde, lime, cedro, parte agrumata verdognola. Vegetali acidi come acetosella e fiori come la lantana. Bocca sapida. Pulito, piacevole, senza eccessi.

Vernaccia di San Gimignano Vigna in Fiore 2013 Ca’ Del  Vispo
Tratto in meno di estroversione al naso, impatto forte del profumo, ricco di suggestioni, c’è frutta gialla in gelatina, naso riservato, coeso. Bella parte speziata di farina di castagne. Molto lievito tostato, cumino, ciò che resta di un vino spumante a cui è stata tolta la carbonica, gran classe delle basi spumanti. Media estensione, clamorosamente gastronomico. Gradualità, sviluppo quieto e sereno, vino autocosciente e sicuro di sé, in possesso di documento di identità.

Vernaccia di San Gimignano Campo Della Pieve  2011 Il Colombaio Di Santa Chiara
Bellissimo naso in forza centrifuga ed estroflessione, profumato, complesso, parte di frutta di caramella dura, parte estiva di malto e poi fiori gialli. Vino coerente tra bocca e naso, stesso retrolfatto. Fisionomia coerente, tra i vini più indietro. Deve essere aspettato, per sbocciare a complessità ulteriore.

Montagny 1er Cru Les Montcuchots 2011 Domaine Fuillat- Juillot
Note di saline, iodio che quasi buca il naso. Coefficiente di penetrazione mentolato e balsamico, vocazione a pungere e stimolare. Menta e iodio, frutta gialla, in bocca qualche lieve spigolo. Maturato in legno ma il vino si è fagocitato le doghe, sentori riflessi. Mela matura, macedonia gelato poi parte più spessa, masticabile, lungo e grasso.

[Foto: Gonews]

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Leonardo Romanelli

“Una vita con le gambe sotto al tavolo”: critico gastronomico in pianta stabile, lascia una promettente carriera di marciatore per darsi all’enogastronomia in tutte le sfaccettature. Insegnante alla scuola alberghiera e all’università, sommelier, scrittore, commediografo, attore, si diletta nell’organizzazione di eventi gastronomici. Mescolare i generi fino a confonderli è lo sport che preferisce.

4 Commenti

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Fulvio

circa 9 anni fa - Link

Certo che riportare letteralmente le descrizioni può far sorridere ma ad un cronista in sala non si chiede una visione propria di quei vini? Sarebbe interessante conoscerla...

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Leonardo romanelli

circa 9 anni fa - Link

Certo che sì un giornalista esprime la sua visione e lo può fare su diversi canali di comunicazione. Ma un giornalista fa anche cronaca e questo è un esercizio che talvolta manca in campo vinicolo

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az

circa 9 anni fa - Link

Miiiiiiii..... Bella! L'ho sempre pensato che giudicare i bianchi è più difficile. ;)

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rampavia

circa 9 anni fa - Link

Ho trovato questo post davvero interessante perchè amo sia la Vernaccia sia i vini della Cote Chalonnaise. Leonardo perdonami una precisazione da maestrino con la penna rossa: l'ultimo vino citato è del Domaine Fuillat- Juillot (non Fuillet-Julliot). Non vorrei che Madame Francoise per ripicca citasse il tuo articolo come scritto da Leonello Romanaccio. Sorry. Corretto, grazie. [a]

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