La sala degli assaggi a Villa Favorita è il mio nuovo angolo di mondo preferito

La sala degli assaggi a Villa Favorita è il mio nuovo angolo di mondo preferito

di Fiorenzo Sartore

Dunque accade che a Villa Favorita, l’annuale rassegna satellite di Vinitaly (una delle molte) c’è questa cosa che chiamano tasting room, e l’inglesismo è necessario siccome è una sala rivolta a importatori, buyer, insomma gente seria. Incidentalmente è riservata anche ai giornalisti e, in modo doppiamente incidentale, a quelli come me. La sala assaggi è un luogo un po’ strano nel quale sono allineate circa tutte le bottiglie dei produttori presenti a Vin Natur ma senza i produttori né i tavoli: entri e ti servi da solo. Assaggi in un modo un po’ blind dating, magari non conosci nemmeno i produttori ma ti fai prendere dalla smania dell’esplorazione. Io ci ho passato un bel po’ di tempo, e quel clima sospeso e anche abbastanza surreale (io e le bottiglie, e basta) mi ha fatto ridefinire il concetto di “visitare una fiera”. Al punto che adesso vorrei suggerire a tutti quelli che organizzano fiere di mettere assieme una cosa così; magari riconoscete i crediti a Vin Natur. Però fatelo.

Intendiamoci, non voglio dire che non mi piace interagire coi produttori dietro ai tavoli. Però dal punto di vista logistico questa disintermediazione dell’assaggio, veloce, senza preliminari, è un modo efficace di metterti a contatto col vino e basta. Quindi insomma bravi i ragazzi di Vin Natur che in questa stanza non grandissima ma ariosa e comoda, il cui accesso era comunque regolamentato dalla prussiana fermezza del team organizzativo, hanno allestito un funzionale parco giochi per assaggiatori solipsistici.

Per esempio: io non so se fuori da questa sala avrei mai puntato un vino che in etichetta reca la struggente denominazione di Pinot Nero Emila IGT. Voglio dire: siamo tutti bravi a fare pinot nero a Beaune. O nella vigna di Mazzon in Trentino. Perfino in Toscana, ormai, ci provano a fare pinot nero. Ma in Emilia? Ecco, di fronte a quell’etichetta persa come Cesare perduto nella pioggia io mi sono commosso. E l’ho assaggiato. E pensa un po’? Non era niente male. Anche se una seconda bottiglia assaggiata nel corso della giornata non aveva un naso precisissimo, il primo assaggio mi ha fatto scrivere il nome del produttore, Casè, sottolineato due volte.

Poi mi imbatto nel Sagrantino di Montefalco di Fongoli. Qui la cosa divertente è che sono le uniche bottiglie chiuse con un arcano tappo con effetto vacuvin, cioè dotato di un meccanismo per creare il vuoto nella bottiglia smezzata. Però questo aggeggio è durissimo da aprire una volta attivato, e noto che due o tre assaggiatori prima di me si accingono nell’impresa, poi spossati mollano la presa e passano ad altro. E infatti la bottiglia di Sagrantino pare quasi piena, e sono le 12 ormai. Quindi mi produco nello sforzo sovrumano di estirpare l’infernale congegno e finalmente assaggio. Ragazzi, ma è buonissimo ‘sto Sagrantino: frutta macerata ma con stile, senza nemmeno un tentativo di ammiccamento. Molto bene direi. Quindi lascio la bottiglia SENZA tappo affinché chi viene dopo possa godere come ho fatto io.

Già che sono in mezzo ai rossi gloriosi mi fermo a considerare un’etichetta che intima BEVILO (il vino si chiama proprio così). Essendo io assai sottomesso mi verso un po’ di questo blend di cabernet, merlot e sangiovese fatto a Montalcino, pensando ai miei amici talebani che sclerano quando vedono queste unioni impure. Mentre lo bevo penso anche “peggio per loro”. Cioè a dire che il Bevilo 2013 di Casa Raia è convincente, con quel vezzo appena piacione subito rimesso in riga da una vena toscanaccia che lo raddrizza e lo lancia in alto nei miei punteggi. Chiaramente vado subito a cercare il loro Brunello. Ma qui, cattivelli cattivelli, scopro che hanno messo in degu libera solo il 2009. E come mai? Io volevo il 2010, l’annata del secolo (prima della prossima). Pensavate forse che nella tasting room non arrivasse qualcuno che vi sgamava e tac, subito lo scriveva in qualche blog? Ecco fatto. Però li perdono per due motivi: innanzitutto perché il 2009 è un signor Brunello, assai serio e pure un po’ cipiglioso, senza cedimento, naso di terra e tabacco e bocca con tannini ben fieri. Poi perché scopro che al tavolo, al piano di sotto, il 2010 ce l’hanno ma è ancora prelievo di botte, perché Casa Raia esce dopo 4 anni di legno. Vabbè, allora ditelo, che volete strafare. Ed in effetti il 2010 è strabuono.

Comunque dopo quel Brunello 2009 sono nel tunnel dei rossoni gloriosi e mi tuffo nell’Amarone 2010 di Corte Sant’Alda. E’ difficile per me assaggiare Amarone senza ripensare alle cose scritte qui, soprattutto perché mi pare di trovare, in questo rosso, un’evocazione della passitura amaronesca che non ridonda, che non rincorre il fruit bomb, ma anzi, mostra e dimostra cosa sia un Amarone che mette assieme rotondità e carattere, seduzione ed eleganza, insomma capra e cavoli, alfa e omega, gianni e pinotto: qui mi pare che ci sia tutto, a scapito di niente. Anzi credo proprio che sia il miglior assaggio del giorno.

Faccio una breve deviazione perché scorgo l’etichetta amica di Asinoi di Carussin, un barbera astigiano che è la quintessenza del vino da sete, del vino che berresti ogni giorno senza pensieri. Ebbene, non sfigura in mezzo a quei giganti – fatte le debite proporzioni – quanto a capacità di lasciare il sorriso sul volto dell’assaggiatore ormai affaticato.

Gli assaggi si susseguono numerosi, e credo potrei continuare per anni e annorum ma direi che il mood s’è capito. Chiudo in bellezza con il ricordo del formidabile e minerario Muller Thurgau 2013 di Radoar, che ci rammenta cosa voglia dire “eccellenza”: si tratta davvero di un Muller che traccia un segno di confine, una specie di linea netta. Dall’altra parte c’è la classe totale (e Radoar è dall’altra parte).

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Fiorenzo Sartore

Vinaio. Pressoché da sempre nell'enomondo, offline e online.

5 Commenti

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Emanuele

circa 9 anni fa - Link

Ah, che (buona) invidia...

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Bruna Ferro

circa 9 anni fa - Link

"Io ed il Vino" è una comunicazione superiore!!! ..una intimità a cui tendere!! Quanto mi consola piacevolmente questo post! È la certezza che siamo compresi e capiti, noi, pazzi Vignerons!!!

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max cochetti

circa 9 anni fa - Link

Sul muller di Rodoar bisognerebbe scrivere un saggio :) mentre sono strafelice che ti sia piaciuto Fongoli. A me più che il Sagrantino fa impazzire il Montefalco ed il Montefalco Riserva!

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Alberto Anguissola

circa 9 anni fa - Link

Sono felice di leggere questo commento sul nostro pinot nero dopo tanto lavoro. Vorrei fare una precisazione dato che dalla denominazione è impossibile capire in quale territorio si trovano i vigneti. Siamo in Val Trebbia (tra Piacenza e Genova) ad un altitudine che va dai 500 ai 600 metri su terreni per lo più calcarei, con buone escursioni termiche fra il giorno e la notte e non molto lontani da zone dove il pinot nero è presente da anni e con grandi potenzialità qualitative. Grazie ancora. Alberto

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marziano

circa 9 anni fa - Link

pinot nero in val trebbia? figata! ora dopo rivergaro (cioè la stoppa) so dove dirigermi! a proposito: ho disponibilità di terreni usi a far nullla in zona vicina, interessano? :-) sono più in alto però, almeno 700 slm.

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